La parola. La Memoria è dovere. L'intervento del Rabbino Adolfo Aharon Locci
L’intenzionalità della ragione ci aiuta a ricordare, mentre la purezza del cuore ci spinge a non dimenticare il passato. Il 27 gennaio ci ricorda che abbiamo sempre bisogno di vera “Memoria”
A vent’anni dalla sua emanazione credo valga la pena ricordare il decreto legge del 20 luglio 2000 che all’articolo 1 stabilisce quanto segue: «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati».
Ogni parola del decreto è essenziale e ricorda agli uomini di buona volontà il dovere di metterlo in atto con azioni concrete. Un decreto che stabilisce una data per la Memoria che si aggiunge a quelle che da moltissimo tempo sono fissate nel calendario religioso ebraico. Il 10 del mese di Tevet (caduto quest’anno proprio nel giorno di Natale) è il giorno stabilito per ricordare, con preghiere di suffragio, tutte le vittime della Shoàh che non hanno una data di morte per ricordali; il 27 di Nissan (Yom ha-Shoàh – il Giorno della Shoàh – quest’anno sarà il 9 aprile) ricorda il culmine di sentimenti antiebraici, in un tragico ripetersi e in un disastroso crescendo: “Voi non potete vivere come noi” (schiavitù in Egitto, ghetti, leggi razziali); “Voi non potete vivere in mezzo a noi” (le espulsioni del medioevo dalla Francia, Germania, Inghilterra, Spagna; gli Shtetl, i villaggi dove erano costretti ad abitare gli ebrei, al di fuori delle città dell’est europeo); “Voi non potete vivere” (lo sterminio nazista).
Ma non voglio parlare delle Giornata della Memoria in quanto momento istituzionale da celebrare, o ricordare nel dettaglio uno gli eventi tra i più nefasti della storia, voglio offrire una riflessione sulla “Memoria” in quanto, nel pensiero ebraico, la memoria è elemento fondante per la sua essenza stessa. «Ricorda i tempi antichi, comprendente gli anni dei secoli passati, domanda a tuo padre e te lo racconterà, ai tuoi vecchi e te lo diranno» (Deuteronomio 32, 7). Nel Pentateuco, Mosè si rivolge in questi termini alla nuova generazione del popolo ebraico alla fine del viaggio nel deserto alle porte della terra promessa.
La Memoria è un dovere. Non solo, ma Mosè indica con il suo linguaggio particolareggiato e a volte abusato nella sua interpretazione più estesa, una via ben precisa: «Ricorda, non dimenticare» (Deuteronomio 17, 19). L’uso di due termini apparentemente analoghi, rappresenta in realtà l’idea che siano due azioni distinte e complementari del dovere di fare una giusta Memoria: l’intenzionalità dell’intelletto ci permette di ricordare, la purezza del cuore assicura il non dimenticare. Questo è il comportamento di colui che vuole acquisire e trasmettere Memoria: riprendere in considerazione eventi passati, capirne le cause e verificare se queste sopravvivono nella società odierna. Avere una Memoria vigile, viva e presente, che deve essere esercitata da tutta la società e non soltanto da una sua parte. Il pensiero ebraico ha sempre considerato un dovere “fare i conti” con la storia. Raccontare ciò che è accaduto, è un dovere verso noi stessi, verso coloro che non ci sono più e verso chi ancora deve nascere. Ai nostri giorni dobbiamo fare uno sforzo particolare e ulteriore per fronteggiare sentimenti “anti” qualcosa o qualcuno. L’autore del libro dell’Ecclesiaste, testo di riflessione della Giornata del dialogo ebraico cristiano di quest’anno, direbbe «Niente di nuovo sotto il sole».
Tuttavia, le stesse problematiche legate a discriminazione, intolleranza, razzismo compaiono in forme del tutto nuove, pur in un contesto di grandi possibilità e mezzi di diffusione di notizie, dove però rischiamo di venire in contatto con racconti, commenti e opinioni non sempre equilibrati, obiettivi o basati su una non reale consapevolezza.
Di vera “Memoria” abbiamo costantemente bisogno e le attività volte a svilupparla correttamente, non sono mai da considerarsi sufficienti e esaustive. È necessario un supporto costante ed efficace, per analizzare le cause dei problemi legati all’ignoranza o alla falsa conoscenza, specialmente riguardo a eventi oramai considerati “lontani e non attuali”. In assenza di questa analisi e della creazione di una memoria fattiva, assistiamo ancora oggi ad avvenimenti che testimoniano la ripetizione, in forme e soggetti diversi, delle stesse modalità di pensiero e azione del nostro passato più buio. Chi non impara dal passato è costretto a ripetere gli stessi errori nel futuro. Se per qualcuno è facile dimenticare, per noi deve essere un dovere ricordare. Abbiamo l’obbligo d’insegnare, già fin da bambini, che il passato non è un qualcosa che non serve più, ma che ci può aiutare per creare un mondo migliore; il futuro sarà tanto più luminoso e roseo quanto meno si dimenticheranno le lezioni del passato.
Attraverso la formazione di una memoria vera, credo sia possibile dare un senso veramente costruttivo alla nostra società. Creare coscienze critiche attraverso la conoscenza, quella più faticosa e non quella facile e purtroppo spesso non reale, a portata di click; questo è il motto di chi vuole fare della Memoria non solo una bella parola da intercalare nell’astrazione di un discorso pubblico, ma un concetto vivo, propositivo e speriamo, presto, risolutivo del grave problema dell’oblio delle menti.
Adolfo Aharon Locci
Adolfo Aron Locci, rabbino di Padova al 1999
Adolfo Aharon Locci è rabbino di Padova dal 1999. Dal 2002 è docente di storia dell’ebraismo al dipartimento di storia dell’Università di Padova. Dal 2007 è docente in cultura ebraica alla Fondazione dell’Università di Mantova ed è rabbino di riferimento della comunità ebraica di Mantova.