Il Santuario dei missionari comboniani in via Giovanni da Verdara compie ottant'anni
Festeggia 80 anni dalla posa della prima pietra – avvenuta il 23 marzo 1938 per mano di del vescovo Carlo Agostini – l’oratorio dei missionari comboniani in via Giovanni da Verdara a Padova. La chiesa è comunemente chiamata santuario di san Giuseppe per la profonda devozione che i padri hanno per questo santo a lui, infatti, si affidava padre Comboni soprattutto quando si trovava in necessità economiche.
Festeggia 80 anni dalla posa della prima pietra – avvenuta il 23 marzo 1938 per mano del vescovo Carlo Agostini – l’oratorio dei missionari Comboniani in via Giovanni da Verdara a Padova. La chiesa è comunemente chiamata Santuario di san Giuseppe per la profonda devozione che i padri hanno per questo santo a cui, non a caso, si affidava padre Comboni soprattutto quando si trovava in difficoltà economiche.
Per celebrare la ricorrenza sono in programma due appuntamenti organizzati in collaborazione con la basilica di Santa Maria del Carmine. Domenica 17 marzo alle 17.30 presso la sala Capitolare (piazza Petrarca) si tiene l’incontro “Santuario di san Giuseppe: storia e memoria” durante il quale Giuseppe Butturini, professore di Storia della chiesa moderna e contemporanea e delle missioni all’Università di Padova, e Paolo Donà, giornalista, coordinati da padre Aurelio Boscaini, ripercorreranno la storia del santuario tra date significative e ricordi personali. Domenica 24, invece, nel santuario sarà officiata la solenne celebrazione eucaristica presieduta da padre Tesfaye Tadesse Gebresilasie, superiore generale dei missionari Comboniani.
Per i Comboniani, per il quartiere e per la città questa chiesa è da sempre simbolo dell’animo missionario del capoluogo veneto. «Padova – spiega Butturini – ha una lunga tradizione missionaria. Già il vescovo Barbarigo, a metà del Seicento, aveva chiamato in seminario a “titolo missione” dei chierici che venivano da diverse parti d’Europa per la conversione degli infedeli in Oriente. In tempi recenti, invece, la rinascita missionaria di Padova avviene grazie al vescovo Pellizzo, insediato a Padova nel 1907, che capisce l’importanza di riaprire la città alle missioni attraverso l’incontro con padre Manna, del Pontificio istituto missioni estere, e col comboniano padre Beduschi. Già dal 1921, aderendo alla proposta che padre Beduschi aveva fatto a tutte le diocesi italiane di aprire una stazione in Africa, Padova ha una sua missione in Uganda, in una stazione chiamata Ngal».
I missionari Comboniani del Cuore di Gesù arrivano a Padova nel settembre 1921 e si stabiliscono prima in via Dante, nella chiesa di Sant’Agnese, poi, il 14 ottobre 1931, in via Giovanni da Verdara dove viene inaugurato il seminario per le missioni africane e costruite le fondamenta della chiesa che sarà benedetta il 29 aprile 1939 da mons. Stoppani, un anno dopo la posa della prima pietra. Il bombardamento del 24 ottobre 1943 provoca pochi danni alla chiesa ma il successivo attacco del 30 dicembre distrugge l’abside, scuote le fondamenta e abbatte una parte del muro di cinta. Infine quello dell’11 marzo 1944 squarcia sia la casa che la chiesa: restano per fortuna incolumi i due confratelli rimasti a custodire la casa, perché il seminario nel frattempo si era trasferito a Luvigliano dove rimase fino al 26 novembre 1946. Nel dopoguerra il seminario fu ricostruito e ampliato da un gruppo di fratelli comboniani, mentre la chiesa di San Giuseppe resterà chiusa per un lungo periodo.
«La casa comboniana e la sua chiesa – ricorda Donà, che negli anni Cinquanta viveva in via delle Palme – erano il cuore del quartiere. Noi bambini uscivamo dalla scuola De Amicis e correvamo lì per giocare a biliardino o a calcio in cortile. Erano ore spensierate che trascorrevano a stretto contatto con i giovani studenti provenienti da tutto il mondo che erano ospitati dai padri». E ancora oggi i padri Comboniani accolgono i viaggiatori, organizzano momenti di scambio culturale e promuovono la fraternità con incontri e attività aperte alla cittadinanza.