Clima, l’Italia spezzata in due. I tecnici avvertono: occorre rendersi conto che tutto sta cambiando
Dobbiamo abituarci a vivere in un Paese diverso. Peccato che in tema di cultura della prevenzione si faccia fatica ad andare avanti e ad ogni livello
“Vigneti franati e cantine sott’acqua, campi allagati e danni alle strutture. Sono gli effetti dell’ondata di maltempo che ha colpito il Centro Nord con l’allerta meteo rossa in Lombardia e arancione e gialla in altre sei regioni”. Lo ha scritto qualche giorno fa in una nota Coldiretti che ha aggiunto: “Dall’inizio dell’anno sono oltre 3100 gli eventi estremi che hanno colpito l’Italia tra nubifragi, grandinate, tempeste di vento e tornado. Si tratta del 10% di quelli registrati sull’intero territorio dell’Unione Europea”. Eppure, un’altra parte significativa del nostro Paese continua a vivere una siccità come non se ne vedevano da decenni. Effetti del clima che cambia, dicono gli esperti che, subito dopo, sottolineano come occorra mutare radicalmente modi di vita e di produzione.
La mappa aggiornata della situazione (anche se ogni giorno può accadere qualcosa di nuovo) è stata compilata dalla Associazione nazionale di consorzi di bonifica e irrigazione (Anbi) il cui presidente, Francesco Vincenzi, dice: “L’unico dato certo è che l’Italia meteorologica è spezzata in due: un Nord flagellato dal maltempo ed un Mezzogiorno ancora alle prese con una siccità senza precedenti”. E non solo, perché a saltare pare siano ormai gli stessi metodi di rilevazione e previsioni di quanto accade. “Il consolidarsi della crisi climatica – spiega il vertice di Anbi – è caratterizzato da una repentina variabilità atmosferica, che sta rendendo inadeguati i parametri statistici e previsionali finora in uso”.
Quindi? Che fare?
I tecnici parlano di “politiche di adattamento”, un modo per dire che servono forti investimenti oltre che un cambio di passo. Nuove infrastrutture idrauliche, ma anche innovativi concetti urbanistici ed edificatori oltre che la necessità di ripensare i cicli colturali nelle campagne. Detto in altri termini, dobbiamo abituarci a vivere in un Paese diverso. Peccato che in tema di cultura della prevenzione si faccia fatica ad andare avanti e ad ogni livello.
Intanto, acqua e secco si alternano. E sconvolgono i territori. Per capire meglio, basta rileggere quanto sintetizzato pochi giorni fa. “Mentre l’uragano Milton flagella la Florida ed in attesa delle conseguenze dell’arrivo del ciclone Kirk sull’Europa (sul mare Atlantico si muove anche l’uragano Leslie), violente raffiche discendenti di vento (downburst) e nubifragi hanno colpito soprattutto i territori del Nord-Ovest e la Toscana, creando allarme idrogeologico su vasti territori: dalla Val di Susa al Lecchese, dalla Garfagnana alle Alpi Marittime. A preoccupare è ora l’ormai prossimo scontro tra le violente correnti atlantiche fredde e quelle mediterranee ancora calde (la temperatura del mare permane sopra i 20 gradi con punte di 28° lungo le coste libiche)”. Cronaca quasi da film a cui si accompagnano descrizioni più puntuali di singoli territorio. Oltre la cronaca, basta sapere che al nord i livelli dei grandi laghi sono sopra le medie stagionali con il Maggiore, che ha raggiunto il colmo. In Lombardia gli abbondanti apporti pluviali hanno innalzato in modo preoccupante i livelli dei fiumi. Così in Liguria i fiumi sono in rapida crescita. E surplus idrici notevoli si registrano nei fiumi del Veneto.
La situazione va progressivamente cambiando, scendendo verso Sud. In Umbria, il lago Trasimeno continua a decrescere; nel Lazio si aggrava la condizione del lago di Albano. Certo, in Abruzzo il mese di settembre è stato più piovoso del consueto e in Campania crescono le portate dei fiumi, ma in Basilicata, il bacino della diga in terra più grande d’Europa (Monte Cotugno) perde quasi 5 milioni di metri cubi alla settimana. Mentre in Puglia si riducono ulteriormente le riserve idriche nella Capitanata e la grande diga di Occhito, tra Puglia e Molise, è al 14% della sua capacità. Gran secco anche in Calabria; insieme alla Sicilia continua, infine, la crisi idrica in Sardegna.
I coltivatori diretti per sintetizzare la situazione buttano lì un numero: i danni dovuti dai cambiamenti climatici tra siccità e nubifragi sono arrivati alla cifra di 8,5 miliardi di euro.