Migranti, così gli strumenti di sorveglianza delle frontiere minacciano la libertà (e i diritti)
Un gruppo di organizzazioni che tutelano i diritti umani analizza in un dossier come gli strumenti digitali e biometrici, utilizzati per il controllo dei flussi, stiano minando la privacy e i diritti umani. E chiedono all’Unione europea maggiore trasparenza: “L'Unione ha l'obbligo di rispettare i diritti umani e perseguire la loro realizzazione anche nello sviluppo e nell'attuazione delle sue politiche esterne”
Il controllo delle frontiere esterne all’Unione europea per fermare il flusso dei migranti è diventata parte integrante della politica migratoria europea. Ma come avviene la gestione dei confini? E quanto gli strumenti di sorveglianza utilizzati per bloccare i migranti stanno minando le libertà individuali, la privacy e i diritti umani? Il tema è al centro di un lungo e dettagliato dossier realizzato da un gruppo di organizzazione che difendono i diritti umani (tra cui Privacy International, Border Violence Monitoring Network, Access now, Sea Watch). Le organizzazioni hanno analizzato documenti (ottenuti tramite le richieste di accesso agli atti) che descrivono in dettaglio come più organismi dell'Ue forniscono tecnologia di sorveglianza, formazione e finanziamento alle controparti non Ue. Questi strumenti digitali di sorveglianza sono stati utilizzati anche per limitare le libertà individuali e violare la loro privacy, protezione dei dati, nonché altri diritti fondamentali.
Nell'ambito del Fondo fiduciario dell'Ue per l'Africa, per esempio, fondi consistenti sono stati assegnati per raccogliere dati dai dispositivi digitali e costruire sistemi di identificazione biometrici su larga scala. “Gli organi dell'Ue potrebbero violare gli obblighi previsti dal diritto europeo di rispettare i diritti umani nelle loro relazioni esterne” si legge nel rapporto.
Non solo, altri fondi sono stati utilizzati per addestrare la polizia in Nord Africa sulle intercettazioni telefoniche, sul monitoraggio degli utenti dei social media e sulla decrittazione dei contenuti Internet intercettati. Nei Balcani, fondi simili sono stati stanziati per fornire alle autorità apparecchiature per le intercettazioni telefoniche e per costruire sistemi di identificazione biometrica. “Gli organi dell'Ue devono garantire il rispetto dei diritti umani nelle loro relazioni esterne, ad esempio valutando i rischi che le loro azioni comportano. Ciò che suggerisce la nostra ricerca, tuttavia, è che queste valutazioni mancano quando si trasferiscono le capacità di sorveglianza al di fuori dell'Ue. E l’Ue deve affrontare efficacemente questa questione che può potenzialmente avere gravi implicazioni per milioni di cittadini sia dell'Ue che di paesi terzi", sottolinea Ioannis Kouvakas, Legal Officer e Acting General Counsel di Privacy International.
In particolare, le organizzazioni chiedono all’Unione europea di indagare e garantire che in futuro siano condotte valutazioni preliminari del rischio e dell'impatto di queste azioni sui diritti umani, comprese le valutazioni dell'impatto sulla privacy e sulla protezione dei dati.
“Strumenti provenienti dall'Ue vengono utilizzati per provocare il caos in tutto il Nord Africa. Chiediamo maggiore responsabilità” aggiunge Marwa Fatafta, Policy Manager Mena di Access Now. Sulla stessa scia anche Gaelle Dusepulchre, rappresentante permanente presso l'Ue della Federazione internazionale per i diritti umani (Fidh): “Non solo i trattati di finanziamento dell'Ue specificano che l'Ue, nella sua azione esterna, cercherà di promuovere la democrazia, lo stato di diritto, l'universalità e l'indivisibilità dei diritti umani e delle libertà fondamentali, ma i trattati aggiungono che l'Ue ha l’obbligo di rispettare i diritti umani e perseguire la loro realizzazione nello sviluppo e nell'attuazione delle sue politiche esterne. Ciò significa che l'Ue deve valutare l'impatto della sua azione esterna e prevenire effetti negativi sui diritti umani. La sorveglianza mette chiaramente a rischio i diritti umani. L'Ue dovrebbe essere più cauta e dovrebbe rafforzare la trasparenza". "Il sostegno finanziario e tecnico della cosiddetta Guardia costiera libica non è altro che una violazione sistematica dei diritti umani. Invece di prevenire la migrazione a tutti i costi attraverso accordi con paesi terzi, l'UE deve investire nei diritti fondamentali", conclude Bérénice Gaudin, Advocacy Officer di Sea-Watch.