Energia e cibo più cari. L’inflazione si è fatta cattiva, spegnerla non sarà facile
L'inflazione ai tempi del Covid ha le stesse caratteristiche del passato con l'aggiunta tragica delle morti e delle spese sanitarie per una pandemia mondiale che non si riesce a placare. Nei mesi scorsi più fattori hanno contribuito al ritorno inflattivo: il prezzo del gas liquefatto è triplicato per i maxiacquisti estivi della Cina in ripresa, poi per ristrutturazioni dei gasdotti e per la tensione Russia-Ucraina. L'Europa si è ritrovata fragile e non a caso stanno rispuntando proposte di energia nucleare. Gas e petrolio sono alla base delle produzioni e dei trasporti, quindi il costo dell'energia si scarica ovunque determinando uno dei fattori classici dell'inflazione: l'aumento dei costi base
Corre negli Stati Uniti (+7% annuo), Corre in Europa (+5% e un po’ meno in Italia), corre in diverse parti del mondo. Ce ne eravamo dimenticati, almeno nei Paesi più industrializzati, e in Europa tutta la fase euro (nonostante le speculazioni dei primi mesi) è stata vissuta in una relativa calma.
L’inflazione moderata (per l’Europa quella “buona” è stimata al 2%) può presentare qualche vantaggio, riduce l’onere di chi – famiglia, Stato, impresa – deve rimborsare un prestito a tasso fisso. Segnala una crescita economica armonica con maggiori consumi e occupazione.
Viceversa,
la rapida e “cattiva” ascesa dei prezzi provoca solo perdite di capacità d’acquisto: con gli stessi soldi non si possono più comprare gli stessi quantitativi di merci e servizi del mese precedente.
In questi mesi famiglie e imprese stanno subendo i maggiori costi e non riusciranno a ristabilire immediatamente l’equilibrio precedente: le prime potranno farlo solo lavorando di più o chiedendo aumenti retributivi; le seconde quando sarà possibile arrotonderanno i prezzi.
Aumentare le entrate non è da tutti e non può essere immediato.
Con il passare dei mesi, volendo mantenere l’equilibrio precedente, bisognerà attingere al risparmio accumulato oppure ridurre i consumi.
Come sta accadendo in queste settimane.
Governi ed economisti stanno cercando di camminare sul filo della ripresa economica con i venti contrari dell’inflazione alta e del contagio Omicron. Dovranno cercare la quadra almeno per un semestre, forse per l’intero 2022 mentre per il 2023 è atteso uno scenario più controllabile.
L’inflazione ai tempi del Covid ha le stesse caratteristiche del passato con l’aggiunta tragica delle morti e delle spese sanitarie per una pandemia mondiale che non si riesce a placare.
Nei mesi scorsi più fattori hanno contribuito al ritorno inflattivo: il prezzo del gas liquefatto è triplicato per i maxiacquisti estivi della Cina in ripresa, poi per ristrutturazioni dei gasdotti e per la tensione Russia-Ucraina.
L’Europa si è ritrovata fragile e non a caso stanno rispuntando proposte di energia nucleare.
Gas e petrolio sono alla base delle produzioni e dei trasporti, quindi il costo dell’energia si scarica ovunque determinando uno dei fattori classici dell’inflazione: l’aumento dei costi base.
Sono schizzati i prezzi dei noli, il trasporto merce nei container dove la Cina domina i mari.
Il maggior costo dei prodotti alimentari provoca penuria e fame nei Paesi più fragili. L’indice Food della Fao segnala le continue evoluzioni.
Altro classico del movimento inflattivo è l’eccesso di domanda rispetto all’offerta e lo si può notare nella carenza di microchip e nei materiali per le tecnologie. Infine, l’abbondanza di denaro a basso costo (tassi di interesse bassi), classica manovra delle banche centrali (Bce, Fed e le altre) per sostenere investimenti, consumi e occupazione.
Ora alzeranno i tassi, quest’anno almeno tre volte negli Stati Uniti più tardi in Europa. Per rimettere le redini a un’inflazione fuori controllo.