La tre-giorni dei vicari foranei: l'incontro a Villa Immacolata a fine giugno
A Villa Immacolata, a fine giugno, si sono incontrati con il vescovo. Sul “piatto” i passi per concretizzare, nello stile sinodale, gli orizzonti della lettera Ripartiamo da Cana
Si è respirata intensità alla tre-giorni dei vicari foranei, che si è tenuta dal 24 al 26 giugno a Villa Immacolata. Intensità, certo, ma con un bel clima. Di ascolto, confronto, condivisione. Intensità, anche, perché a tema c’erano le diverse concretizzazione di quanto emerso dal cammino sinodale e consegnato alla Diocesi dal vescovo Claudio nella lettera Ripartiamo da Cana. Due vicari foranei che hanno partecipato – don Simone Bottin (che ha un’esperienza di sei anni nel vicariato di Campagna Lupia) e don Alberto Giacomello (subentrato a don Pierpaolo Peron, nei mesi scorsi, nel vicariato di San Giuseppe) – condividono la loro esperienza.
È stata la prima tre-giorni dopo la conclusione del cammino sinodale. Come l’ha vissuta?
Don Giacomello: «Per me è stata la prima volta in assoluto. L’ho vissuta bene. All’inizio c’era curiosità per capire cosa sarebbe successo, ma poi – con il passare delle ore – è diventata un bel laboratorio di idee e confronto nello stile del discernimento. Questo per poter mettere in moto, da settembre in poi, gli orizzonti contenuti nella lettera post-sinodale». don bottin: «Ho sentito che c’era il desiderio di confrontarsi sul percorso pastorale, ma anche su quello personale. Il confronto è stato schietto sulle varie questioni aperte. Sulle collaborazioni pastorali, come su tutto il resto, ognuno ha potuto dare il proprio contributo. Ho colto da parte del vescovo massima disponibilità e ascolto. Sempre bella, inoltre, l’accoglienza di Villa Immacolata».
Cosa – rispetto alla concretizzazione del cammino sinodale – è particolarmente risuonato nella tre-giorni? Don Bottin: «Sicuramente il “tema” delle collaborazioni pastorali. Ma anche, almeno secondo quanto ho colto, la necessità di lavorare insieme tra sacerdoti. È necessario uno stile sinodale, dai vertici fino alla base. Stile su cui investire, nonostante le fatica, e che va accompagnato. Camminare insieme è la strada maestra. Lo stile della tre-giorni ce l’ha dimostrato. Ognuno di noi ha il compito di portarlo nella sua realtà vicariale. Ho colto, inoltre, quanto sia centrale la spiritualità del prete: chiede sostegno». don giacomello: «Le collaborazioni pastorali ci hanno fatto ragionare molto. In particolare perché la proposta di suddivisione del territorio contenuta nella lettera post-sinodale ha bisogno di essere maggiormente calibrata su ciascuna realtà locale. Personalmente sento forte, accanto alla riorganizzazione territoriale, la questione dei ministeri battesimali: sono la vera chiave di volta. In generale, ho colto che siamo cresciuti – grazie al cammino degli ultimi anni –nello stile sinodale».
Quali auspici per il tratto di strada che come Chiesa di Padova abbiamo davanti?
Don Giacomello: «Auspico che questo cammino venga affrontato con fiducia ed entusiasmo. Siamo certi che con noi c’è Gesù. Il Vangelo di alcune domeniche fa ce lo mostra sulla barca che dorme. Ma è a poppa, lì dove si trova il timone. Senza di lui non si va da nessuna parte. Sicuramente questo percorso porterà dei frutti. Siamo chiamati a seminare». don bottin: «Dobbiamo avere la sapienza della gradualità. Persone e parrocchie hanno i loro tempi e vanno rispettati. Non cadiamo nell’ansia di prestazione. Mi viene un’immagine: i giovani corrono, mentre gli anziani vanno piano… ma sanno dove andare».