Oratori. Giovani, novità da ascoltare. In confronto con Johnny Dotti

Il centro parrocchiale può essere ancora uno spazio di incontro per i giovani? Johnny Dotti ci ragiona con loro all’incontro promosso da Noi Padova

Oratori. Giovani, novità da ascoltare. In confronto con Johnny Dotti

Il centro parrocchiale può essere ancora spazio di incontro tra giovani? Lo abbiamo chiesto a Johnny Dotti, pedagogista, che interverrà all’incontro a cui Noi Padova invita i giovani della Diocesi, tra 16 a 20 anni, nel patronato di Vigodarzere sabato 11 febbraio. «Credo che la riflessione debba partire da un altro punto di vista, e cioè da che cosa possiamo fare noi adulti per loro, soprattutto se siamo educatori o abbiamo responsabilità istituzionali – evidenzia Dotti – Penso siano due i movimenti fondamentali da mettere in atto: innanzitutto mettersi seriamente in ascolto dei giovani, prestare attenzione a cosa vivono, fare in modo che esprimano i loro vissuti. Dopo l’esperienza della pandemia, c’è una sorta di congelamento affettivo, una continua paura che investe tutto. Incontro ogni giorno molti giovani ed è come se vincesse la paura, il silenzio, la chiusura, atteggiamenti che possono sciogliersi solo con l’abbraccio, la disponibilità, l’ascolto».

E il secondo movimento da mettere in atto nei confronti dei giovani qual è?

«È quello di autorizzare la novità, fare in modo cioè che dai giovani possa arrivare qualcosa di nuovo e immaginare, credere che ciò possa avvenire: dobbiamo scommettere che dentro il loro cuore ci sia il fuoco! Spesso noi adulti siamo
ancorati a vecchi schemi, abbiamo paura del cambiamento, vogliamo difendere le istituzioni, anche con buone intenzioni; ma, in questo modo, non permettiamo loro di esprimersi, non li “autorizziamo”. Dobbiamo invece avere il coraggio del vuoto, di ciò che deve ancora realizzarsi, di uno spazio che possa essere riempito dagli altri. In fondo abbiamo appena trascorso il tempo del Natale, che ogni anno è novità, messa in movimento, ascolto della domanda, speranza anche».

Il titolo dell’appuntamento di febbraio, infatti, è “Noi... il bello deve ancora venire”.

«È stato scelto appositamente per dare spazio alla speranza, in modo semplice, attraverso la condivisione. Quel giorno non ci sarà posto solo per le parole, ma anche per far esprimere il corpo e dare voce allo spazio interiore dei giovani, che esiste e desidera esprimersi».

E a chi accompagna i giovani – cioè gli e educatori – cosa viene chiesto oggi?

«Di essere adulti che non abbiano paura della novità, che stiano al gioco, che abbiano voglia di farsi un po’ sorprendere. Poi anche loro, come i giovani, hanno bisogno di cura. A volte, chi è impegnato da tempo come volontario, è dato per scontato, invece può sentirsi stanco, bisognoso di riposo: è necessario sapere che qualcun altro può portare avanti un servizio e prendere il tuo posto. Come adulti, non dobbiamo avere paura della nostra fragilità e imparare a concederci un po’ di confidenza tra noi, facendoci coraggio vicendevolmente».

Perché un giovane dovrebbe partecipare all’appuntamento dell’11 febbraio?

«L’incontro è rivolto a tutti, non solo a chi frequenta la parrocchia, e a chi sta dicendo a se stesso che è ancora alla ricerca di qualcosa; troverà un posto dove cercare insieme ad altri e non sentirsi rifiutato, dove è possibile immaginare qualcosa di importante, per tutti, non solo per se stesso».

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)