L’esperienza dell’Hospice Cima Verde a Trento: dove il malato può sentirsi come a casa sua
Uno degli elementi decisivi, che fanno dell’Hospice Trentino una delle realtà più apprezzate e “copiate” a livello nazionale, è la qualità e la motivazione del personale: 11 infermieri (1 coordinatore infermieristico) e 6 operatori sanitari che collaborano con una psicologa, due fisioterapiste, un direttore sanitario e il direttore operativo Stefano Bertoldi
Periferia sud di Trento. A due passi dal polmone verde del “Bosco della città” e all’ombra delle “torri” del vivace quartiere popolare di Madonna Bianca, un ampio viale ed un giardino ben curato accolgono nell’Hospice Cima Verde .
La cortesia del volontario alla reception e un clima silenzioso e disteso convincono presto – non senza sorpresa – che questa non è una struttura ospedaliera. Dalle dodici stanze, tutte singole e arredate con colori caldi e con sistemi-letto adeguati alle esigenze, vanno e vengono gli ospiti che si muovono con disinvoltura anche negli spazi comuni: alcuni sono qui per un periodo di tregua o per poter proseguire le cure palliative impossibili a casa, altri per un accompagnamento personalizzato davanti ad una diagnosi di inguaribilità, ma non di incurabilità.
Una discreta normalità è garantita dal libero viavai dei familiari, mentre alcuni spazi specifici consentono letture, ascolti musicali o altre esperienze rilassanti – come la pet therapy con formidabili cagnolini – o spiritualmente arricchenti. Alcune porte restano chiuse, la riservatezza è ben garantita, ma nelle giornate più dure l’ambiente immerso nella natura può offrire sollievo: “Quando al mattino apro la finestra – osserva un malato – dagli alberi vicini mi sento arrivare tanta energia positiva per affrontare la giornata”.
Non ci si nasconde la prospettiva faticosa, ma si è favoriti nel guardare al tempo con fiducia e il desiderio di viverlo in ogni momento con pienezza, come confermano gli scritti di ringraziamento dei familiari di quanti sono passati nei mesi precedenti all’Hospice. I loro biglietti e le loro lettere raccolti su un tavolino nell’atrio del primo piano sono forse la testimonianza più valida e più sincera di quanto questa struttura nei primi due anni di attività (il taglio del nastro risale al gennaio 2017) abbia risposto molto bene ad un bisogno profondo, sempre più diffuso.
Tante persone si sono alternate – accolte all’Hospice in base alla valutazione dell’unità operativa delle Cure palliative dell’Azienda sanitaria con cui “Cima Verde” è convenzionato – trovandovi quello che già in un documento del 2011 si era auspicato: “Un ambiente dove il malato può sentirsi come a casa sua; dove è libero di avere vicino le persone care e circondarsi delle cose che desidera. Una casa che si spera possa diventare presto realtà, con il sostegno di quanti nutrono sensibilità verso i bisogni del malato inguaribile”.
Ha preso forma e spessore umano questo progetto partecipato che è partito una decina di anni fa dalla neocostituita Fondazione Trentina Hospice Onlus, nata da varie realtà del privato sociale anche con il sostegno della Chiesa trentina.
Un’iniziativa peraltro non confessionale, ma attenta ai bisogni spirituali degli ospiti, che ha trovato collaborazione fra volontari di varia provenienza culturale a conferma di come il terreno della cura e del fine vita possa essere favorevole per una crescita e un arricchimento reciproco all’insegna della comune umanità.
“La nostra Fondazione Hospice Trentino Onlus avviata ancora nel 2007 – spiega la presidente Milena di Camillo, giornalista in pensione che ha dedicato a questo servizio anche un utile libro-testimonianza – non solo per realizzare e gestire l’Hospice , ma anche per svolgere attività di sensibilizzazione, informazione, ricerca e formazione sulla cura e l’accompagnamento delle persone in fase avanzata di malattia e delle loro famiglie”.
E’ una dimensione culturale – ben presente anche nella Carta dei Servizi dell’Hospice – che ha portato a varie iniziative sul territorio e che ha contaminato anche le altre due strutture trentine di Hospice, Villa Igea e Mori (28 posti complessivamente in tutta la Provincia autonoma) .
L’ambito particolarmente delicato è quello della ricerca e della qualificazione dei volontari che – dopo un percorso mirato ad acquisire competenze relazionali indispensabili – vengono gradualmente inseriti per alcune ore dentro la “casa”. Spiega Di Camillo:
“Molti volontari scoprono in questo servizio un motivo di vita, una ricompensa forse impensabile. Alcuni sono volontari del ‘fare’ operativo, altri dello ‘stare’, altri ancora del ‘fantasticare’ che pensano al futuro”.
Uno degli elementi decisivi, che fanno dell’Hospice Trentino una delle realtà più apprezzate e “copiate” a livello nazionale, è la qualità e la motivazione del personale: 11 infermieri (1 coordinatore infermieristico) e 6 operatori sanitari che collaborano con una psicologa, due fisioterapiste, un direttore sanitario e il direttore operativo Stefano Bertoldi: “La selezione del personale è stata particolarmente accurata – spiega Bertoldi, pioniere dell’auto mutuo aiuto in Trentino e in Italia – per poter rispondere al meglio ai bisogni di relazione dei malati. L’equipe multidisciplinare gestisce anche la rete dei volontari formati in questi anni attraverso appositi corsi ma anche con l’ esperienza in altri hospice”.
Questi primi due anni, preceduti peraltro da almeno sette anni di “progettazione partecipata” della struttura e della sua gestione, dicono che nella misura in cui l’hospice è avvertito non come un’isola ma come un ambito della comunità e per la comunità allora anche la sua frequentazione sarà più “normale” e, alla fine, proficua per tutti.
Contribuendo a guardare anche al percorso del fine vita non come una sfortunata “faccenda privata” ma come una stagione in cui farsi accompagnare dagli altri o in cui “prendersi cura” degli altri.
Anche nel nome – Cima verde, come uno dei monti ad est, ben visibili dal terrazzo – l’hospice manifesta questo stretto legame con la comunità di Trento.
Diego Andreatta
direttore “Vita Trentina”