S come Salutarsi. Salutarsi significa assicurare all’altro che ci sei e che ci sarai, che la tua vicinanza non verrà meno
Salutarsi vuol dire punteggiare la vita di riconoscimento, di affetto e bisogna ricordarlo anche ai figli.
Salutarsi è una pena così dolce che ti direi addio fino a domani.
(William Shakespeare)
S come Salutarsi. È qualcosa che ci portiamo dietro dall’infanzia… da quando, bambini, i genitori ci invitavano a salutare gli adulti che incontravamo per strada. Dare il saluto è più che una forma di buona educazione, fa parte di quel galateo dell’anima che non si insegna ma si trasmette per osmosi, come buona abitudine, senza prezzo. Che bello quando un bambino saluta per primo una persona grande, fin dal portiere entrando e uscendo di casa, ma ancor più una persona poco nota, che non può dargli niente in cambio, se non la sua gratitudine. Ci sono anziani che sembrano elemosinare un buongiorno con lo sguardo, ritmando il loro passo lento e spesso stanco. Dare il buongiorno è più di una semplice cortesia, è un augurio che propizia un sorriso, è un programma, il modo in cui si concretizza l’ottimismo e ci si dispone all’accoglienza dell’altro, come un amico, una potenziale ricchezza sempre e non un ostacolo lungo la strada.
Le parole del saluto sono spesso accompagnate da gesti espliciti come una vigorosa stretta di mano, un abbraccio, uno sguardo intenso. Ci sono persone che non salutano. Magari sono condomini che si incontrano sulle scale tutti i giorni, eppure si crea un muro invisibile che la consuetudine rende difficile infrangere. Si può credere che siano persone svogliate o distratte, ma il più delle volte sono, invece, più tristi, neanche timide, ma chiuse allo sguardo dell’altro, incapaci di credere alla bontà di un congedo la mattina che è fatto di fatica per il doversi lasciare, ma che è anche un invito a che la giornata sia feconda di bene. Gli sposi che non tralasciano un bacio o un abbraccio all’inizio e alla fine della giornata, sono coppie padrone del tempo e non succubi dello scorrere inesorabile delle ore. Appena varcata la soglia della casa quanto è prezioso che chi accoglie vada incontro all’ultimo arrivato e chi arriva annunci il suo ingresso.
Salutarsi vuol dire punteggiare la vita di riconoscimento, di affetto e bisogna ricordarlo anche ai figli quando da bambini diventano adolescenti, l’età delle incomprensioni, dei silenzi, di quel bozzolo di menefreghismo che nasconde la crisalide che verrà. Non stancarsi di salutarsi vuol dire – mi si conceda il gioco di parole – essere salutare per il prossimo. Significa assicurare all’altro che ci sei e che ci sarai, che la tua vicinanza non verrà meno, al di là del tempo e della distanza. Si pensi al calore che può trasmettere una telefonata ad un nonno lontano o ad un parente che si vede solo di rado.
Nel tempo dei social network sono sparite o quasi le cartoline, eppure il mare di like, post e messaggi non è che un grande bisogno di dire che ci siamo e agitiamo la mano per attirare l’attenzione di quante più persone possibile. Allenarsi al saluto non ci risparmierà il dolore dei saluti definitivi… quegli “a-dio” che prima o poi tutti siamo chiamati a vivere. Eppure chi si è salutato tante volte con amore ed amicizia, forse sapremo lasciarlo andare nutrendo la speranza forte che anche l’ultimo sia solo un “arrivederci”.