Sinodo. Un “viaggio” in cui si è raccolto molto. Cosa ci aspetta ora
In termini di relazioni, stile, crescita personale e comunitaria... Forse si è osato troppo poco? Sicuramente non ci si può fermare qui
Sono davvero tante le persone che – in tempi diversi – si sono spese nel cammino sinodale della Chiesa di Padova. Anche ad alcune di loro abbiamo chiesto quali “elementi interessanti” hanno raccolto. «I tre incontri vissuti nel gruppo di discernimento – racconta Bertilla Siviero, che l’ha moderato nella sua parrocchia di Sant’Urbano – sono stati un’opportunità di crescita personale, spirituale e comunitaria. Fondamentale è stato l’essersi presi un po’ di tempo per pregare insieme, per riflettere, per condividere fraternamente e arrivare a una sintesi comune. Il tutto in piena libertà, senza sentirsi giudicati e nel rispetto reciproco. Questo ha permesso di accrescere la conoscenza e la fiducia tra noi. Quando ci si incontra alla luce della Parola di Dio e si mette in gioco se stessi, si cresce spiritualmente sia come singoli che come comunità». Insieme ai componenti del gruppo di discernimento, Bertilla – che ha sentito importante, in particolare, la riflessione sull’identità e i compiti dei fedeli laici e sulla consapevolezza della dignità battesimale – si è sentita «parte attiva della Chiesa e certa che abbiamo dato un contributo al cambiamento della nostra Chiesa di Padova, ma anche di quella universale». L’elemento che mi ha accompagnato – racconta Federica Spolverato, unità pastorale di Bastia, Carbonara e Rovolon – relatrice in una commissione di studio e di uno dei gruppo di lavoro dell’Assemblea sinodale – è stata una dimensione di grande ascolto e apertura all’altro come arricchimento e occasione di confronto. Pur essendoci stati momenti e argomenti in cui ci siamo trovati ad avere idee molto diverse, determinate da età, esperienze di vita e provenienze geografiche varie, il rispetto e l’attenzione per quanto detto e vissuto dagli altri componenti del gruppo è sempre stato alla base delle interazioni tra le persone. Questo ha permesso di toccare con mano ancora una volta e in maniera sempre più concreta la complessità che caratterizza la nostra Diocesi, nella quale camminano insieme territori con storie, abitudini, vissuti e modalità molto diverse tra loro. Il vero punto di cambiamento che questo Sinodo potrà portare sarà proprio la capacità di fare sintesi tra tutta questa complessità, guardando a ciascuna realtà e sapendola valorizzare». «Come quando si fa un viaggio: così è stato il Sinodo per me – evidenzia Viviana Ranzato, San Pietro Viminario, membro della commissione preparatoria, coordinatrice di un gruppo di studio e relatrice di un gruppo di lavoro dell’Assemblea sinodale – C’è stata la parte organizzativa; si è formato il gruppo con cui condividere l’esperienza; si è partiti pieni di entusiasmo e con la fame di straordinarietà e poi si è tornati con il desiderio di ordinarietà. È stata un’esperienza di certo indimenticabile, profetica, elettrizzante, ma anche faticosa e, forse, un po’ scoraggiante». Quali sono gli aspetti interessanti emersi? «Ne faccio un elenco impreciso, disordinato, anche sfilacciato, come quando raccogli ricordi di un viaggio appena terminato: 1. preparare un Sinodo è una cosa seria: bisogna studiare, ascoltare, confrontarsi, azzerare i pregiudizi. Ci vuole tempo e competenza. Quando si aprono delle questioni in parrocchia si tende a voler risolvere subito, ma difficilmente studiamo, ascoltiamo, ci confrontiamo e azzeriamo i pregiudizi. È bello pensare che più teniamo a qualcosa, più ci dobbiamo preparare al meglio per farla bene; 2. leggere le pagine degli spazi di dialogo e dei gruppi di discernimento è stata un’occasione di umiltà e un pretesto per accorgersi che ci sono infiniti modi per fare Chiesa. Ce n’è qualcuno di sbagliato? C’è un modello da condividere? Ci si deve uniformare? Mi pare che il focus emerso da quelle letture sia stato il bisogno di sentirsi Chiesa: di tutti, umile, aperta, non giudicante, misericordiosa. Chiesa di Cristo; 3. Lo stile della sinodalità ha coinvolto tutti: laici impegnati, cristiani tiepidi, lontani guardinghi, presbiteri scoraggiati, giovani abbandonati. Ci siamo incontrati, anche nelle case; abbiamo parlato tanto; abbiamo lavorato con e su strutture orizzontali, dimenticando (o accantonando?) lo stile verticale; si è data la parola a chi non l’aveva mai avuta; abbiamo riscoperto l’arte della narrazione e dell’ascolto: abbiamo sperimentato forse il modo di fare ed essere Chiesa dei primi cristiani, dove, mentre si ascoltava, si faceva esperienza di comunione. Che sia questa la strada da percorrere quando ci si sente abbandonati e i banchi delle nostre chiese sono vuoti?; 4. il mondo femminile legge la natura e la storia con criteri e sensibilità diverse dagli uomini (laici, presbiteri), quindi agisce con approcci diversi e trae conclusioni anche desuete, ma forse più dense, umanitarie ed esistenziali. Nella Chiesa non si riesce ancora a valorizzare questo contributo, nonostante i tentativi di papa Francesco e le esigenze-urgenze del tempo presente. Il Sinodo di Padova ci ha provato, ma la strada della trasversalità vissuta, apprezzata e integrata è ancora lontana. Le donne devono ancora dire tutte le loro parole di salvezza dentro la nostra Chiesa. Il Sinodo ha dato il via, sta a noi tutti lasciare alle donne il posto che a loro spetta; 5. per cambiare le cose ci vuole coraggio. È l’imprevisto che porta la creatività nella vita delle persone. Gestire l’inatteso significa allontanarsi dalla strada maestra, navigare a vista. Ma per farlo bisogna levare l’ancora. Trovarsi in mare aperto può essere pericoloso, ma insieme ci si fa forza. Ecco, mi è capitato di pensare che in questo Sinodo non abbiamo avuto il coraggio sufficiente per levare l’ancora: ci siamo affidati a decisioni rassicuranti, a proposte non allarmanti, a soluzioni mai dissonanti. L’esperienza della fede cristiana per me, invece, è sempre forte, appassionante, coraggiosa e nulla teme se Dio è con me. Interessante per me è stato capire che noi, per certi versi, non ce l’abbiamo fatta. Qualcun altro ci riuscirà».
livello personale, sono state di fondamentale importanza le relazioni – sottolinea Anna Marinano, parrocchia di Cristo Re, relatrice di una commissioni di studio e di uno dei gruppi di lavoro dell’Assemblea sinodale – Ho conosciuto persone di grande spessore... Per me questo è stato di grande aiuto sia perché mi sentivo libera di dire la mia e allo stesso tempo gli interventi degli altri li vivevo come un modo per aggiungere idee/ suggerimenti a quello che pensavo su un dato argomento. Aver vissuto il cammino sinodale praticamente dall’inizio mi ha solo che arricchito nel mio percorso personale di vita e di fede». Se ci si sofferma a pensare quali elementi interessanti ha portato il Sinodo, «visti come elementi di cambiamento o scelte drastiche... non ce n’è nessuno! Più facile sottolineare le criticità e cosa non ha funzionato, dire “mi aspettavo altro” o “quindi non avete deciso nulla”... Ma il Sinodo c’è stato, la Presidenza, la segreteria hanno fatto un lavoro eccelso e quindi, sì ci sono elementi interessanti che possono portare a buoni frutti, basta crederci, mettere da parte le critiche ed eventuali rammarichi e come Chiesa (cioè ognuno di noi) essere pronti a vivere dei cambiamenti, essere noi i promotori e non solo aspettare». Anna riporta alcune “cose significative” emerse nel suo gruppo di lavoro in Assemblea: «i “gruppi della Parola” visti come esperienza di comunione nella comunità. Una coppia di fidanzati? Cammina all’interno di questi gruppi. Un adulto chiede di ricevere i sacramenti? Fa esperienza in questi gruppi. Altro elemento importante la nascita delle equipe battesimali come nuova modalità di vivere le comunità parrocchiali. Elementi interessanti ce ne sono, basta crederci e aver voglia di fare bene all’interno delle nostre comunità».