Sinodo dei Giovani. Camaleonti o volpi?
Continua il commento della lettera che i giovani hanno inviato alla comunità diocesana di Padova al termine del sinodo diocesano che li ha visti protagonisti negli ultimi due anni. Suor Jessica Soardo commenta qui il 4° capitolo del testo.
suor Jessica Soardo
Figlie di Maria Ausiliatrice
Rettile squamato, capace di cambiare colore a seconda di dove si trova, dotato di lunga lingua appiccicosa pronta alla cattura di piccole prede, due occhi grandi in grado di roteare in direzioni tra loro diverse: questa la descrizione di un camaleonte, insomma un mostro.
Nel 4° capitolo del documento conclusivo del Sinodo di Padova, Vivere la fede negli ambiti di vita, i giovani dicono un no chiaro a una vita da camaleonti, insipida e priva di una propria identità, e al tempo stesso non nascondono la fatica reale della coerenza e della testimonianza di vita cristiana, ovunque.
Contro chi spesso li critica come spavaldi e apatici, qui si dichiarano invece fragili e assetati. Non solo, ma sempre questi stessi giovani si sono rivelati delle vere volpi, astute e coraggiose: sì, perché con "santa" furbizia ci confidano la loro sete e il loro desiderio di Verità, ma al tempo stesso scalzano noi, mondo degli adulti, chiedendoci di essere adulti per davvero, di destarci dalla pigrizia del fare per scegliere l'audacia dell'essere e dell'esserci insieme a loro: «dimostrami come si sta al mondo da cristiani, dimostramelo a lezione, all'università, al cantiere, al bar, alla partita, in piazza... fammi vedere come e soprattutto che è possibile!».
Il Vangelo non scorre forse di scena in scena nella casa feriale di Nazareth, nella casa degli amici a Betania, lungo le rive tanto care ai pescatori, per strada, insomma là dove la gente vive l'ordinario più ordinario, oltre che al Tempio? I giovani, in sintonia con papa Francesco, non ci staranno forse lanciando un appello a ritornare a Gesù e alla missione che ci affida, a stare in mezzo alla gente là dove la gente sta e a farlo non come osservatori o poliziotti ma come entusiasti compagni di viaggio, acuti e intelligenti?
Questi giovani ci hanno un po' incastrato, dobbiamo ammetterlo, e siamo ora tutti noi (proprio tutti: parroci, genitori, insegnanti, catechisti, religiosi...) a dover riflettere: camaleonte o volpe? Ovvero: cristiani un po' annoiati e trasmettitori part-time di pillole di vita cristiana oppure gente che cerca, che prega, che studia, che dona, che vuol stare al passo, che incontra e insegna a incontrare, che fa quello che dice, che ci sta alla proposta di vita alta del Vangelo?
Il vescovo Claudio non ha trovato camaleonti, ma volpi che non si sono lasciate sfuggire l'occasione di prendere la parola. Ora tocca a noi: impallidiamo e cambiamo colore o ci rimbocchiamo le maniche?