Scuola secondaria. Tonarini: “Bene separazione tra abilitazione e reclutamento, ma la fase transitoria è un problema per le paritarie”
“La parola paritaria non esiste nel testo della legge e proprio nella fase transitoria la commistione abilitazione-reclutamento nelle scuole statali permane”, chiarisce al Sir il presidente nazionale di Cdo Opere educative-Foe
Apprezzamento per l’impianto complessivo della riforma dell’abilitazione che introduce una netta separazione fra abilitazione e reclutamento nella scuola statale, ma anche rammarico per il fatto che il Governo sembri dimenticare che sono circa 200.000 gli studenti che frequentano scuole paritarie secondarie di I e II grado, che le stesse fanno parte del sistema nazionale di istruzione e che vi lavorano circa 15.000 docenti che attendono, da troppi anni, un percorso abilitante. È quello che hanno espresso le associazioni di gestori e genitori di scuole paritarie cattoliche e d’ispirazione cristiana – Agesc, Cdo Opere educative-Foe, Ciofs Scuola, Cnos Scuola, Faes, Fidae, Fism, Fondazione Gesuiti Educazione, che fanno parte di Agorà della parità, all’indomani dell’approvazione, in Consiglio dei ministri, dell’addendum al decreto Pnrr 2, relativo alla riforma dell’abilitazione all’insegnamento. Abbiamo raccolto il parere di Massimiliano Tonarini, presidente nazionale di Cdo Opere educative-Foe.
Come giudica la riforma dell’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria?
La riforma dell’abilitazione prospettata nel decreto Pnrr 2 reintroduce un fattore importante, ovvero la netta separazione fra l’abilitazione e il reclutamento per concorso nelle scuole statali. La commistione fra i due momenti ha creato per i docenti delle scuole paritarie secondarie l’impossibilità a ottenere l’abilitazione da più di 5 anni e, ai fini di ottenere l’abilitazione, la necessità, con i concorsi banditi nel 2020 e tuttora in corso, di partecipare al processo di reclutamento per un posto di ruolo nella scuola statale. Pertanto,
le scuole paritarie non possono che guardare positivamente una riforma che prospetta l’acquisizione del titolo nel corso del periodo universitario tramite l’acquisizione di 60 crediti formativi in materie antro-psico-pedagogiche.
In generale, la riforma costituisce un passo avanti per coloro che aspirano ad insegnare nelle scuole secondarie, attraverso l’acquisizione di una formazione dedicata dentro una stretta collaborazione fra Università e mondo della scuola. Ritengo anche che, come tutti i “mestieri”, anche quello dell’insegnante si affina e si approfondisce “sul campo”, cioè nelle scuole, con l’aiuto di ‘maestri’ disponibili ad accompagnare i giovani docenti.
Ci sono aspetti poco definiti nella riforma?
Rimangono alcuni aspetti da approfondire in relazione ad un ipotetico “numero chiuso” legato al fabbisogno di soggetti abilitati. Non se ne comprende la ragione se lo stesso decreto, esplicitamente, precisa che “il conseguimento dell’abilitazione non costituisce titolo di idoneità né dà alcun diritto relativamente al reclutamento in ruolo al di fuori delle procedure concorsuali”. Da chiarire anche le modalità di svolgimento della prova finale del percorso, comprendente la prova scritta e la lezione simulata e la composizione della relativa commissione giudicatrice, entrambi demandati ad un prossimo decreto della Presidenza del Consiglio.
Ci auguriamo che non comportino ulteriori difficoltà all’abilitazione a giovani che avranno già dedicato probabilmente un anno aggiuntivo di studi (è l’equivalente di circa 60 crediti formativi) rispetto alle lauree ordinarie.
In questa riforma viene considerato anche il fabbisogno delle scuole paritarie?
Nell’ultima versione bozza circolata, al comma 2 dell’art. 2 bis, si afferma che “il Ministero dell’Istruzione stima e comunica al Ministero dell’Università e della ricerca il fabbisogno per il sistema nazionale di istruzione di docenti per tipologia di posto e per classe di concorso nel triennio successivo”.
Auspichiamo che, in fase di conversione del decreto o nel Dpcm attuativo previsto, sia chiarito come il Ministero debba tenere conto del fabbisogno delle scuole paritarie che fanno appunto parte del Sistema nazionale di istruzione: interlocuzione con le associazioni? Incremento in percentuale rispetto al fabbisogno della scuola statale?
Per quanto riguarda la fase transitoria sono considerati per l’abilitazione solo i docenti che partecipano al concorso per il ruolo nello Stato, tramite l’acquisizione di crediti formativi. Cosa succederà per quelli che lavorano nelle paritarie?
La fase transitoria (sulla carta fino al 31 dicembre 2024) è il vero problema della riforma per le scuole paritarie.
La parola paritaria non esiste nel testo della legge e proprio nella fase transitoria la commistione abilitazione-reclutamento nelle scuole statali permane.
Secondo la bozza divulgata, un docente di una scuola paritaria dovrebbe ancora una volta partecipare ad un concorso pubblico per ottenere l’abilitazione (dopo aver acquisito almeno 30 crediti formativi in Università), con una assunzione a tempo determinato post concorso, al momento da sottoscrivere con l’Ufficio scolastico regionale (perché non con una scuola paritaria?), per poi completare la formazione con gli ulteriori crediti formativi.
Un vero percorso ad ostacoli che lo allontanerebbe inevitabilmente dalla scuola paritaria.
Anche il percorso agevolato di accesso al concorso previsto all’art. 5 è riservato a coloro che insegnano da almeno 3 anni nella scuola statale. Si tratta di un periodo transitorio lungo, durante il quale un giovane insegnante sarebbe, di fatto, disincentivato a fare esperienza nelle scuole paritarie e dovrebbe, in ogni caso, attendere un concorso pubblico per ottenere l’abilitazione. Avranno effettivamente periodicità annuale i concorsi? A ciò si aggiunge il fatto che è, al momento, ancora incompiuta la procedura straordinaria per esami finalizzata all’accesso ai percorsi di abilitazione all’insegnamento (il cosiddetto concorso straordinario abilitante) bandita con Decreto dipartimentale n. 497/2020 che rimane la più attuale e concreta possibilità di abilitazione per tanti insegnanti delle scuole paritarie che non ambiscono ad un posto nella scuola statale.
Cosa chiedete alle forze politiche e al Governo?
Le associazioni delle scuole paritarie facenti parte di Agorà della parità chiedono ai parlamentari di tutte le forza politiche che, in fase di conversione del decreto si tenga conto delle esigenze della scuola paritaria soprattutto con riferimento al periodo transitorio; al Ministero dell’Istruzione che entro l’estate dia seguito anche al concorso straordinario abilitante di cui Decreto dipartimentale 497/2020 per consentire ai numerosi docenti che hanno insegnato negli ultimi anni nelle scuole paritarie di ottenere la sola acquisizione della abilitazione all’insegnamento.