Adolescenti. Il ritorno a scuola sa di normalità. Una nuova chiusura? Devastante
Il primo febbraio la scuola è tornata in presenza. Entusiasmo da parte dei ragazzi. Ma anche incertezza. Quanto durerà? E per gli studenti di quinta superiore, come sarà l'esame di maturità? Molti ragazzi si sono sentiti svuotati e hanno bisogno di di ritrovare risorse dentro di loro.
Si torna alla normalità. La scuola in presenza per i ragazzi, anche se al momento è ridotta al 50%, è sinonimo di normalità. È quasi come un ritorno dopo le vacanze estive, dopo tre mesi a casa. «È stato strano rivedersi – racconta infatti Filippo, quinta liceo classico all’Istituto Barbarigo – perché non eravamo più abituati, però sicuramente è una cosa positiva perché si torna alla normalità piano piano. Per me è stato difficile stare a casa, non riuscivo a seguire, c’erano mille distrazioni e mille cose che mi sconcentravano». Bisogna riabituarsi ai ritmi scolastici, a tenere la mascherina per tutte le ore di lezione, a mantenere le distanze, rimanere concentrati, non poter aver alcun contatto, svegliarsi presto, alle volte dover prendere i mezzi di trasporto pubblici, calcolare i tempi.
«Il rischio è che ci si abitua facilmente – afferma Martino Frizziero, coordinatore didattico al Liceo Scientifico Romano Bruni di Ponte di Brenta – ad alcuni aspetti comodi della dad, ma ci ci siamo resi conto che manca totalmente il contesto di relazione che crea il contesto vero di insegnamento. Riprendere la scuola in presenza significa ricostruire l’ambito in cui avviene l’apprendimento, quella che adesso è una fatica relazionale perché siamo disabituati». Alla voglia di normalità e alla voglia di ritrovare gli amici si accompagna però anche l’incertezza e un po’ di rassegnazione: «È stato bello ritornare in classe – raccontano infatti Giosuè e Giuseppe, quinta indirizzo Scienze applicate al Barbarigo – e ritrovare un aspetto della scuola, quello umano, che in dad era mancato totalmente. È un po’ più scomodo perché bisogna svegliarsi prima e prendere i mezzi, però è stato bello ritrovare lo sguardo di compagni e professori. Vediamo se questo sistema funziona. Per come ci siamo abituati, non ci aspettiamo molto. Per fortuna sul versante dei trasporti è andato tutto bene. Non c’era confusione».
I ragazzi si aspettavano di rientrare in presenza dopo Natale, hanno stretto i denti per tutto dicembre, comprese le vacanze natalizie, hanno fatto sacrifici e poi si sono ritrovati al punto di partenza: «Si percepisce molto disorientamento – spiega Giovanni Aliberti, preside al liceo Maria Ausiliatrice – si sono sentiti svuotati. Hanno bisogno di tirare fuori le risorse che hanno dentro. Un ritorno alla dad sarebbe devastante. Stanno perdendo un momento fondamentale della loro vita, un anno determinante. E hanno capito che devono essere rispettosi, attenti, seguire le indicazioni, sono molto collaborativi. Ma, sopratutto alcuni di loro, sono svuotati. Ed è un rischio. C’è una fame di relazione, in particolare nei ragazzini di prima che non hanno fatto in tempo a creare il gruppo classe. La dad è difficilmente empatica». Questi ragazzi si son persi un anno di scuola, di relazioni, di socialità, di confronto diretto. «Le loro aspettative – racconta Francesco Saviane, insegnante di religione cattolica e animatore digitale ai Barbarigo – vanno al di là del voto o della promozione, l’attesa non è tanto il successo scolastico, quanto il rivedersi e continuare a stare a scuola in presenza. Hanno capito che la scuola è qualcosa di più».
«E' chiara la stanchezza dopo tante settimane di didattica a distanza – afferma Maria Francesca Fortunato, insegnante di italiano latino e greco al Barbarigo – È palpabile la voglia di stare insieme, ricostituire il gruppo classe. C’è voglia di normalità e se siamo a scuola vuol dire che si può vivere un po’ più normalmente di prima. Temo però che se dovesse esserci una nuova chiusura loro mollerebbero del tutto. Questa è una paura che ci confidiamo fra noi insegnanti. Per cui se dopo carnevale o alla fine del mese dovesse rialzarsi la curva e si dovesse chiudere io temo che sarebbe difficile riprenderli dal punto di vista della partecipazione e della voglia».
Per gli studenti di quinta la situazione è chiaramente più preoccupante: devono affrontare un esame di maturità del quale, per ora, non si sa nulla. Si stanno preparando come se fosse la prova tradizionale, ma viviamo un tempo che non ha nulla di tradizionale. «Devo riconoscere – conclude Marco Zanetti, docente di materie letterarie al classico al Barbarigo – che nonostante la preoccupazione per l’esame, gli studenti di quinta stanno dimostrando una maturità che mi lascia speranzoso. Una maturità ammirevole. Però, tenuto conto che hanno sulle spalle un anno di sola dad è evidente che da un punto di vista culturale e sociale, prima che didattico, le loro perdite sono imponenti. Più che la preoccupazione per l’esame di maturità mi preoccupa proprio il fatto che questi ragazzi di 18 anni, hanno perso un anno di scuola. Loro stanno dimostrando una encomiabile maturità però, umanamente parlando, le perdite sono notevoli».