Fine vita: Gobber (Sicp), “sedazione palliativa non anticipa morte e non va confusa con eutanasia o suicidio assistito”
La sedazione palliativa non anticipa la morte e non va assolutamente confusa con la morte medicalmente assistita (eutanasia o suicidio medicalmente assistito).
A precisarlo è oggi Gino Gobber, presidente della Sicp (Società italiana cure palliative), con riferimento ai casi riportatati in questi giorni dai media, come quelli di Fabio Ridolfi e dell’ ex presidente della Regione Emilia-Romagna Antonio La Forgia, che potrebbero ingenerare, scrive in una nota, “una dannosa e scientificamente infondata confusione fra la sedazione palliativa e la morte medicalmente assistita”.
“La sedazione palliativa – spiega Gobber – è una procedura terapeutica che viene praticata in caso di sofferenze psico-fisiche intollerabili (e refrattarie ai consueti trattamenti) causati dalla fase terminale di malattie o in caso di sospensione di trattamenti di sostegno vitale” e va attuata “secondo il rigoroso rispetto delle linee guida e raccomandazioni pubblicate da Società scientifiche nazionali ed internazionali”. Si tratta, sottolinea l’esperto, di “una procedura terapeutica del tutto lecita e addirittura doverosa sotto il profilo clinico, etico, deontologico e giuridico” come previsto dalla legge 219/2017, “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.
La sedazione palliativa, chiarisce Gobber, “è radicalmente differente dalla morte medicalmente assistita per l’obiettivo che si prefigge (controllare le sofferenze refrattarie), per i farmaci utilizzati (farmaci sedativi) e per il risultato (perdita dello stato di coscienza)”. Invece la morte medicalmente assistita ha l’obiettivo di “provocare la morte del malato utilizzando farmaci letali completamente differenti da quelli impiegati nella sedazione palliativa”.
L’evidenza scientifica, concluse il presidente Sicp, “ha dimostrato che la sedazione palliativa non anticipa la morte; in alcuni casi può, al contrario, prolungare brevemente la vita residua del malato sia pur nell’ambito di una terminalità molto prossima”.