Essere donna che ascolta lo Spirito, oggi
In ogni donna c'è un vivo impulso naturale alla pienezza e alla completezza: la sua particolare vocazione è essere compagna e madre, l'attenzione del suo cuore è rivolta a tutta la persona. In questo impulso naturale è già all'opera il soffio dello spirito.
Ma il valore peculiare della donna consiste essenzialmente in una particolare ricettività per l'azione di Dio nell'anima e giunge al suo pieno sviluppo quando ci si abbandona a questa azione, fiduciose e senza opporre resistenza.
Questo è quello che sostiene Edith Stein (1891-1952), conosciuta anche come Santa Teresa Benedetta della Croce, dell'Ordine delle Carmelitane Scalze, filosofa e mistica tedesca, di origine ebraica e poi convertitasi al cristianesimo, vittima della Shoah.
Io credo che anche oggi, nel turbine della vita odierna, sia possibile essere, o tornare ad essere, donne di spirito, donne che coltivano loro stesse per essere persone complete e poter aiutare gli altri a diventarlo; madri che abbiano solide basi in una retta visione del mondo, che sappiano per che cosa educare i propri figli, che posseggano uno sguardo libero per scorgere in essi anche le tendenze pericolose che devono essere recise al momento giusto; madri che però abbiano anche il senso della misura, che non pensino di dover far tutto, e che sappiano coraggiosamente lasciare la mano dei loro figli per metterli nelle mani di Dio, quando il tempo è arrivato in cui sono diventati grandi. Ovunque c'è bisogno di compassione e di sostegno materno, e perciò possiamo riassumere con una sola parola – maternità – quel valore peculiare della donna. Una maternità disponibile per tutti coloro che sono affaticati e oppressi, come quella di Maria.
Per quanto riguarda la relazione di coppia, faccio mia la coraggiosa provocazione di Edith: “Donarsi, amando, a un altro essere, diventare tutta di un altro e possedere totalmente questo altro: ecco il desiderio più profondo del cuore femminile... Laddove questo dono di sé si verificasse nei confronti di un essere umano, sarebbe un sacrificio di sé disordinato, una schiavitù e nello stesso tempo una pretesa ingiusta, che nessun essere umano può soddisfare. Solo Dio può ricevere totalmente il dono di sé di un essere umano, e riceverlo in modo che quell'essere umano non perda la sua anima, ma la guadagni. E solo Dio può donare se stesso a un essere umano in modo tale da riempirne tutto l'essere, senza perdere nulla di sé”.
Perciò il dono incondizionato di sé, che è il principio della vita religiosa, è nello stesso tempo anche l'unico possibile compimento adeguato dell'anelito femminile.
Quale ne è la conseguenza pratica? Che tutte le donne devono farsi suore per poter adempiere alla propria vocazione? Questo no, ma di certo la natura femminile può essere innalzata alla sua purezza e innalzata all'altezza della sua vocazione, se ella si dona totalmente a Dio. Sia che viva in casa come madre di famiglia, sia che occupi un posto importante nella vita pubblica o che trascorra i giorni tra le mura silenziose del chiostro, ovunque ella deve essere una “serva del Signore”, come lo è stata la Madre di Dio. E, in quanto ancella del Suo Signore, capace di non farsi travolgere dalle tempeste della vita, capace di essere salda colonna per gli altri.
Testo consigliato:
E. Stein, La donna - Questioni e riflessioni, Città Nuova 2010