La religiosità digitale è limitata o potenziata? Il 18 novembre l'Issr di Padova vive il suo dies academicus

L’Issr di Padova si interroga, durante il dies academicus del 18 novembre, sulla percezione di chi partecipa a distanza a ritualità che invece si tengono in presenza – come la messa – e che mettono in relazione con il divino. Come si parla, quindi, del sacro in rete?

La religiosità digitale è limitata o potenziata? Il 18 novembre l'Issr di Padova vive il suo dies academicus

La tecnologia digitale è ormai talmente data per scontata da diventare invisibile. Eppure, raramente ci accorgiamo della portata di una rivoluzione industriale, sociale e culturale che permette a tutti di avere in tasca un calcolatore migliaia di volte più potente del computer che solo cinquant’anni fa portò l’uomo sulla Luna. Una rivoluzione che, dopo aver cambiato il nostro modo di comunicare, di lavorare, di divertirci e persino di fare la spesa, ha avuto e ha ancora un impatto anche sul nostro modo di vivere la fede e la vita religiosa. Lo testimoniano le messe in streaming, i rosari via Zoom e le catechesi in “Dad” che ci hanno accompagnato nella prima fase della pandemia.

Parte da una domanda secca, ma su cui si potrebbero scrivere centinaia di libri, il dies academicus dell’Istituto superiore di scienze religiose (Issr) di Padova, che si terrà venerdì 18 novembre dalle 16.30 nell’aula magna della Facoltà teologica del Triveneto. La domanda è: “Religiosità digitale: limitata o potenziata?”. Il pomeriggio, durante il quale è prevista anche la consegna dei diplomi (dei titoli accademici conseguiti nel 2021-22) da parte del vescovo Claudio, avrà al centro la relazione “Le metamorfosi digitali dell’esperienza religiosa” di Annamaria Rondini, docente di Antropologia culturale al Seminario interdiocesano di Udine, Trieste e Gorizia e l’intervento “Educare ed educarsi al digitale” della giornalista Stefania Garassini di Milano. «La relazione di Annamaria Rondini – spiega don Livio Tonello, direttore dell’Issr – ci aiuterà a mettere a fuoco gli elementi antropologici ed espressivi della religiosità del digitale, ovvero quale sia la percezione di chi partecipa a distanza a ritualità che invece si tengono in presenza e che ci mettono in relazione con il divino». Non solo, ma anche «come vengono espressi diversamente, con il digitale, domande, bisogni e richieste circa il senso della vita; se, insomma, il mezzo in cui passa lo stesso messaggio finisca per modificare il messaggio stesso». La cartina tornasole per eccellenza, in questo caso, è il linguaggio che nella rete si usa per parlare del sacro. Più che una prospettiva teologica, il dies academicus esplorerà le prospettive antropologiche, culturali ed educative che potranno, in un secondo momento, evolvere in nuove prospettive pastorali: «Ci interessa capire – continua don Tonello – come educare le nuove generazioni, dall’iniziazione cristiana alla scuola, all’uso di questi strumenti. In molti ambiti, infatti, questa “nuvola” in cui siamo dentro tutti, connessi gli uni con gli altri, ci modifica profondamente».

Annamaria Rondini aggiunge: «L’obiettivo del mio intervento, in base alla richiesta che mi è arrivata dal corpo docenti dell’Issr, è una riflessione che possa far slittare lo sguardo sul digitale dalla mera informazione alla relazione». A una fotografia su come oggi, anche attraverso la rete, si innesti l’esperienza religiosa, seguirà l’analisi su come si stia modificando il senso della spiritualità, il concetto di autorità, i linguaggi e anche la concezione di comunità e di Chiesa. Anche in questo senso la pandemia, lungi dall’essere un’emergenza eccezionale, ha svelato fenomeni già in atto: «I dati storici ci dicono come, durante la prima fase del Covid, sia molto aumentata la domanda di religiosità on line proprio nei territori che erano stati più colpiti dal virus. Si è trattato però di un’adesione transitoria, a volte debole, che con lo scemare delle emergenze ha portato a una diminuzione della domanda di sacro». Una parola per capire al meglio questa rete che ci lega tutti? Sembrerà paradossale, ma è individualismo: «Una volta ottenevamo le informazioni attraverso contesti ben precisi, persone e libri che fungevano da gatekeepers (portinai), custodi strutturati e validati a livello sociale, dal catechista autorizzato fino al libro che riceveva l’imprimatur del vescovo. Oggi invece, chi entra in rete, trova centomila siti e può navigare tranquillamente. Non è più la società che sceglie, ma è l’individuo che cerca». È cambiato anche il principio di autorità: «Ci sono molti theoblogger (blogger che trattano temi religiosi) che non hanno titoli accademici né credito fuori dalla rete, ma che online hanno legittimazione e seguito». Da qui il rischio che il digitale possa stuzzicare chiusure e radicalizzazioni in ambienti chiusi. Il limite del digitale, però, rimane sempre quello che i teologi denunciano da più di vent’anni: «Fino a che rimaniamo nel piano dell’ascolto della Parola, o anche della preghiera, e penso in questo anche alla messa in televisione o in radio durante le emergenze o per le persone malate, l’esperienza rimane autentica – conclude Rondini – Ma quando passiamo al piano della relazione, e soprattutto a quello della frazione del pane e dei sacramenti, dobbiamo ricordarci che nel digitale non c’è sacramentalità». Il digitale può “mediare” fino a un certo punto, anche perché, «mentre i mezzi di comunicazione di massa non mediano altro che se stessi, la Chiesa è un medium che fa da tramite con l’Assoluto». Tutt’altro che un ritiro dal mondo digitale: la Chiesa, sul web, può e deve mettere al centro l’annuncio e la Parola.

In presenza e on line, iscrizioni entro lunedì 14
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“Religiosità digitale: limitata o potenziata?” è il tema del dies academicus dell’Istituto superiore di scienze religiose (Issr) di Padova. Si terrà venerdì 18 dalle 16.30, nell’aula magna della Facoltà teologica del Triveneto. È possibile partecipare in presenza e on line: in entrambi i casi è necessario accreditarsi entro il 14 novembre sul sito issrdipadova.it Per informazioni: 049-664116.

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