Tra screening del sangue e paura del domani. A cena coi Pfas
"Così, mentre sei seduto sulla poltrona dell’ambulatorio, intuisci che le domande del medico-ricercatore, riguardano la tua vita presente e forse, sopravvivenza futura"
A cena con un amico di Noventa Vicentina: «Ciao, ieri sono stato a fare lo screening per conoscere i miei valori di PFAS-PFOA nel sangue. I medici si sono sorpresi che il mio valore fosse 13.8 ng per ml su un valore da riferimento 1,15 e 8, assai più basso della media dei miei paesani che va dai 70 in su».
«Posso quindi dirmi fortunato, ma quanto vedo tutto ciò che sta accadendo attorno a me, dai bambini fino agli anziani, mi prende uno stato d’ansia come non l’ho mai avuto prima».«T’infilano l’ago e poi te lo tolgono, mentre dentro senti scorrere l’impotenza. Ho quarantasette anni e vivo dal ’92 nel Basso Vicentino, in tutti questi anni – con il filtro dell’acqua in casa da oltre un decennio-, non mi era mai stato chiesto da alcun medico: «Lei ha mangiato verdura del suo orto tra il 2012 al 2014? Ha bevuto acqua del rubinetto o in bottiglia? Ha un pozzo nel suo giardino?».
«Domande che possono sembrare banali, ma sai che queste domande sono oggi rivolte a oltre 130 mila persone, perché quella “banalità” ti può anche portare vicino alla morte». «Così, mentre sei seduto sulla poltrona dell’ambulatorio, intuisci che le domande del medico-ricercatore, riguardano la tua vita presente e forse, sopravvivenza futura. Strana sensazione davvero, che fatichi a immaginarla prima! In quella provetta di sangue finisce un po’ della tua esistenza passata e futura. Di ciò che sei stato o sarai, in una sorta di donazione forzata della tua normalità e quotidianità. Sai che sei lì per l’acqua (senza colpa) che hai bevuto (per colpa di altri), come semplice e quotidiano elemento. La stessa che ora (da oltre 30 anni), minaccia te, la tua famiglia e comunità».
«Mentre attendi i risultati delle analisi, senti che in circolo c’è già quella strana sensazione d’ansia per verdetto senza appello. Senti che hai dentro sostanze che non hai voluto, ma te le sei bevute. E come me, ci sono migliaia di persone, “attenzionate” e controllate da chi doveva garantire prima la nostra salute. Invece eccoci qua!».«Ora basta, siamo qui per una cena in compagnia. Perdonami lo sfogo, ma questa la chiamano normalità…»