Les Morts de la Rue: a Bruxelles la spoon river dei senza dimora
Un gruppo di volontari ha creato nella capitale belga una rete informale che si attiva ogni volta che un homeless muore per strada, al fine di garantire una sepoltura degna e coltivarne la memoria. Alcune “pietre d’inciampo” ne ricordano nomi. Un servizio della rivista di strada Scarp de’ tenis rivela che a Bruxelles i senzatetto sarebbero 10mila

L’idea nasce nel corso delle manifestazioni per la Giornata mondiale di lotta alla povertà del 2005, a Bruxelles. Un gruppo di persone senza dimora arriva con una finta bara e legge una lista di nomi di homeless morti. I partecipanti ammutoliscono e iniziano a riflettere. Secondo Servais, che lavora per la onlus Diogènes “è stato un momento di presa di coscienza – che ha portato alla creazione del collettivo – perché prima le persone senza dimora non morivano, semplicemente sparivano”. Oggi, invece, i volontari di Les Morts de la Rue hanno creato una rete formale e informale che li avvisa ogni qualvolta una persona che vive per strada (o che ci ha vissuto in passato) viene a mancare. A quel punto, parte la macchina organizzativa.
Ricostruire l’identità. Se non c’è un’identità chiara, il collettivo cerca innanzitutto di ricostruirla. Poi, avvisa i conoscenti, un’operazione che può essere delicata: “Alcune persone non hanno più contatti con la famiglia, per esempio. Poi ci sono le relazioni instaurate con gli amici durante la vita in strada e, molto spesso, anche quelle con operatori e professionisti impegnati nei servizi sociali”, spiega Servais.
Tutti, se ne hanno piacere, vengono invitati alla cerimonia di sepoltura che, qualora non venga organizzata dalla famiglia del defunto, viene gestita dal collettivo stesso.
“Può essere sia laica sia religiosa. Se sappiamo qual è la fede di chi è venuto a mancare, contattiamo i rappresentanti della sua religione presenti qui a Bruxelles”, dice Servais.
Una lotta per i diritti. Vent’anni fa, i diversi Comuni che compongono la città di Bruxelles erano restii a condividere le informazioni relative alla sepoltura delle persone decedute mentre vivevano per strada, in parte perché non conoscevano ancora bene il collettivo, in parte perché spesso la mancanza di una cerimonia rende le operazioni più veloci, per quanto meno umane. “Oggi va meglio, anche se c’è sempre un po’ da contrattare”, sottolinea Servais. Il merito è anche delle attività di sensibilizzazione che Les Morts de la Rue svolge.
In particolare, una volta all’anno, il collettivo organizza un evento ospitato nella sala principale del Municipio di Bruxelles, un imponente edificio nella centralissima Grand-Place.
“Leggiamo tutti i nomi delle persone scomparse nel corso dell’anno e le ricordiamo anche grazie all’operato di artisti che realizzano poesie o piccoli oggetti in loro memoria”, aggiunge Servais. Il collettivo ha trovato anche un luogo-simbolo delle sue attività: è un albero a pochi passi dalla Grand-Place, dove gli oggetti artistici, una volta conclusa l’iniziativa in Municipio, vengono appesi ai rami.
Troppi morti in strada. L’evento si tiene ogni anno a maggio e nel corso dell’ultima edizione si sono ricordate 82 persone, 3 in più dell’anno precedente e 12 in più rispetto al 2020. Ma questo dato non è completo, poiché il collettivo non è a conoscenza di tutti i decessi. “La cifra di 82 è troppo alta e aumenta ogni anno. Non è una questione di coincidenza, ma di politica. E possiamo fare qualcosa”, ha dichiarato in quell’occasione alla tv belga-fiamminga Vrt Margot De Clerck, operatrice di strada di Diogènes e collega di Servais. Le vittime, ha continuato De Clerck, “sono tutte persone che hanno dovuto lottare con la condizione di senza dimora e per le quali questo ha avuto un impatto molto significativo sulla loro vita”.
Un impegno “politico”. Il valore dell’impegno di Les Morts de la Rue è quindi anche fortemente politico: serve per intraprendere azioni mirate, che non lascino morire in strada le persone. Servais, però, dopo oltre dieci anni al servizio del collettivo, ci tiene a precisare un altro aspetto sul quale questa esperienza l’ha fatta riflettere. “La gente – conclude – può essere portata a pensare che quando muore un homeless nessuno è triste. E invece vedo quotidianamente che le persone che vivono per strada hanno tante relazioni, intorno a loro c’è anche tanto amore”.
Nella capitale belga 10mila homeless. Cinque anni fa erano la metà
A Bruxelles la presenza delle persone senza dimora è evidente. Materassi nella metro, tende nei parchi, ripari di fortuna creati con cartoni e plastica sotto i portici degli uffici. Quante siano in totale non è chiaro, ma secondo le organizzazioni che vi lavorano sono in netta crescita. “Possiamo dire che il numero di persone che si rivolgono alla nostra associazione è raddoppiato in 5 anni”, afferma Charly Vetro di Cœur S.D.F., che offre pasti gratuiti. Il numero delle persone senza dimora, a Bruxelles, viene aggiornato ogni due anni, grazie a un censimento notturno che, lo scorso novembre, ha coinvolto più di 400 volontari. L’operazione precedente aveva contato 7.134 persone tra chi dorme all’addiaccio e chi in altre situazioni, dalle case occupate ai centri di accoglienza. Il numero era comunque in aumento del 18,9% rispetto al 2020. I risultati del nuovo censimento arriveranno non prima di giugno. “Stimiamo che il numero di senzatetto sia in crescita di circa il 20% ogni anno, e temiamo che nel 2025 sarà vicino a 10mila”, ha spiegato alla tv belga-francese Rtbf Eva Salman, che lavora all’iniziativa.
Paolo Riva (*)
(*) Scarp de’ tenis
[Il servizio è pubblicato sul numero di aprile di Scarp de’ tenis]