"Quello che possiamo imparare in Africa. La salute come bene comune". Presentato presso Medici con l’Africa Cuamm il libro di don Dante Carraro
È stato presentato oggi presso la sede di Medici con l’Africa Cuamm “Quello che possiamo imparare in Africa. La salute come bene comune”, un libro di don Dante Carraro, con Paolo Di Paolo, edito da Laterza. La storia e il presente dei 70 anni del Cuamm attraverso gli occhi e l’esperienza del suo ultimo direttore e di un giovane scrittore, voce riconosciuta del dibattito culturale italiano. La messa a fuoco di un modo di intendere la cooperazione sanitaria internazionale che ha al centro la “cura”: delle persone, dell’impiego delle risorse, dei risultati. Perché in Africa c’è tanto da fare, ma anche tanto da imparare.
Presenti alla conferenza stampa di presentazione il Vescovo di Padova e Presidente del Cuamm S. E. Mons Claudio Cipolla, il direttore del Cuamm don Dante Carraro e il giornalista Piero Badaloni, amico del Cuamm e volto dei tanti Annual Meeting dell’organizzazione. Collegati da Roma l’editore Giuseppe Laterza e lo scrittore Paolo di Paolo.
«Il senso di questo libro sta nel titolo e cioè che la vita ti apre alla vita, e anche l’Africa ti restituisce tanta vita – ha dichiarato don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm. Mi fa male quando sento che l’Africa è considerata una sorta di bidone della spazzatura, una disgrazia che ci è capitata vicino a casa. Invece l’incontro con l’Africa quel “con” diventa lievito: è quello che succede quando hai incontri veri con le persone, vicine e lontane non c’è differenza. Credo sia un po’ come una relazione di amore. Parti perché senti un desiderio che poi si trasforma in dovere nei confronti della giustizia, nei confronti del Vangelo di cui ti nutri tutti i giorni. Impatti con un continente che è pieno di limiti e di difficoltà, ma è anche capace di trasferiti tanta innovazione, tanta vitae fiducia. Un senso del futuro che l’Africa ti trasmette visceralmente anche solo per il fatto che il 50% della popolazione è sotto i 20 anni. In Africa è un continuo imparare e costruire insieme».
E il Vescovo Claudio Cipolla, richiamando le parole di don Dante, ha sottolineato: «Potemmo prendere questo impegno: trasferire questo entusiasmo, questo amore alle nostre comunità, alla società civile, al nostro territorio, al nostro Stato. Dobbiamo acquisire un interesse condiviso per coloro che sono nella sofferenza. Credo sia importante creare questo contesto sociale che si occupa della promozione di altri che hanno bisogno e lo colgo anche nel libro, riferito all’Africa, ma spererei che si potesse rivolgere anche a noi qui in Italia. Le nostre comunità si devono occupare di chi è nella sofferenza, nella povertà e nella disuguaglianza. Vivo il Sinodo – ha proseguito il Vescovo Claudio – soprattutto la fase dell’indizione, della sensibilizzazione come tempo in cui rendiamo conto del cammino che abbiamo compiuto, dei passi, delle evoluzioni, dei germogli, le rotture che ci sono state nel tempo trascorso. In questo cammino il Cuamm è stato uno degli elementi che ci ha arricchito, insieme anche con l’Opsa. Noi ci riconosciamo molto in questo cammino di indipendenza delle nostre realtà e che trovo anche molto come spirito del Cuamm che si presenta nella realtà africana con l’intenzione di promuoverla, non di possederla. Allora sinodo per me vuol dire arricchirci del passato, di queste esperienze e con quella luce vuol dire anche guardare alla situazione attuale per vedere quali saranno i passi che ci devono guidare nei prossimi tempi».
«Con Dante Carraro ci siamo trovati subito nell’idea che questo libro fosse un racconto – ha detto l’editore Giuseppe Laterza – ma anche una proposta di valori e di idee e rileggendolo in questi giorni la cosa che mi colpisce di più è che non è solo un libro che ci aiuta a conoscere questo straordinario continente nei suoi problemi e nelle sue potenzialità, e non è neanche solo un libro che, come recita il sottotitolo, pone un tema fondamentale da sempre del Cuamm, ma oggi è evidente a tutti che la salute è qualcosa che ci tiene insieme, non ci si può curare una parte del mondo lasciando gli altri indietro. C’è un’espressione che usa don Dante, quando parla di Canova, di Mazzucato, quando parla di cavalieri del bene, è una bellissima espressione: questo è un libro di comunità, dove un protagonista come Dante Carraro, tiene insieme tutta questa comunità, di africani, di italiani, di persone, e quindi è stato un incontro umano e personale, ma è stato anche, per me, un’occasione per attraversare un tema difficile, di cui in Italia non ci occupiamo mai abbastanza, non se ne occupano i media, non ce ne occupiamo noi editori, e però è un tema fondamentale per noi, non solo per loro, è un tema per far crescere noi, per diventare migliori».
Da parte del co-autore Paolo di Paolo, questa sottolineatura: «Il libro non è un’intervista in senso stretto, è un libro scritto insieme, che nasce da conversazioni fatte a lungo, appunti, registrazioni, sbobinature. Una cosa su cui abbiamo investito molto è stata quella di raccontare delle storie, cioè di usare don Dante e la sua esperienza come un’esperienza fatta di vite, di persone, di gente incontrata che siano medici, infermiere, infermieri, ostetriche, malati. Persone in carne ed ossa, non personaggi astratti, ma mani strette e occhi visti veramente da vicino. A partire dal viaggio in Uganda fatto insieme questa esperienza per me è stata una scuola a cielo aperto, nel senso che la tua grammatica salta, saltano i tuoi schemi, saltano le tue presunzioni, salta un po’ tutto, anche i cliché e i luoghi comuni e impari tantissimo. Grazie a questo libro ho imparato a leggere la realtà contemporanea in modo diverso. Tornati da quel viaggio si cominciava a sentire parlare di Wuhan e poi il nostro mondo è stato sconvolto. L’ultima parola di questo libro è “guarire”, l’ultima frase è “la speranza di guarire”. È proprio il tema della salute come bene comune che ha nella speranza di guarire il suo perno ultimo e definitivo. In fondo questo è un mondo che vive sempre la speranza di guarire. Questo è quello che possiamo imparare in Africa».
Fonte: Cuamm