Doppio femminicidio a Vicenza: Mantelli (Centro calabrese solidarietà), “un’altra tragedia annunciata. Basta parole, è ora di azioni”
Due donne uccise in poche ore dallo stesso uomo, che prima ha tolto la vita alla sua ex moglie e poco dopo all’attuale compagna.
Una feroce violenza consumatasi ieri in provincia di Vicenza e conclusasi con il suicidio del killer in un’area di sosta della tangenziale Sud. Zlatan Vasiljevic, 42enne bosniaco, in passato era stato denunciato dalla moglie per maltrattamenti e arrestato. Nella sua auto sono stati rinvenuti armi ed esplosivo. Una doppia tragedia, con molti punti ancora oscuri, “che addolora e indigna”, dice al Sir Isolina Mantelli, presidente del Centro calabrese di solidarietà dove sono attivi anche un centro antiviolenza (Cav) e una casa rifugio per donne vittime di violenza che oggi accoglie sette bambini con le loro mamme.
Mantelli non usa mezzi termini: “Sono senza parole, addolorata e indignata. Nessuno di noi è innocente. Si fa finta di non vedere e quando le tragedie annunciate accadono ci si meraviglia e ci si scandalizza, mentre gli elementi per operare in prevenzione ci sarebbero tutti”. Per la nostra interlocutrice è “praticamente impossibile fermare un femminicida, perché se un uomo vuol uccidere una donna troverà sempre il modo per farlo, ma bisogna dire che nel 99% dei casi è possibile identificare i futuri autori di femminicidio. Non si può restare a guardare: occorre fare un tentativo di contenimento e di recupero rispetto alla loro violenza costringendoli a seguire percorsi di recupero sulla violenza contro le donne attraverso sportelli e gruppi di auto aiuto per uomini maltrattanti, che esistono sul territorio”. “Non bastano le misure giudiziarie punitive per operare il cambiamento. Gli uomini condannati o imputati per comportamenti violenti in famiglia o contro la compagna devono essere ob-bli-ga-ti– sillaba Mantelli – a seguire percorsi severi e strutturati, certificati dalla magistratura. Vanno rieducati!”.
Ma questo non basta: la prevenzione della violenza di genere deve partire dall’infanzia: “È un fatto soprattutto culturale. La scuola deve prevedere corsi di educazione ai sentimenti e alla gestione delle frustrazioni, coinvolgendo possibilmente anche le famiglie che in questo momento si trovano in grave difficoltà educativa. È proprio l’incapacità di tollerare la frustrazione legata all’abbandono che fa esplodere la violenza. Come mai – si chiede – noi donne abbiamo perlopiù la capacità di tenuta di fronte alle frustrazioni, mentre il maschio ha per unica risposta la violenza perché vive il rifiuto della donna come una castrazione?”. “Basta chiacchiere – conclude – è ora di azioni concrete, educative e preventive”.