Strage di bambini a scuola in Texas. Allen: “Guardare alle radici del malessere”
Negli Stati Uniti le stragi ad opera spesso di ragazzi giovanissimi e ai danni di bambini o adolescenti si susseguono da anni. L’ultima proprio ieri, alla Robb Elementary School, una scuola elementare di Uvalde, in Texas, dove le vittime sono state 19 bambini, due insegnanti e lo stesso omicida, un ragazzo diciottenne di origini ispaniche. Concentrare il dibattito solo sulla facilità con cui le armi vengono vendute e diffuse nel Paese sarebbe un errore, “occorre guardare al malessere di fondo”, consiglia John Allen, vaticanista, scrittore statunitense e caporedattore dell’agenzia indipendente "Crux: Taking the Catholic Pulse"
Puntare il dito solo al sintomo della malattia sarebbe sbagliato. Negli Stati Uniti le stragi ad opera spesso di ragazzi giovanissimi e ai danni di bambini o adolescenti si susseguono da anni. L’ultima proprio ieri, alla Robb Elementary School, una scuola elementare di Uvalde, in Texas, dove le vittime sono state 19 bambini, due insegnanti e lo stesso omicida, un ragazzo diciottenne di origini ispaniche. Concentrare il dibattito solo sulla facilità con cui le armi vengono vendute e diffuse nel Paese sarebbe un errore, “occorre guardare al malessere di fondo”, consiglia John Allen, nell’intervista al Sir. Allen è un vaticanista, scrittore statunitense, caporedattore dell’agenzia indipendente “Crux: Taking the Catholic Pulse”. In Italia dagli anni 90, Allen segue da vicino le vicende della Santa Sede ma anche gli echi provenienti dall’America, dove secondo lui andrebbe posta una domanda: “Perché tantissimi giovani sono convinti che non ci sia futuro oltre alla violenza?”
Quella di ieri è l’ennesima strage ai danni di bambini. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, poche ore dopo ha affermato: “Sono stanco, dobbiamo agire sulle armi”. Secondo lei è il momento giusto per intervenire a livello legislativo per fermare la carneficina?
Ho fatto un calcolo matematico stamattina, ci sono stati 367 incidenti del genere dal 2000 fino a ieri cioè uno ogni 22 giorni. Negli Stati Uniti si parla di epidemia ed a ragione perché lo è.
Secondo me bisogna iniziare a fare un controllo più efficace delle armi, ma è solo un aspetto del fenomeno. Dobbiamo chiederci perché c’è questa tendenza alla violenza?
È una domanda a cui dobbiamo rispondere. Spero che gli statunitensi possano fare un esame di coscienza che serve al momento nella cultura americana.
Gli americani cosa dovrebbero chiedersi?
C’è un malessere soprattutto fra i giovani. Secondo me dobbiamo chiederci quali sono le radici del malessere. La disponibilità delle armi è un problema a cui serve una risposta politica ma è solo un sintomo. La disponibilità dà ai giovani il modo di esprimersi nella maniera più violenta, ma le armi non sono la causa del malessere che necessita invece di una risposta più convincente. Immagino che ancora una volta ci sarà negli Stati Uniti un dibattito sulle armi.
Anche se Biden riuscisse a portare a segno una legge che limiti la disponibilità delle armi sappiamo che potrebbe essere azzoppata dalla Corte Suprema, oggi a maggioranza repubblicana che, come noto, non vuole intaccare il diritto costituzionale di possedere un’arma.
Anche se succede secondo me sarebbe solo una parte minore di un problema più grande.
Perché tantissimi giovani sono convinti che non ci sia futuro oltre alla violenza? Non ho una risposta.
È una domanda aperta. Spero che la Chiesa in America, che rappresenta il 25 per cento della popolazione, possa essere una risorsa per porre questa domanda e avere una risposta convincente.
Il ragazzo che ha compiuto la strage ieri era di origine ispanica.
Si dice spesso che il razzismo è un peccato originale degli Stati Uniti ma dobbiamo ricordarci che molte volte che i giovani che commettono queste stragi sono anche bianchi. Non è un discorso di razzismo. Dobbiamo cercare di capire la malattia.
La sua agenzia sta seguendo il caso?
Due terzi dei nostri redattori sono americani. Stiamo seguendo da vicino la strage. I cattolici americani sono sconvolti.
Maria Elisabetta Gramolini