Elezioni regionali. Luca Zaia e la sospirata autonomia
L'intervista. Luca Zaia corre per il suo terzo mandato da governatore del Veneto. In questa intervista ripercorre quanto fatto e affronta temi come la sanità, le infrastrutture, i migranti. "Dobbiamo aiutare chi vorrebbe figli ma non può permetterselo. Se avessimo più risorse sarebbero per gli asili nido"
Presidente Zaia, qual è la realizzazione di questi ultimi cinque anni di cui va più orgoglioso? E quale quella di cui è meno soddisfatto?
«Ne dico quattro: le Olimpiadi del 2026, che significano riportare il Veneto sotto i riflettori. Poi le colline del prosecco come patrimonio dell’umanità e il referendum sull’autonomia. E infine aver sbloccato la Pedemontana: ho ereditato un cadavere eccellente, adesso abbiamo il cantiere della più grande opera pubblica d’Italia che, tranne la galleria di Malo, sarà terminata entro il 2020. Si poteva fare di più, invece, nella vendita del patrimonio immobiliare della Regione».
Sanità: con quasi 10 miliardi è il più consistente capitolo di spesa della Regione. Qual è il principale cambiamento che, se fosse confermato presidente, vorrebbe introdurre nella sanità veneta? E le lunghe liste d’attesa: come ridurle?
«L’abbattimento delle liste d’attesa resta una priorità: sto lavorando a un progetto, “OltreCup”, che prevede un accordo con i medici di base in modo che il paziente esca dall’ambulatorio anche con l’appuntamento fissato online dal medico di base, per la visita o per l’esame prescritto. L’altro fronte è quello della medicina, che sarà sempre più digitale. Abbiamo però 11 mila medici, di cui quasi 4 mila medici di base, e ne mancano almeno 1.300. Noi vorremmo assumerli, ma non ci sono».
Migranti stranieri in Veneto: che farà se sarà rieletto presidente?
«Il problema non è il mezzo milione di migranti che sono già fra noi, che hanno un progetto di vita, lavoro e famiglia. Non posso dimenticare che l’uovo di cioccolato che ho messo all’asta durante l’emergenza Covid lo ha comprato un macedone e ha tirato fuori 30 mila euro. I limiti di numero ai nuovi ingressi non li pone la Regione; ricordo però che in Veneto c’è un 10 per cento di poveri e non sono tutti stranieri, anzi. Per cui è prioritario pensare a questi poveri prima che al tunisino che viene qui dicendo che è scappato da morte e fame, quando non è così».
Più studi dicono che, a causa del cambiamento climatico, attorno al 2030 l’innalzamento del livello dei mari porterà le acque a invadere le coste e le cittadine balneari venete. Cosa intende fare?
«La storia ci insegna che abbiamo avuto cicli di grande caldo alternati a cicli di freddo, di secco e di umido... Oggi siamo in un periodo in cui i fortunali si vedono spesso e scaricano bombe d’acqua in zone circoscritte; però è anche vero che, quand’ero bambino, andavo in giro a raccogliere soldi per far celebrare messe in cui si pregasse per la pioggia d’estate; e tutti dicevano: non c’è mai stato tanto caldo, tanto secco... Per cui penso anche che ci sia poca memoria storica. È vero che il ghiacciaio della Marmolada si sta ritirando, che la temperatura globale è cresciuta di un grado e mezzo, però la storia naturale insegna che il mondo non è mai stato fermo».
Autonomia del Veneto: la sua posizione? Quale il risultato realistico per il quale battersi?
«I tempi non li so, ma le interlocuzioni che stiamo avendo con questo Governo sono nella direzione di arrivare alla firma di un accordo. Il vero problema è che a Roma percepiscono l’autonomia come una sottrazione di potere e quindi tergiversano. E invece è assunzione di responsabilità. Quando una comunità, come quella veneta, appena arriva il Coronavirus mostra che si sa organizzare, fa capire a tutti che è pronta per la responsabilità dell’autonomia».
Le scuole paritarie sono ancora in estrema sofferenza. Eppure per quelle dell’infanzia passano due bambini veneti su tre, facendo risparmiare il 70-80 per cento del costo alla collettività. È disposto a sostenerle di più? Di quanto è disposto ad incrementare i contributi regionali, oggi di circa 38 milioni l’anno, alle scuole paritarie venete?
«In Veneto abbiamo 90 mila bambini che, se chiedessero di andare in una scuola statale, non la troverebbero. E questi 90 mila bambini danno un altro vantaggio al Paese: fanno risparmiare allo Stato oltre 200 milioni di euro l’anno. A livello nazionale non ci hanno mai riconosciuto questa peculiarità: ci danno quattro lire. Allora noi sosteniamo la scuola paritaria, sia perché non c’è alternativa, ma soprattutto perché è un’alternativa. A livello nazionale c’è un retaggio sbagliato: non avendo le paritarie, gli altri dicono che è la scuola dei ricchi; invece la scuola paritaria è del popolo. Se non ci fossero le parrocchie e gli asili delle suore, il popolo non saprebbe dove portare i bimbi. Se avessimo l’autonomia e avessimo le paritarie come competenza diretta, e se ci dessero il livello essenziale delle prestazioni riferito alla scuola paritaria, è inevitabile che daremmo vita a un sistema ben più poderoso di sostegno alle paritarie. Ciò non toglie che si possa fare già adesso pressione affinché nella prossima Legge di Bilancio si riconoscano, con più risorse, i vantaggi delle paritarie e i sacrifici di chi le porta avanti».
Grandi infrastrutture: ce n’è una che ritiene essenziale e vorrebbe avviare e realizzare?
«Ho ereditato delle grandi opere in cantiere e cerco di portarle a compimento: la Pedemontana, per esempio, è fondamentale. E voglio completare gli ospedali: quello di Padova e quello di Treviso, che sarà pronto nel 2021».
La montagna veneta si spopola e fatica a crescere dal punto di vista economico e sociale. Che fare?
«Noi non abbiamo tolto servizi alla montagna. Dal 2010 a oggi non ho chiuso proprio niente; anzi, ad Asiago c’è un ospedale nuovo; semmai, mancano i medici. Ma la montagna si spopola, è vero: la provincia di Belluno perde mille abitanti all’anno. La montagna va valorizzata, per quanto possibile, sotto il profilo turistico. Anche le Olimpiadi sono un’occasione per questo. Noi possiamo mantenere i servizi e fare promozione della montagna, ma servirebbero più incentivi per le attività produttive. Già oggi, però, il 40 per cento dei fondi per l’agricoltura li dedichiamo alla montagna, dove c’è il 10 per cento dell’agricoltura veneta. Resta una questione spinosa, in Veneto come nelle altre regioni».
Denatalità anche in Veneto: una misura che prenderebbe per contrastarla?
«Si possono fare politiche per la famiglia. Ci sono tre categorie: le famiglie che vorrebbero fare figli e sono in difficoltà materiali per farli, quelle che decidono di non fare figli e quelle che i figli non li fanno perché non arrivano. Noi dobbiamo aiutare chi li vorrebbe e non può averli: se arrivassimo ad avere risorse in più, le destineremmo agli asili nido. Le risorse però oggi non ci sono, anche perché questa Regione ha scelto di non applicare l’addizionale Irpef. Ma non ho in programma di aggiungere tasse: questo è il mio impegno con i veneti. Ho in programma, semmai, di portare a casa l’autonomia e da lì nuove risorse».
Agricoltura: il prosecco viene da anni trionfali ma potrebbe scoppiare la bolla. E altri settori sono in sofferenza: frumento, mais, soia... Che fare? Introdurre gli Ogm?
«Oggi dobbiamo portare valore aggiunto a tutta l’agricoltura. Tutte le coltivazioni estensive devono essere arricchite da qualità, valore aggiunto e trasformazione. Io sono contro gli Ogm. Con essi trasferiamo il potere dagli agricoltori alle multinazionali. La nostra è invece agricoltura identitaria, della qualità, della sicurezza alimentare: dobbiamo investire su questo».
Le parrocchie, con le loro strutture (i patronati, in particolare) e attività sono tra i principali contenitori e “motori” di socialità e di formazione anche ai valori civici. Da presidente si impegnerà a sostenerle e a corrispondere delle risorse?
«Se ci fossero risorse mi impegnerei, perché quelle delle parrocchie sono attività nobili. Ma al momento noi non abbiamo risorse. Nel 2010 ho ereditato un bilancio regionale che aveva 500 milioni all’anno liberi, per fare anche queste cose; oggi ne abbiamo solo 50 liberi. Se ne avessi di più sosterrei le parrocchie».
Servizi a cura dei settimanali del Veneto.
Interviste di Alessio Magoga – L’Azione,
Giorgio Malavasi – Gente Veneta,
Lauro Paoletto – Voce dei Berici.
Il ritratto
Chi è Luca Zaia?
Nato a Conegliano, 52 anni fa, ha frequentato l'asilo delle suore Elisabettine a Bibano e poi elementari, medie e la scuola enologica. Quindi due anni di veterinaria a Parma e il trasferimento a Udine per la laurea in scienze della produzione animale. Prima della politica, tanti lavori, dal muratore all’agricoltore.
Come vorrebbe la ricordassero i posteri?
«Come una persona normale. Ho sempre avuto un rapporto disinteressato con il potere; e lo dico sempre ai miei collaboratori: uno fallisce quando non ha più i piedi per terra. Io frequento la stessa gente di prima, le mie frequentazioni non sono cambiate: non faccio ospitate né cene vip, faccio vita normalissima. Però ho nostalgia dell’anonimato. A me, per esempio, piace fare la spesa al supermercato: ma è impossibile. Non mi lamento, ma non ho la libertà che vorrei avere in alcuni momenti».