Aborto. Morresi: “Il dibattito negli Usa è un’occasione per riflettere, andare avanti e cambiare direzione”
Può essere l’occasione per rimettere al centro il diritto della donna e dell’uomo, non certo per fare un salto all’indietro. Offre un’altra angolazione Assuntina Morresi, docente di Chimica Fisica all'Università degli Studi di Perugia, sul caso scoppiato negli Stati Uniti, riguardo alla legalizzazione dell’aborto. Una manciata di giorni fa, la redazione di Politico ha pubblicato un draft, una bozza, delle intenzioni che avrebbe la Corte suprema di rovesciare una sentenza che risale al 1973 e che da allora sancisce l’interruzione di gravidanza in maniera legale per le donne americane. Al Sir la professoressa Morresi spiega come la sentenza potrebbe significare invece uno spartiacque, al pari della guerra in Ucraina e della pandemia, per un cambio di direzione
Può essere l’occasione per rimettere al centro il diritto della donna e dell’uomo, non certo per fare un salto all’indietro. Offre un’altra angolazione Assuntina Morresi, docente di Chimica Fisica all’Università degli Studi di Perugia, sul caso scoppiato negli Stati Uniti, riguardo alla legalizzazione dell’aborto. Una manciata di giorni fa, la redazione di Politico ha pubblicato un draft, una bozza, delle intenzioni che avrebbe la Corte suprema di rovesciare una sentenza che risale al 1973 e che da allora sancisce l’interruzione di gravidanza in maniera legale per le donne americane. La fuga di notizie potrebbe essere una strategia montata ad arte per riaccendere il dibattito a stelle e strisce in vista delle elezioni di medio termine e sviare l’attenzione. Al Sir la professoressa Morresi spiega come la sentenza potrebbe significare invece uno spartiacque, al pari della guerra in Ucraina e della pandemia, per un cambio di direzione.
Sulla possibile sentenza che rovescerebbe negli Stati Uniti il diritto all’aborto, sostiene che non si tratti di un salto nel passato ma di un andare avanti. Perché?
Credo che non si possano cancellare gli ultimi 50 anni. Spero che il dibattito si concentri su ciò che è successo, capire cosa è veramente un diritto e quali sono i diritti basilari.
È un’occasione per riflettere. Lo giudico un evento spartiacque, così come la pandemia e la guerra in Ucraina.
La pandemia ci dice che il diritto dell’individuo non può prescindere dal fatto che le persone vivono in relazione con gli altri. La guerra ci chiede di capire ciò che è giusto e sbagliato, ci interroga su pace e libertà. Questa sentenza invece ci parla del diritto alla vita delle persone non nate. Tornare indietro significherebbe fare finta che non ci siano stati 50 anni di aborti mentre dobbiamo fare tesoro dell’esperienza.
Ripensare all’aborto significa secondo me andare avanti e cambiare direzione.
Come si potrebbe cambiare?
Bisogna andare verso una condizione in cui il diritto di una persona non può prescindere totalmente dalle sue relazioni, come quella speciale fra madre e figlio. Non si torna al passato ma si va avanti.Dobbiamo chiederci se il diritto all’aborto ha dato più libertà alle donne, se ha aumentato la loro possibilità di realizzarsi e se le donne sono più felici.
Una considerazione su questo andrebbe fatta. Non credo che il bilancio sia positivo.
Il tema dell’aborto divide anche nell’ambito scientifico dove coloro che sono a favore ricordano come la pratica legale sia più sicura per la salute delle donne.
Occorre abbandonare l’idea di ragionare solo in termini di aborto sicuro;
dobbiamo pensare, invece, come evitare l’aborto.
È la soppressione di una vita umana: dobbiamo mettere in campo le forze per evitare che avvenga. È poi evidente che le leggi sull’aborto non abbiano limitato l’interruzione di gravidanza: i dati dicono che gli aborti nel mondo, globalmente, nel tempo sono aumentati.
Da noi però il numero di aborti è sceso negli ultimi anni.
L’Italia è un’eccezione, ma sono comunque decine di migliaia le interruzioni ogni anno.
Anche da noi si sta sempre più scivolando verso ‘l’aborto fai da te’. E mi aspetto che anche chi è favorevole all’aborto legale sia d’accordo con me nel dire che l’aborto farmacologico sia interamente sulle spalle delle donne. È una modalità che allo Stato costa meno, perché fa uscire gli aborti dalle cliniche e li privatizza, portandoli “a domicilio”; indebolisce l’obiezione di coscienza perché le donne vanno in ospedale solo se ci sono complicazioni, e quindi tutti hanno il dovere di soccorrerle. E lascia sole le donne ad abortire a casa.Gli aborti comunque sono una percentuale delle nascite. Se calano i nuovi nati, calano pure le interruzioni.
E poi a differenza degli altri Paesi in Italia non c’è un mercato privato perché gli interventi possono essere svolti solo nel pubblico o nel convenzionato.
Sul monitoraggio dei dati abbiamo ancora del lavoro da fare?
La relazione al Parlamento sull’applicazione della 194 è fra le più complete al mondo riguardo ai dati presentati. Tuttavia la raccolta di informazioni sull’aborto farmacologico non è adeguata perché è costruita sull’intervento chirurgico.
In Piemonte ha sollevato polemiche la scelta di dare dei soldi alle donne che sono intenzionate ad abortire per sostenerle economicamente.
Ai politici e alle associazioni contrari chiederei:
se tutti siamo d’accordo nel dire che l’aborto è una grande ferita e un dramma, perché opporsi a sostenere economicamente le donne che abortiscono perché in difficoltà economiche?
Il tema dell’aborto viene sempre affrontato non nel merito ma giocando su schieramenti contrapposti e preordinati. Dovremmo avere il coraggio di guardare la realtà. Visto che è un fatto negativo per una donna abortire, perché non aiutarla a mettere al mondo il bambino, tanto più se è lei che lo chiede?
Elisabetta Gramolini