Sud Sudan in bilico tra guerra e pace, la Chiesa si propone per mediare. Il vescovo Carlassare: “Riprenda il dialogo tra le parti”
Tensione crescente in Sud Sudan dopo l’arresto del vicepresidente Machar. I vescovi lanciano l’allarme: “Non lasciate che la terra torni a essere intrisa di sangue”. Mons. Carlassare al Sir: “La pace è fragile, serve subito un dialogo”

“La preoccupazione è tanta perché la pace è fragile e sempre a rischio. Ci auguriamo che il dialogo fra le parti politiche riprenda quanto prima perché la popolazione non diventi vittima delle tensioni di chi è al potere”. È il commento al Sir di monsignor Christian Carlassare, vescovo di Bentiu, in Sud Sudan. Sono giorni concitati e tesi nel Paese africano uscito solo nel 2018 da una violenta guerra civile che ha causato oltre 400.000 morti. Gli accordi di pace che avevano portato ad un governo composto dai due contendenti, Salva Kiir (presidente) e Riek Machar (primo vicepresidente) sono stati messi in discussione dall’arresto, la scorsa settimana, del vicepresidente Machar, della moglie e di una ventina di altri oppositori politici. La Commissione Onu incaricata di documentare le violazioni in Sud Sudan ha messo in guardia dal rischio di “un ritorno catastrofico alla guerra”, minacciando milioni di vite. La situazione è stata esacerbata anche dall’ingresso nel Paese di truppe e carri armati ugandesi in seguito ad una richiesta del presidente Kiir, per cui l’Onu ha chiesto alla comunità internazionale di agire rapidamente per “impedire al Sud Sudan di implodere e aggravare la volatilità di questa fragile ragione”. Nel testo preparato per l’Angelus Papa Francesco ha rinnovato il suo “appello accorato a tutti i leader perché pongano il massimo impegno per abbassare la tensione nel Paese. Occorre mettere da parte le divergenze e, con coraggio e responsabilità, sedersi attorno a un tavolo e avviare un dialogo costruttivo”.
Migliaia di persone in fuga. Nelle aree tra Sud Sudan ed Etiopia stanno già attraversando il confine migliaia di persone in fuga dagli scontri tra forze governative e gruppi armati. Dall’inizio di marzo 10.000 persone sono entrate in Etiopia, secondo l’Onu. Gran Bretagna, Germania, Norvegia e Stati Uniti hanno invitato i propri concittadini a lasciare il Paese. Anche l’Unione europea si è detta “profondamente preoccupata” per l’arresto di Riek Machar e ha ridotto temporaneamente la presenza del personale Ue. L’ex primo ministro del Kenia Raila Odinga è stato nominato dal presidente del Kenya William Ruto come inviato speciale per il Sud Sudan e sta tentando una mediazione.
L’allarme dei vescovi, “preoccupati per escalation violenza”. In questo contesto delicato si sono espressi i vescovi della Conferenza episcopale del Sudan e Sud Sudan: “Noi vescovi del Sudan e del Sud Sudan parliamo con una voce unica, preoccupati e allarmati dall’escalation di violenza e dal deterioramento del clima politico nel Sud Sudan”, affermano in un messaggio che porta la data del 28 marzo ed è firmato dall’arcivescovo di Juba e presidente della Conferenza episcopale, cardinale Stephen Ameyu Martin Mulla e da tutti i vescovi. “Il popolo del Sud Sudan ha sofferto troppo a lungo. La guerra ha portato via i loro figli, le loro case, il loro futuro, e ancora una volta le nubi oscure del conflitto si stagliano sopra la nostra nazione”, scrivono. “Fin dall’inizio di questa nuova crisi, la Chiesa ha costantemente chiamato alla moderazione, al dialogo e all’impegno per il rispetto dell’Accordo Revitalizzato per la risoluzione del conflitto in Sud Sudan (R-arcss)”, si legge nel messaggio. “Chiediamo ancora una volta al presidente Salva Kiir, a tutti i leader politici e alle parti dell’accordo, compreso il governo di transizione, di onorare i propri impegni nei confronti del popolo del Sud Sudan e resistere alla tentazione di tornare alle armi”, sottolineano.
I vescovi chiedono di “resistere ai discorsi d’odio, all’incitamento tribale e alla disinformazione, specialmente attraverso i social media.
Non lasciate che i vostri cuori si induriscano. Questa terra è vostra e dei vostri figli. Non lasciate che sia di nuovo intrisa di sangue”.
Durante una conferenza stampa che si è svolta sabato scorso nella capitale Juba il card. Mulla ha ribadito che la situazione attuale segna una tragica inversione del processo di pace. L’arcivescovo ha inoltre condannato il coinvolgimento dell’esercito ugandese in Sud Sudan, che sta solo peggiorando la situazione. “L’arresto dei leader dell’opposizione e il coinvolgimento di forze militari straniere, in particolare l’impiego delle Forze di difesa del popolo ugandese (Updf), hanno soltanto aumentato la paura e la sfiducia. Questi interventi rischiano di trasformare il nostro amato Paese in un campo di battaglia per interessi esterni e manipolazioni politiche”, ha aggiunto.
La Chiesa si propone come mediatrice. L’arcivescovo di Juba ha avvertito: se il Sud Sudan dovesse tornare a una violenza su larga scala, le conseguenze sarebbero devastanti: perdita di vite umane, collasso dell’unità nazionale e distruzione delle fragili istituzioni che potrebbero compromettere il futuro delle generazioni a venire. “L’abbandono politico dei poveri, dei sfollati, degli orfani e delle vedove non sarà dimenticato davanti a Dio”, ha sottolineato. Il messaggio si conclude con un appello a tutta la popolazione a non abbandonare la speranza e a lavorare per un futuro di pace.
La Chiesa si è detta pronta a mediare per il dialogo e ad essere voce per chi non ha voce,
invitando la comunità internazionale e tutte le persone di buona volontà a schierarsi contro la guerra.
Anche Caritas Sud Sudan esprime pieno sostegno alla Conferenza dei vescovi Cattolici del Sudan e Sud Sudan (Sscbc) nel lanciare un forte allarme riguardo l’intensificarsi della violenza e delle tensioni politiche nel paese. Caritas Sud Sudan rinnova il suo impegno a sostenere la pace e la riconciliazione nel paese, invitando tutti i cittadini e le autorità a lavorare insieme per un futuro più stabile e pacifico. Il Sud Sudan, indipendente dal 2011, è uno dei Paesi più poveri al mondo nonostante le sue ingenti risorse petrolifere.