Ai nostri incontri Dio arriva... tardi

E se partissimo dalla Parola letta, meditata, studiata insieme a una guida?

Ai nostri incontri Dio arriva... tardi

«Don Paolo, che Vangelo possiamo mettere per la preghiera alla fine dell’incontro di gruppo?». Se mi avessero dato un euro per ogni collaborazione di questo genere nei miei quasi otto anni da prete (abbono pure i sei anni di Seminario!), adesso sarei milionario.

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A volte mi sento come uno di questi bestiari o lapidari tanto famosi nel Medioevo: un raccoglitore di citazioni evangeliche (meno frequentemente veterotestamentarie) pronte all’uso per far finire “in gloria” l’incontro. Parliamo di amicizia, di politica, di natura o di famiglia? Ecco pronti almeno due brani biblici che “ci potrebbero stare”, tra cui scegliere quello che mi piace di più.

Qual è il tranello che ci sta sotto? Quello di pensare alle attività formative dei nostri gruppi come qualcosa di altro rispetto alla Parola di Dio e di concepire la Scrittura alla stregua di un francobollo – delle poste “vaticane” – da applicare solo dopo che la lettera della nostra attività è stata pensata e progettata con la sua bella dinamica e la condivisione, e corredata dal suo spesso trito messaggio morale (o moralistico).

E così chiusa ben bene dentro lo schema dei nostri ragionamenti, la Parola di Dio è ingabbiata a semplice convalida di un discorso umano, troppo umano. Siamo sempre tra noi e noi. E Dio lo invitiamo troppo tardi, a piatti già lavati, come si suole dire. Con tanta buona volontà, con tanta intelligenza, con tanta perspicacia da parte degli educatori ma col rischio di raspare sempre con il becco a terra.

E se provassimo a cambiare l’ordine dei fattori? Non penso che varrebbe la proprietà commutativa in questo caso.

Un brano con cui confrontarsi e a cui chiedere di parlare di Dio e alla nostra vita di uomini e donne, cristiani, accompagnatori e guide. E solo a partire da questa fase di studio e di lectio costruire poi l’attività. Trovo che si aprirebbero percorsi inediti, proprio perché è la potenza di Dio stesso che si apre a noi e che liberiamo come un’aquila tenuta troppo tempo a lungo con le ali piegate.

Forse è un’idea un po’ balzana e impraticabile (forse?) per un cammino di gruppo settimanale. Può però ispirare e guidare una programmazione di inizio anno o l’elaborazione di un week-end, di una settimana di fraternità o di un’esperienza estiva. Ne ho sperimentato la forza e l’efficacia personalmente, nei mini campiscuola per i bambini di 6-8 anni quando ero in parrocchia, dove l’assenza di una guida per un’esperienza di soli tre giorni mi ha dato la possibilità di costruire da zero delle nuove proposte di impronta biblica.

Ne ho toccato la ricchezza nella programmazione di quest’anno del Msac, il Movimento studenti di Azione cattolica, di cui sono assistente, quando per parlare di bellezza siamo partiti da un excursus biblico dalla Genesi all’Apocalisse. Ma sono certo che tante altre esperienze potrebbero essere condivise in queste pagine. Si tratta solo di provare.
Lo consiglio anche a chi crede che cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambi!

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