Inaspettatamente, in questa reclusione forzata, è proprio la scuola a mancare ai ragazzi
La scuola online può essere funzionale, anche sbalorditiva per certi versi, ma non può sostituire l'incontro vero e proprio e lo scambio che può avvenire soltanto in presenza fra insegnanti e studenti.
Se chiedessimo a un adolescente di fare una lista delle cose che gli mancano in questo momento, tra le prime, metterebbe anche la scuola. La scuola manca ai ragazzi, certo non le interrogazioni e le verifiche, ma l’ambiente e soprattutto le relazioni che si possono sperimentare all’interno dell’edificio scolastico.
Serviva una pandemia per capirlo e speriamo di poterne fare tesoro.
Nelle case, intanto, prosegue la didattica a distanza e i ragazzi si connettono con compagni e professori per fare lezione. Le difficoltà sono tante però e non solo di natura tecnologica o logistica. Si fatica a raggiungersi davvero e, anche quando ci si riesce, alcune situazioni diventano frustranti. Davanti al proprio video, nel chiuso della propria stanza – ammesso che si abbia una propria stanza – , si percepisce forte e chiaro il distacco e anche una certa forma di abbandono. Il docente c’è, i compagni ci sono, ma mancano gli occhi da incrociare, le espressioni sornione da scambiarsi rapidamente, i piccoli gesti. Mancano le passeggiate al bagno o nei corridoi. Manca il salire le scale al mattino, mentre si parla con l’amico fidato. Manca il fermarsi a comprare “la merenda”.
La scuola online può essere funzionale, anche sbalorditiva per certi versi, ma non può sostituire l’incontro vero e proprio e lo scambio che può avvenire soltanto in presenza fra insegnanti e studenti.
Il senso di abbandono a cui si accennava ha contorni molto particolari, non è un classico abbandono, non sarebbe corretto definirlo in questo modo. La presenza della scuola c’è. Eppure, gli studenti più fragili faticano a sostenerne il ritmo e non riescono a innestarsi correttamente nel flusso dell’apprendimento. Perdono pezzi, si incastrano nel dettaglio della connessione e soprattutto non partecipano. La parte più complicata della didattica online è proprio sollecitare la partecipazione e riuscire a coinvolgere tutti i ragazzi. Lo specchio del display forse, in alcuni casi, incute soggezione, soprattutto perché non è possibile mantenere la posa e filtrare lo scatto; in questa situazione non restituisce l’immagine patinata di un selfie.
Quindi facilmente si profila la solitudine del discente, e spesso anche del docente.
In ogni caso il momento scolastico della giornata è comunque un’esperienza condivisa. E il resto? Come si svolge? Come trascorrono il tempo i nostri ragazzi? Che piega hanno preso le dinamiche familiari all’interno delle case?
La cronaca registra nell’ultimo periodo anche episodi di tensione che sono sfociati in violenza domestica. Difficile mantenere l’equilibrio in alcune famiglie, soprattutto in quelle maggiormente provate da questo isolamento: molte persone temono di perdere il lavoro, oppure lo hanno perso; poi ci sono i cosiddetti “separati in casa”, che in questa situazione esplodono; infine, non da sottovalutare, l’insofferenza delle persone colpite da malattie importanti, sia fisiche che psichiche.
Qualche giorno fa un quotidiano nazionale ha dedicato un servizio alla “quarantena” degli ultimi, vissuta e sofferta in pochi metri quadri, in condizioni igieniche al limite e senza risorse da mettere in campo.
Qualcuno ha scritto che la quarantena ha fatto emergere ancora di più le disuguaglianze sociali e lo svantaggio vissuto da una parte della popolazione. Diciamo che in tempo di ritiro forzato forse abbiamo affinato le nostre capacità di osservazione, oppure – triste affermarlo – anche questo aspetto diventa opportunità di strumentalizzazione politica.
Le differenze e gli svantaggi non hanno mai smesso di esserci: gli insegnanti e gli operatori della scuola lo sanno bene. Quante volte nelle relazioni è stata trascritta l’espressione “degrado ambientale”, o “svantaggio sociale”. Teoricamente (e anche secondo la Costituzione) la scuola servirebbe proprio a colmare questi gap.
Questo è un aspetto sul quale dovremmo continuare a riflettere, nella parte della storia che poi chiameremo “dopo Pandemia”.
La scuola manca, oggi ce ne accorgiamo. Ma la scuola mancava anche prima, ovvero la scuola era lì: mancava l’attenzione sociale.