Adolescenti “invisibili” in piazza dicono “basta”. Pellai: “Tifiamo per loro”
Chiedono di tornare a scuola e di restarci in sicurezza, ma soprattutto dicono “basta” alle limitazioni che hanno subito da quando la pandemia è iniziata e all'indifferenza di cui si sono sentiti vittime. Il video “Lezioni per il futuro” degli studenti di Nembro e il commento di Pellai, neuropsichiatra: “La loro mobilitazione dà speranza: si rialzeranno e torneranno a mordere la vita”
Dalla camera da letto alla piazza, nel rispetto delle regole imposte dal virus ma senza rinunciare alla forza della protesta e dell'essere comunità. Dopo mesi di silenzio e di scuola a distanza, di relazioni ridotte o annullate, di tempi troppo lunghi e divieti a volte incomprensibili, i ragazzi tornano a farsi sentire e a farsi vedere. Lo fanno con le mobilitazioni in piazza: la piazza vera e la piazza virtuale. Chiedono che la scuola sia aperta e lo resti in sicurezza, denunciano i danni provocati dalla dad, rivendicano il loro diritto di incontrarsi, di uscire di casa, di fare scuola dentro una scuola che sappia proteggerli senza rinunciare a farli stare insieme.
Nei giorni in cui migliaia di adolescenti italiani tornano a scuola, mentre altri ancora restano a casa, prendono la parola gli studenti di Nembro, uno dei paesi che nella prima fase della pandemia ha registrato il maggior numero di morti per Covid in tutta Italia. Telecamera puntata sul viso, sullo sfondo banchi monoposto, disposti a distanza su un campo sportivo: ciascuno di loro legge un biglietto, dando voce alle riflessioni di compagni e professori, che raccontano in poche righe cosa significa fare scuola senza andare a scuola. Si chiama “Lezioni per il futuro”, il , insieme al “Manifesto” che raccoglie alcune delle loro riflessioni. “Sebbene l'idea originale prevedesse una manifestazione pubblica in piazza, ci siamo adeguati alle norme del momento, modificando le modalità di protesta”, spiegano gli organizzatori.
“Tifa” decisamente per questi ragazzi e per la loro iniziativa Alberto Pellai, neuropsochiatra, che da mesi evidenzia e denuncia l'impatto devastante che la pandemia e le restrizioni da questa imposte hanno sul benessere fisico e psichico degli adolescenti. “Al di là di tutte le valutazioni e di tutti gli aspetti clinici e sanitari da prendere in considerazione, il fatto che in tutta Italia gli adolescenti stiano mobilitandosi per rivendicare il loro desiderio, oltre che il loro diritto, ad una scuola in presenza è un segnale che dà un’enorme speranza – afferma, commentando l'iniziativa dei ragazzi di Nembro, ma anche le numerose mobilitazioni di cui, in Lombardia come in tutta Italia, si stanno rendendo protagonisti e promotori i più giovani. “Non più sdraiati, non più invisibili, non più rissosi e violenti, non più trasgressivi nella movida: le cronache stanno parlando di ragazzi e ragazze che dormono all’addiaccio, che seguono le lezioni a distanza stando davanti alla propria scuola o nel cortile della stessa – continua - Adolescenti che finalmente vengono intervistati nei telegiornali, che dicono come stanno, perché stanno soffrendo, che cosa desiderano, perché non li si deve dimenticare”.
Chi li conosce, tifa per loro
E gli adulti che ne pensano? “Come sempre, si dividono in due: chi fa il tifo per loro, chi li considera facinorosi. Spesso chi si dichiara arrabbiato con gli adolescenti che oggi protestano per andare a scuola, appartiene allo stesso gruppo di adulti che li derideva quando manifestavano nel movimento 'Fridays for Future ', dicendo che lo facevano semplicemente per perdere un giorno di scuola. Insomma, verrebbe da dire che gli adolescenti li ami o li odi. Spesso chi fa il tifo per loro ne sta crescendo almeno uno, in casa propria, sotto il proprio tetto – osserva Pellai - E quindi ne conosce la fatica e la stanchezza, i bisogni e i desideri perché condivide tutto questo da mattina a sera, in una convivenza forzosa che a volte è anche molto penosa. Chi invece li critica quasi sempre non ne ha uno per casa”.
In questo momento, più ancora che in altri, gli adolescenti hanno bisogno di essere sostenuti e non criticati: “Quando stai crescendo, hai davvero bisogno di qualcuno che sappia stare dalla tua parte, anche se tu per primo fatichi a capire quale sia la 'parte giusta' in cui vuoi stare. Sentire il tifo di chi ti guarda muoverti nella partita della vita e gioisce della tua gioia e si intristisce per la tua tristezza ti aiuta a non sentirti solo e ti dà la spinta per rialzarti. Sempre e comunque”. La mobilitazione dei giovani oggi dà speranza ma nello stesso tempo il futuro preoccupa: “Gran parte dei nostri ragazzi e ragazze si rialzeranno e torneranno a mordere la vita con forza, desiderio, passione – immagina Pellai - Altri invece rischiano di vedere le loro fragilità farsi ancora più intense, più evidenti. Fanno bene i ragazzi e le ragazze a coalizzarsi, a dare voce ai loro bisogni, a dirci quello che loro si aspettano da noi, anche in tempo di pandemia. Stanno rivendicando il diritto ad avere una scuola in presenza e a tornare, con responsabilità, a sentirsi protagonisti attivi delle loro vite e non solo passivi obbedienti alle regole e alle prescrizioni che hanno fermato tutto, per loro”.
Gridare per “farsi spazio”: nulla di più civile
Ben vengano allora le proteste e le mobilitazioni: “Anche se il mondo ancora non sa se dare ragione alla loro voce e assecondare le loro richieste, è importantissimo che loro le gridino, le rivendichino, le mettano al centro delle nostre vite di adulti. Perché così facendo dimostrano che l’adolescenza è una fase della vita in cui se non ti danno spazio, provi tu a “farti spazio”. Non c’è nulla di più sano e vitale della protesta civile che gli adolescenti stanno mettendo in atto. E’ un diritto che stanno esercitando con enorme consapevolezza e civiltà. Sembrano molto più civili e consapevoli di tanti adulti che devono prendere le decisioni per loro e su di loro e che a volte paiono decisamente più immaturi, superficiali, impulsivi”.
Palude quindi, Pellai, ai ragazzi di Nembro: “Il loro 'Adesso basta!' è un monito e anche un invito a non smettere mai di lottare per ciò per cui vale la pena. Ho letto troppi giudizi frettolosi sugli adolescenti in queste ultime settimane. Forse invece di giudicarli, è arrivato il momento di ascoltarli”.
Chiara Ludovisi