Settembre, difficile ripresa. Fra noi e la ripresa molti pensieri e anche una certa “resistenza” alla trasformazione che ormai è avviata
I lunghi mesi della quarantena sono ancora freschi nella nostra memoria, in qualche modo pesano anche sul futuro prossimo che appare molto incerto.
Le prime piogge rimarcano anche quest’anno la fine dell’estate e la faticosa ripresa della quotidianità.
Non sappiamo esattamente cosa ci aspetti, dopo questa estate di belle speranze. I lunghi mesi della quarantena sono ancora freschi nella nostra memoria, in qualche modo pesano anche sul futuro prossimo che appare molto incerto.
I più giovani, dopo un timido inizio, si sono lanciati a vele spiegate in questi mesi estivi e hanno cercato di recuperare il tempo perduto. Sono stati anche i più esposti agli insidiosi assembramenti e quindi ai contagi. Eh sì, i giovani tendono a fare gruppo e confusione e vanno anche in discoteca… Ma questo lo sapevamo già e avremmo dovuto prevederlo (e arginarlo) con maggiore cognizione di causa.
E ora?
Ora si torna nei ranghi. O almeno si tenta.
Le scuole stanno riorganizzando i propri spazi e cercano soluzioni per aprire di nuovo in sicurezza. Le università riavviano i corsi, per i quali torneranno ad avvalersi della didattica digitale.
Insomma, sembriamo a un passo dalla normalità.
Sarà davvero così? Difficile prevederlo. Di sicuro ne abbiamo bisogno e la scuola manca moltissimo a tutti. Sarà una scuola diversa, ovvio: con i protocolli di ingresso e di uscita, con le mascherine, con le classi suddivise in gruppi e con una nuova disposizione dell’orario. Ma comunque sarà “scuola” e quindi “progetto”.
Progettare è ciò che davvero è venuto meno in questi mesi. Tornare a immaginare il proprio futuro e deciderne la direzione. Assecondare i propri interessi, riflettere sulle proprie attitudini e costruirsi un percorso teso a formare l’individuo e a metterlo nelle condizioni di vivere una vita propria. Queste azioni non riguardano soltanto i giovani, ma costituiscono la base delle prospettive sociali ed economiche del nostro Paese.
Ci vorrà tanta buona volontà, ma soprattutto coraggio. Il pericolo del contagio ci assilla, ma non è l’unica minaccia. I giorni che ci lasciamo alle spalle dovrebbero averci insegnato che è tempo di rinascita e di rinnovamento. Anche i contenuti scolastici andrebbero ripensati alla luce del grande cambiamento che ci investe. Le professionalità di docenti ed educatori hanno necessità di ricalibrarsi in maniera dinamica e di offrire flessibilità ai propri fruitori. La pandemia ha chiuso definitivamente il capitolo dell’educazione preconfezionata e, nella sua tragicità, ha offerto delle occasioni pedagogiche da non lasciar cadere.
Il primo campo da esperire e perfezionare è quello della relazione fra docenti e discenti e anche fra pari, nonché fra genitori e figli. La tecnologia è uscita definitivamente dai recinti e deve essere integrata, non demonizzata. Se la demonizziamo lasciamo il campo libero al caos e ai contenuti sconclusionati.
La sfida è complessa, ma ineludibile.
Per ora l’attenzione è catalizzata su dispositivi e protocolli di sicurezza, ma cerchiamo di offrire spazio anche alle idee e a fare in modo di realizzarle.
Le famiglie stesse sono chiamate a ripensare la propria routine. Cambieranno orari, modalità di studio e lavoro (molti genitori resteranno in smartworking) e quindi anche assetto. In un certo senso la qualità del nostro tempo potrebbe migliorare e, di conseguenza, anche portare maggiore benessere a tutti.
Fra noi e la ripresa molti pensieri e anche una certa “resistenza” alla trasformazione che ormai è avviata. I sentimenti sono contrastanti e possono impedirci di gettare lo sguardo oltre le difficoltà iniziali di questa ripresa.
Altra risorsa preziosa coltivata nelle case durante la pandemia, e da conservare, è lo spirito cooperativo. Per far bene occorre fare assieme e cercare di dare un senso condiviso alle nostre scelte.
Non troveremo solidità negli scenari futuri, ma soltanto in chi ci sarà accanto ad affrontarli assieme a noi.