Haidt: «I ragazzi tornino a giocare insieme»
Jonathan Haidt, psicologo e ricercatore della New York University, lancia la bomba.
La generazione ansiosa: come la grande riconfigurazione dell’infanzia sta causando un’epidemia di malattie mentali. Uscirà il 26 marzo, ma già fa discutere. All’inizio dello scorso decennio, praticamente all’unisono negli Stati Uniti, nei Paesi dell’anglosfera e nel Nord Europa si è registrato un improvviso aumento di problemi psichiatrici legati all’età giovanile, ben prima (e ben oltre) il lockdown del Covid. Senza troppi giri di parole, Haidt dà la colpa agli smartphone e ai social media: troppo forte – e troppo poco ancora studiato – il loro impatto sulla società. Luca Ricolfi, sul Messaggero, citando la ricerca ha evidenziato le ricadute negative soprattutto per le ragazze – le più colpite da questa pandemia d’ansia – a causa della dittatura delle logiche dell’immagine in contesti sociali dominati dai filtri di Instagram, che fanno dell’avvenenza e della competizione a suon di selfie l’arma primaria per l’affermazione di sè. Haidt scrive del passaggio dal modello pre2000 dell’«infanzia del gioco», fatto di parchetti, gioco all’aperto e poca supervisione degli adulti, a un modello di «infanzia dei telefoni», con ragazzini al sicuro nelle loro case con in mano i cellulari. Questa «grande riconfigurazione dell’infanzia», avvenuta simbolicamente tra il 2010 (con l’arrivo degli smartphone) e il 2015, è paradossalmente causata dalle apprensioni degli adulti, non dal loro disinteresse: «Abbiamo finito per proteggere eccessivamente i bambini nel mondo reale, mentre li abbiamo protetti troppo poco nel mondo virtuale». Non basta dunque limitare i tempi del cellulare. Per Haidt è ancora più urgente ricavare più tempo perché i ragazzi possano giocare insieme, in grandi gruppi, con poca o nessuna supervisione adulta.
Andrea Canton
Giornalista, fa parte di Weca-Webcattolici Italiani