L’ora di religione non è proselitismo
Con la ripresa del nuovo anno scolastico si vuole dare una particolare attenzione all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane. È stato raggiunto il prof. Matteo Loria, dirigente dell’Istituto Caramuel – Roncalli di Vigevano e delegato regionale dell’Associazione nazionale presidi, per un confronto sul tema.
Con la ripresa del nuovo anno scolastico si vuole dare una particolare attenzione all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane. È stato raggiunto il prof. Matteo Loria, dirigente dell’Istituto Caramuel – Roncalli di Vigevano e delegato regionale dell’Associazione nazionale presidi, per un confronto sul tema.
All’interno del piano dell’offerta formativa qual è la peculiarità dell’insegnamento della Religione cattolica a scuola?
“Innanzitutto credo si debba partire da un presupposto o, meglio ancora, un equivoco in cui molti incorrono: l’insegnamento della religione cattolica non è proselitismo, ma vuol dire insegnare alcuni dei principi fondamentali su cui è basata la società occidentale e, in modo particolare, quella italiana. Sono i valori a cui tutti crediamo, indipendentemente dalla professione di fede di ciascuno, il principio di responsabilità, di sussidiarietà, di soccorso reciproco, di aiuto nei confronti dei più deboli, e quindi a un alto valore morale ed etico che ultimamente la nostra società sta un po’ perdendo di vista”.
Quale può essere il contributo particolare che il docente di religione può dare all’interno della scuola, nel rapporto coi colleghi e con gli studenti?
“C’è un aspetto che rilevo durante i consigli di classe, dove il docente di religione fa da “cuscinetto ammortizzatore”: gli studenti, anche quelli più difficili che hanno atteggiamenti non condivisibili, ci portano a riflettere su quello che si potrebbe fare per cercare di coinvolgere tutti, cercando di offrire un servizio che tenga conto delle esigenze di ogni studente. L’insegnamento della religione cattolica è forse la disciplina che è maggiormente inclusiva e capace di creare relazione. Questo elemento è emerso particolarmente nel periodo post-pandemia, dove la questione relazionale è stata particolarmente difficile: sono stati gli insegnanti di religione a dare più attenzione alla necessità di rivedersi, rifrequentarsi di persona, attraverso incontri e progetti quali ad esempio ‘Scuola di Pace’, il progetto di aiuto ai compiti, il cineforum… tutte iniziative che hanno ridato voglia di relazionarsi e di rivedersi di persona”.
Il tema dell’alternativa alla religione cattolica è delicato, in quanto alcuni studenti decidono di non avvalersene non per questioni di fede ma semplicemente per l’occasione di avere un’ora in meno a settimana. Quale può essere l’alternativa che sia però significativa per gli studenti?
“Effettivamente la possibilità di poter evitare l’ora di religione fa gola agli studenti, soprattutto quando la lezione risulta alla prima o all’ultima ora della giornata, permettendo l’ingresso posticipato o l’uscita anticipata. Come ora di alternativa alla religione io penserei a qualcosa di simile ma in chiave più laica, come storia delle religioni, etica o dialogo interreligioso, anche se realizzare un programma che risulti omogeneo per tutti gli studenti diventa molto complicato. All’inizio dell’anno nominiamo i docenti per le ore di alternativa, ed è parte del consiglio di classe degli studenti non avvalentesi all’insegnamento della religione: per gli alunni che entrano dopo o escono prima c’è una disparità, in quanto in sede di scrutinio c’è un professore in meno che vota. Nessuno finora l’ha fatto presente, ma penso che questo sia un vulnus, in quanto c’è un professore in meno che vota per lo studente e sappiamo quanto la differenza di un voto possa determinare la promozione o la bocciatura”.
Paolo Butta