Gli stranieri rubano il lavoro? Falso. Guadagnano meno di noi? Vero

La fotografia della situazione in Italia e in Europa nel secondo rapporto annuale dell’Osservatorio sulle migrazioni. I paesi con una forza lavoro più qualificata attraggono anche immigrati con maggiore istruzione. Italia maglia nera. A parità di occupazione il divario salariale è persistente negli anni.

Gli stranieri rubano il lavoro? Falso. Guadagnano meno di noi? Vero

I paesi con una forza lavoro più qualificata attraggono anche immigrati con maggiore istruzione.
Al contrario, paesi come l’Italia, che hanno una forza lavoro autoctona con il tasso di istruzione universitaria tra i più bassi in Europa (19 per cento nel nostro paese), hanno anche il più basso tasso di istruzione universitaria tra gli immigrati fra tutti paesi Ue (14 per cento).

A sottolinearlo è il secondo rapporto annuale dell’Osservatorio sulle migrazioni “L’integrazione degli immigrati in Italia e in Europa”, promosso dal centro studi Luca d’Agliano e dal collegio Carlo Alberto.

Secondo il report l'Italia oggi non è un Eldorado per chi si muove per motivi di lavoro, e in particolare per chi spera in un'occupazione qualificata.
Nello specifico, lo studio sottolinea come in Ue l’immigrazione oggi sia ancora un fenomeno fortemente intraeuropeo.
Nonostante l’attenzione mediatica, specialmente nel nostro paese, sia focalizzata sugli arrivi via mare, gli immigrati residenti in Europa sono in maggioranza di origine europea. Su 51 milioni totali (il 10 per cento di tutta la popolazione): il 38 per cento è originario di un paese dell’Unione e il 17 per cento di un paese europeo fuori dall’Ue. Mentre il 23 per cento dei migranti è nato in Africa o Medio Oriente, il 12 per cento in Asia e l’11 per cento in America o Oceania.

Inoltre, la ricerca mette in risalto come nell’Unione, in media, gli immigrati abbiano un tasso di occupazione di 7.2 punti percentuali inferiore a quello dei nativi.
Il divario è particolarmente evidente in alcuni paesi come l’Olanda e la Svezia che si attestano sui 17 punti percentuali di scarto, la Germania e la Francia. Diversa la situazione nei paesi meridionali: in Italia lo scarto è dello 0,7 per cento, ma – spiegano i ricercatori – va sottolineato che nel nostro paese il tasso di occupazione è particolarmente basso anche per gli autoctoni (65 per cento). Per cui, gli immigrati non hanno una probabilità di occupazione più elevata che altrove in termini assoluti, ma solo rispetto ai nativi.

Ma l’Italia si contraddistingue anche per altre peculiarità.
Innanzitutto il livello di istruzione degli immigrati è il più basso tra quelli riscontrati nei paesi europei, e questo riflette quello dei nativi. "Il livello di istruzione dei nativi riflette il tipo di domanda di lavoro che c'è nel paese – spiega Tommaso Frattini, curatore della ricerca – dove c’è una domanda di lavoro più elevata i nativi hanno un livello di istruzione più elevato, non solo ma anche i migranti qualificati tenderanno ad andare in questi paesi".
Da questo punto di vista, dunque, il nostro paese è lontano dall'esser considerato un Eldorado. Tutt'altro.

Lo studio evidenzia, inoltre, che italiani e stranieri hanno livelli di occupazione simili (65 per cento e 64 per cento) anche se dal 2009 al 2017 il tasso di occupazione degli autoctoni è cresciuto di 1,5 punti percentuali, mentre quello degli immigrati è diminuito di 4 punti.
Questo peggioramento è legato, in particolare, al deterioramento dei tassi di occupazione delle donne. Ed è legato al fatto che i canali di ingresso per motivi di lavoro sono praticamente chiusi. Gli arrivi sono legati a motivi umanitari o a ricongiungimenti familiari. Non solo, secondo la ricerca, il divario nel tasso di occupazione tra immigrati e nativi è superiore a 40 punti percentuali per gli immigrati appena arrivati in Italia, ma si azzera entro il sesto anno di residenza. L’assimilazione occupazionale è, dunque, abbastanza rapida.

Nonostante questo, però, in media nel 2017, i redditi netti mensili degli immigrati sono inferiori del 26 per cento rispetto a quelli degli italiani, e il divario salariale persiste anche a parità di occupazione.
"Dai dati si deve chiaramente che ci sono segmenti diversi del mercato lavoro che vengono occupati da autoctoni e stranieri e che i salari dei migranti sono più bassi perché si concentrano in occupazioni meno retribuite – continua il ricercatore – Questa differenza salariale è evidente in Italia e in altri paesi. Spesso anche a parità di qualifiche, ci sono compiti e retribuzioni differenti". Secondo il report due anni dopo il loro arrivo gli immigrati guadagnano in media il 12 per cento in meno rispetto a nativi simili impiegati nella stessa occupazione, il divario rimane ancora al 9 per cento anche dopo vent'anni.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)