Padre Christian torna finalmente a Rumbek. Il 25 marzo sarà consacrato vescovo
25 marzo. Nel giorno dell’Annunciazione il comboniano di Piovene verrà consacrato vescovo nella sua Chiesa in Sud Sudan e riprenderà il cammino interrotto dall’attentato dello scorso aprile. Questa domenica il saluto alla sua parrocchia, nei giorni successivi la partenza
Venerdì 25 marzo, padre Christian Carlassare sarà consacrato vescovo a Rumbek, la Chiesa sud sudanese di cui diventerà a tutti gli effetti pastore per volontà di papa Francesco. Il missionario comboniano 44enne di Piovene Rocchette saluta la sua parrocchia d’origine questa domenica alle 10.30 per poi trasferirsi a Roma da dove nei giorni successivi volerà nel giovanissimo e martoriato Paese africano. Il brutale attentato avvenuto nella notte tra il 25 e 26 aprile scorsi non ha dunque fermato il disegno della Provvidenza. Con dieci mesi di ritardo, Rumbek avrà il suo vescovo e si aprirà una nuova pagina nel cammino della Diocesi.
Padre Christian, con quale spirito attende l’ordinazione dopo tutto quello che è successo?
«Con rinnovata fiducia e ulteriore affidamento a Dio, lui è in controllo di tutto, tutto è diretto al bene nostro e della comunità di cui facciamo parte, anche quando la realtà si fa difficile e davanti a noi si presentano sfide complesse. Sono consapevole che a Rumbek c’è una Chiesa che mi aspetta, questo è stato un tempo di grande attesa in cui in molti mi hanno fatto sentire calore, mi hanno chiesto di tornare e di non cedere alla paura. C’è una Chiesa che rimane in cammino, anche di fronte alle ostilità, e che cerca un pastore per accogliere insieme le responsabilità: non sono solo in questa missione».
Quale Chiesa si aspetta di trovare?
«Troverò una Rumbek allarmata da quello che è successo e quindi più attenta, vigilante. La sfida ora è comprendere insieme che tutti noi siamo chiamati a essere protagonisti del percorso che si apre verso un futuro in cui evitare quanto più possibile tutto ciò che può dividerci. Una Chiesa meno frustrata e assuefatta a una situazione insoddisfacente.
In questi undici mesi dall’attentato ho visto un’attiva partecipazione del clero, dei religiosi e degli agenti pastorali laici, tutti pronti a creare le condizioni per ripartire insieme, cercando di chiarire le situazioni poco chiare nella diocesi per ripartire con nuovo slancio nell’opera di evangelizzazione, che si concretizza anche nei servizi per la promozione umana: Caritas, istruzione e sanità. Particolare attenzione viene data ai giovani che rappresentano una larga maggioranza della popolazione e della nostra assemblea cristiana». Un progetto degno di nota è quello legato alla radio diocesana, Good news radio, dove molti giovani trovano uno spazio di espressione e formazione.
È nata dentro uno progetto più ampio che interessa tutte le Diocesi del Sud Sudan in seguito alla canonizzazione di Daniele Comboni nel 2003. Uno strumento importante in una Chiesa ampia quanto Lombardia e Triveneto insieme, abitata da un milione e mezzo di abitanti di cui il 15 per cento cattolico (il resto protestante o legato alla religione tradizionale) organizzato in 16 parrocchie che di fatto si configurano come missioni vastissime, ciascuna delle quali è composta da comunità (da 20 a 50) animate da ministri laici. Il grande impegno della Diocesi sul fronte dell’evangelizzazione riguarda la formazione di agenti pastorali laici tra cui anche catechisti e la redazione o traduzione di materiali che viene fatto presso il centro catechetico diocesano.
Importante è anche l’azione a favore della Riconciliazione in un contesto in cui i conflitti fra tribù e tra i clan della singola tribù avvengono molto spesso. Durante l’episcopato di mons. Cesare Mazzolari (ultimo vescovo di Rumbek, fino al 2011) è nato un Trauma Healing Center, per formare agenti pastorali in grado di intervenire e favorire la cura del trauma causato dal conflitto. La diocesi ha poi una commissione di giustizia e pace che segue in diversi comitati nelle parrocchie per integrare questo ministero specifico nella pastorale ordinaria. Non si può infatti evangelizzare senza favorire la pace.
Come percepisce l’attentato di cui è stato vittima a distanza di mesi?
«Lo considero una ferita nel mio corpo che dimostra quanto la Chiesa e la gente di Rumbek sia ferita. Il trauma del conflitto e la frustrazione spingono la gente ad esprimersi con ostilità e violenza. Sono rammaricato da quanto successo, ma sento che attraverso quell’episodio si sono aperte nuove possibilità che altrimenti ci sarebbero rimaste precluse. Ogni ferita porta una grazia da accogliere. Da pastore ferito sarò più solidale con le mie pecore stanche e affaticate. Il perdono poi mi aiuterà ad accogliere chi ha sbagliato nella fiducia che la persona non è il suo errore, può redimersi. Anche chi nell’errore è chiamato a diventare santo. Questo insegna l’Africa, molto più tollerante laddove noi siamo facili al giudizio. Per un sacerdote, la misericordia è centrale. Anche se costa sacrificio».
C’è un gesto simbolico che vorrebbe compiere all’inizio del suo ministero?
«Anzitutto leggo un collegamento provvidenziale nella data della mia ordinazione. Il 25 marzo si ricorda l’Annunciazione dell’angelo a Maria, la stessa Madonna dell’Angelo a cui ho donato qui a Piovene le pallottole con cui sono stato colpito: sento una particolare protezione e vicinanza di Maria. L’ordinazione poi avverrà nella cattedrale della Sacra famiglia di Rumbek. Lì, durante la messa di ringraziamento, compiremo un atto di devozione proprio alla sacra famiglia, che ha custodito e fatto crescere Gesù, perché custodisca il cammino pastorale e la vita della nostra Chiesa».
L’Africa e l’unità dello stemma e nel motto scelti
Lo stemma episcopale scelto da padre Carlassare ha la forma dello scudo africano, ma al posto delle tradizionali lance ci sono un pastorale e un bastone del pellegrino. L’acqua del battesimo e il pane eucaristico, oltre alla vita della Chiesa simboleggiano la missione che inizia ai piedi della croce. Il motto deriva da Galati 3,28: «Tutti voi siete uno in Cristo Gesù».
Il processo
Mentre si diffonde la notizia dell’ingresso di padre Carlassare a Rumbek, il processo partito in seguito all’attentato dello scorso aprile sta arrivando alla conclusione anche grazie alla presa di posizione del Governo sudsudanese contro l’atto di violenza efferata. Delle sei persone detenute, due sono state rilasciate all’inizio del mese per mancanza di prove, dei quattro che ora attendono la sentenza due hanno confessato la loro colpevolezza e hanno indicato in un presbitero della Diocesi di Rumbek – che si professa innocente dal carcere – il mandante dell’attentato.