Accordo Santa Sede-Cina. Francesco Sisci (sinologo): “Passi avanti di dialogo preziosi per tutti”
Francesco Sisci spiega l’importanza del rinnovo dell’Accordo tra Santa Sede e Cina sulla nomina dei vescovi: “È un momento di grande tensione internazionale intorno alla Cina e il rinnovo di questo Accordo fa sperare che ci possa essere una possibilità per stemperare le tensioni in atto ed evitare un peggioramento dei rapporti internazionali. Questo rinnovo dice al mondo che con la Cina si può parlare. Certo, non è un Accordo ideale, non ci troviamo in una situazione idilliaca ma proprio per questo, è tanto più importante essere riusciti a fare dei passi avanti”
“Il rinnovo di questo Accordo paradossalmente sembra essere più importante dell’Accordo stesso stipulato due anni fa”. Francesco Sisci, sinologo, giornalista, già corrispondente per testate italiane da Pechino, senior researcher presso la China People’s University, commenta così la decisione presa dalla Santa Sede e dalla Repubblica Popolare Cinese di prorogare per altri due anni la fase attuativa sperimentale dell’Accordo Provvisorio sulla nomina dei Vescovi. “Questo rinnovo è importantissimo”, spiega l’esperto, “per l’attenzione che gli ha dato il governo americano e i governi di tutto il mondo e perché arriva in questo momento”.
Cioè?
È un momento di grande tensione internazionale intorno alla Cina e il rinnovo di questo Accordo è importante non soltanto per la Cina e i cattolici cinesi ma per tutti perché fa sperare che ci possa essere una possibilità per stemperare le tensioni in atto ed evitare un peggioramento dei rapporti internazionali. Questo rinnovo dice al mondo che con la Cina si può parlare, si riesce ad ottenere qualcosa.
Certo, non è un Accordo ideale, non ci troviamo in una situazione idilliaca ma proprio per questo, è tanto più importante essere riusciti a fare dei passi avanti.
Nella seconda parte del comunicato diffuso ieri si dice che per la Santa Sede, l’avvio dell’applicazione dell’Accordo è stato “positivo”. Ci può spiegare quali sono in concreto questi esiti positivi?
Sono vari. Innanzitutto, per la prima volta tutta la Chiesa cattolica cinese, dopo 70 anni, è in un’unità con il Papa. Altro fattore positivo è stata la nomina di due nuovi vescovi fatta in unità con Roma e poi durante questa pandemia – e questa secondo me è una cosa straordinaria – i cattolici cinesi, chiusi nelle loro case per la quarantena, hanno potuto liberamente sintonizzarsi sulle frequenze di Radio Vaticana, seguire la messa celebrata a Santa Marta e ascoltare le parole pronunciate dal Papa nelle omelie. Non era mai successo prima. Si può dire che il Covid ha avvicinato ancora di più i cattolici cinesi e la Cina a Papa Francesco. Sono esiti positivi che non sarebbero stati possibili senza l’Accordo.
Senza l’Accordo, non solo la Chiesa sarebbe stata più spaccata ma le parole del Papa sarebbero rimaste lontane.
Eppure, più di qualcuno afferma l’esatto contrario e cioè che questo Accordo ha peggiorato la situazione dei cattolici in Cina. Cosa pensa di queste critiche?
Io penso invece che queste situazioni critiche siano la prova stessa che questo Accordo è importante. Non vedo grave danno in queste critiche. Sono la prova che qualcosa, grazie a questo Accordo, sta cambiando e di fronte ai cambiamenti, c’è sempre chi solleva dubbi e perplessità. Nel merito invece del fatto che la Chiesa oggi stia peggio, questo mi lascia invece perplesso. Esiste certamente un problema: anche a causa del Covid e del peggioramento del clima internazionale, la situazione in Cina è di generalizzato allarme. Però questa situazione non è specificamente mirata contro i cattolici. È un problema generale.
Come si fa uscirne? Una crociata, una guerra santa? Assolutamente no, serve al contrario più dialogo.
A cosa mira questo Accordo?
Le prospettive finali sono molto concrete. Bisogna fare un centinaio di nuovi vescovi in Cina, perché molte diocesi sono vacanti ed in altre molti vescovi sono anziani e necessitano di andare in pensione. Questo è un problema che si deve affrontare insieme e in accordo e non contro il governo cinese. Le difficoltà per farlo non sono minime perché bisogna trovare un accordo su tanti nomi e tante situazioni e i soggetti coinvolti in queste decisioni sono quattro: Roma, il governo centrale, il governo locale e le comunità cattoliche locali. Trovare un accordo tra questi quattro soggetti non è impresa facile perché sono stati lontani per tanto tempo e non sono abituati a parlare tra loro.
Se si riesce quindi a fare gradualmente dei passi in avanti, la chiesa cattolica in Cina potrà crescere ed essere di aiuto alla Cina.
In che modo?
In Cina c’è un grande bisogno di fede. C’è un grande vuoto spirituale. Le religioni tradizionali sono diventate per motivi storici molto deboli. Tanta gente oggi cerca una fede. Oggi, se la Chiesa cattolica riesce a rispondere almeno in parte a questo bisogno spiritale, sarebbe di grande aiuto non solo ai cinesi e alla Cina, ma per i motivi che dicevo prima, al mondo intero.