Sanità. "La via maestra per ricostruire l'Italia"
La res publica era scolpita dai padri fondatori nella Costituzione, prima che gli epigoni nostrani di Clinton & Blair ne minassero le fondamenta. Oggi l’Europa ci offre l’ultima chance di raddrizzare la Repubblica fondata sul lavoro, con un
servizio sanitario universale e la storica geniale creatività nelle emergenze.
I giornalisti Altero Frigeri e Roberta Lisi offrono una soluzione a più voci con Pubblico è meglio. La via maestra per ricostruire l'Italia (Donzelli, pagine 238, euro 19) grazie alle conversazioni tematiche con specchiate personalità.
E prendono subito partito, nel solco di papa Francesco e Federico Caffè: «Occorre disegnare fin d’ora l’Italia che verrà, non aspirare alla semplice, fisiologica ripartenza. La crisi finanziaria del 2008 e l’epidemia di coronavirus hanno sgretolato la bella favola della concorrenza-convivenza-sussidiarietà tra pubblico e privato».
Certamente, l’Italia è sempre prigioniera di zavorre e tabù. Nel volume sono evidenziate in particolare da Paolo Berdini (urbanistica), Alessandro Santoro (fisco), Salvatore Settis (cultura) e Anna Donati (mobilità). Merita un’attenta lettura l’intervista a Rosi Bindi dedicata a “Salute bene comune”, non perché sia di detonante attualità, ma piuttosto in quanto l’ex ministro (e presidente dell’Antimafia...) ricostruisce a voce alta proprio le contraddizioni della politica.
Bindi è ancorata all’articolo 3 della Carta («In questa prospettiva è evidente che pubblico» è meglio») e alla legge 833 (la salute come diritto della persona). Di conseguenza, può scandire: «Un paese funziona non solo se è in salute, ma se funziona bene il suo sistema sanitario. Ovvero, se l’aria che si respira è sana, se le leggi del lavoro contemplano la sicurezza e la salute dei lavoratori, se il cibo è di qualità, se le relazioni sociali e le città nelle quali si vive assicurano e garantiscono i rapporti di comunità che sono fondamentali per il benessere non solo fisico, ma soprattutto psichico e spirituale delle persone».
Nell’arco di oltre 40 anni, il servizio sanitario ha dovuto fare i conti con i Bignami del liberismo interessato. Meno Stato e più “mercato” anche per diagnosi, cura, assistenza. E nella Lombardia di Formigoni & Cesana la maschera della sussidiarietà ha nascosto la demolizione della medicina territoriale pubblica.
Chiosa: «Ricordiamoci che il ministero della Sanità era stato soppresso ed è rinato come ministero della Salute, ma impoverito di competenze e poteri. E oggi appare subalterno al ministero dell’Economia e troppo debole per tenere
testa ai presidenti di Regioni». Dunque, c’è un problema istituzionale. Eredità della “riforma” del titolo V che risale al 2001 con il governo Amato. Non una questione di spesa: i sistemi universalistici sono meno esosi degli altri, «la sanità italiana costa la metà di quella degli Stati Uniti e registra una spesa inferiore alla media dei paesi Ocse» memorizza Bindi.
E alla fine mette anche il dito nella piaga, senza tanti complimenti: «Anche l’organizzazione dei medici di famiglia, operatori privati che eseguono prestazioni in convenzione, va ripensata alla luce dell’emergenza Covid-19.
Possiamo tollerare che non abbiamo un rapporto stretto, continuo e permanente con il distretto? Che non possano avere i loro studi dentro i distretti? O che comunque i distretti sociosanitari non abbiano delle figure di medicina generale per interventi di cure primarie in grado di governare il rapporto medico-paziente? Sono domande a cui il sistema sanitario deve rispondere con urgenza. Senza i medici di medicina generale non è possibile realizzare la medicina del territorio. Ma il medico di medicina generale, separato dalle strutture pubbliche di territorio, può diventare un elemento di inefficienza, sia dal punto di vista della spesa che da quello della qualità dei servizi».
Insomma, pubblico è davvero molto meglio nella sanità. Conclude Rosi Bindi: «Abbiamo assolutamente bisogno di aumentare la spesa corrente e di nuovi investimenti per correggere i ritardi strutturali accumulati: dalle gravi
diseguaglianze territoriali alla mancata integrazione tra ospedale e territorio, dalla formazione di tutto il personale medico e sanitario all’assistenza agli anziani e ai più fragili, con il superamento del modello fallimentare delle Rsa,
al potenziamento della medicina comunità. Chi ha paura di rilanciare il Servizio sanitario nazionale?».