Ucraina. Appello di Caritas italiana alla solidarietà: “Non abituarsi alla guerra”
Paolo Beccegato, vice direttore di Caritas italiana, conferma al Sir il rischio che venga meno l'onda di solidarietà iniziale nei confronti dell'Ucraina a causa del perdurare del conflitto. Anche perché il 30% degli ucraini ha bisogno di sostegno. Finora sono stati donati 2 milioni di euro per aiuti umanitari e le spedizioni continuano. 6.000 i profughi accolti nelle comunità cattoliche. Entro metà maggio dovranno pervenire a Caritas italiana le collette realizzate nelle diocesi, su indicazione della Cei
Un appello alle comunità cristiane e alla società civile in Italia a “non abituarsi alla guerra” in Ucraina e non far venire meno la “grande onda solidale” degli inizi, sia riguardo alle donazioni in denaro, sia rispetto all’accoglienza dei profughi in Italia. E un invito ai governanti “a non spendere più soldi in armamenti e a non affamare il mondo”, perché povertà, fame e migrazioni sono strettamente connesse ai conflitti: “Oltre ai vari Piani di ripresa e resilienza nazionali ed europei bisogna mettere in conto un grandissimo Piano Marshall per la fame nel mondo”, che è la più grave emergenza, soprattutto nell’Africa subsahariana, in Medio Oriente e in alcuni Paesi in crisi in Asia e America Latina. Lo afferma oggi al Sir Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale e vice direttore di Caritas italiana, condividendo la preoccupazione delle due Caritas in Ucraina (Caritas Spes e Caritas Ucraina) del possibile venir meno degli aiuti umanitari a causa del prolungarsi del conflitto. “In questo momento – precisa – le donazioni e il sostegno delle Caritas di tutto il mondo sono consistenti. Però c’è il rischio che con il perdurare del conflitto possa verificarsi una diminuzione dei flussi di aiuti”.
Solidarietà sia “consapevole e costante”. “All’inizio c’è stata una prima grande onda solidale sotto tutti i punti di vista, con una generosità molto ampia e diffusa – conferma Beccegato -. Adesso la prospettiva è cambiata.
Il prolungarsi del conflitto, l’incancrenirsi della guerra con bombe sempre più pericolose e parole sempre violente rischia di far diminuire la solidarietà, che non dovrebbe essere emotiva ma una scelta consapevole e costante”.
Una colletta in tutte le diocesi entro metà maggio. A questo proposito la Cei ha chiesto a tutte le Chiese in Italia di realizzare entro metà maggio, con data a propria scelta, una colletta in ogni singola diocesi, per far giungere poi il ricavato a Caritas italiana. Finora l’organismo pastorale della Cei per la carità ha stanziato
2 milioni di euro per le Caritas in Ucraina e nei Paesi limitrofi
ma è ancora presto per fare un bilancio delle cifre raccolte, bisognerà aspettare almeno dopo metà maggio. Sono invece
6.000 i profughi ucraini accolti nelle strutture di parrocchie, istituti religiosi, associazioni cattoliche e diocesi italiane.
Anche queste spese, di cui si stanno facendo carico nei territori, non sono state quantificate.
Altri Tir partiti verso l’Ucraina. Caritas italiana ha organizzato in questi giorni altre due grandi spedizioni con Tir carichi di materassi e biancheria da letto per gli sfollati accolti nei centri di accoglienza delle Caritas in Ucraina, con destinazione Leopoli. La raccomandazione alle comunità cristiane diocesane è sempre quella di raccordarsi con la propria Caritas diocesana per capire quali sono i bisogni. “È quanto mai opportuno rinnovare alle nostre comunità la richiesta di una disponibilità a donare – afferma Beccegato – perché i bisogni non diminuiscono né in Ucraina né nei Paesi confinanti. E’ vero che molti ucraini rientrano ma il saldo è sempre in uscita”.
Il 30% degli ucraini hanno bisogno di aiuti umanitari.Ad oggi si è infatti arrivati a circa 5.708.000 rifugiati oltre confine, “8 milioni di sfollati interni, ai quali bisogna aggiungere 3 milioni e mezzo di ucraini fuggiti verso Russia e Bielorussia – ricorda Beccegato -, per un totale di oltre 16/17 milioni di persone che hanno bisogno di aiuti umanitari, ossia il 30% di tutti gli ucraini. Il dato impressionante della crisi è la velocità record dell’evoluzione del fenomeno, che non ha precedenti a livello mondiale”. Il vice direttore di Caritas italiana ricorda che c’è stata una grande accoglienza dei profughi in tutta Europa ma che arrivano anche appelli dalle Chiese più piccole “nei Balcani, in Turchia, perché non hanno le risorse per far fronte alle spese”.
La nuova emergenza mondiale: la fame. Oltre ai conflitti dimenticati c’è un’altra grandissima emergenza nel mondo che si profila all’orizzonte: l’aumento ovunque della fame. “La gente non dona per le altre crisi dimenticate – risponde -. Inoltre si intravede una crisi mondiale da panico: l’inflazione è alta in tutto il mondo, le bollette del gas e i prezzi del cibo crescono in tutti i Paesi, la povertà assoluta è in crescita e nei casi più estremi diventa fame. Diventerà un problema enorme per il quale serve una mobilitazione della comunità internazionale”. E’ un fenomeno su scala globale ma le aree più toccate sono “i Paesi del Nord Africa e Medio oriente e l’Africa subsahariana, perché sono i più grandi importatori di cereali nel mondo, e alcune piazza molto violente del Centro America come Haiti. In Asia penso al Myanmar e all’Indonesia”.
Appello ai governi. L’appello finale di Caritas italiana è perciò chiaro e netto, in controtendenza con le attuali politiche nazionali ed europee:
“Non spendere più soldi in armamenti e non affamare il mondo,
anche perché la fame e la povertà sono le più grandi cause di connessione con le guerre e con la fuga in massa delle persone. Oltre ai vari Pnrr bisogna pensare ad un grandissimo Piano Marshall per la fame nel mondo”.