L’Eucaristia “chiama” alla pace e all’unità
Mentre ci nutriamo del corpo e del sangue di Cristo siamo già inseriti nella comunione con lui: «Che possa penetrare nella vita del mondo, unire gli uomini e le donne, i popoli e le nazioni, perché ciascuno trovi posto al tavolo della fratellanza».
La tragedia dell’Ucraina, unitamente alla guerra scoppiata a Gaza e ai tanti conflitti accesi in diverse parti del mondo (spesso lontani dalle luci dei media), ci impongono una rinnovata riflessione sulla pace. Ed essa può partire, in un’ottica di fede, dalle parole e dai gesti di Gesù nel momento drammatico dell’ultima cena. Se infatti la guerra conosce cause, spiegazioni, motivi ogni volta diversi, essa affonda sempre, in ultima istanza, le sue radici nelle divisioni fra gli uomini e fra i popoli. È il volto oscuro del male nella storia umana, l’opera del diavolo che è colui che divide (diá-bolos). Questa profonda consapevolezza si fa strada nel cuore di Gesù, proprio quando la congiura del male si stringe come un cappio attorno a lui. C’è un progetto di divisione che insidia quella piccola comunità e prima ancora la sua stessa vita. Egli sente di dover trasmettere ai suoi discepoli il contenuto più importante del suo messaggio. Li raccoglie in una sala al piano superiore, il cenacolo, per mangiare insieme la Pasqua. In quel momento solenne – come può essere solo una cena di addio – egli compie due gesti destinati a rimanere scolpiti nella vita della Chiesa: la lavanda dei piedi e l’istituzione dell’Eucaristia. Gesti accompagnati come sempre dalle parole: quelle impregnate di paternità e di amore dirette ai discepoli, e quelle piene di fiducia e di speranza, che si fanno preghiera, dirette al Padre. Nelle ultime ore di Gesù tutto assume un peso eccezionale, aprendo infinite prospettive e orizzonti per la vita dei discepoli. Ma fra tutti emerge la chiamata alla pace e all’unità. Quel maestro che si china fino ai piedi dei dodici, persino di chi lo tradiva, mostra l’amore sconfinato del Signore che si fa servizio. L’istituzione dell’Eucaristia congiunge perennemente quella prima comunità e la Chiesa tutta all’unico pane e all’unico calice. È Gesù, pane spezzato e vino versato, che diventa insostituibile nutrimento per la vita dei discepoli, trasformandoli misteriosamente, ma realmente nell’unico corpo della Chiesa, sacramento di Cristo. Come non bastasse Gesù spiega con le parole quel che ha fatto. È un crescendo di páthos. Più il male si avvicina, più le parole di Gesù si fanno vicine al cuore, affettuose, capaci di penetrare come una spada nella vita dei discepoli. Parole che non verranno più dimenticate e che ripetiamo ogni volta in cui celebriamo il mistero eucaristico; trasmesse di generazione in generazione, come il tesoro più prezioso, contenuto nello stesso scrigno dei sacramenti. Ne sottolineiamo alcune. «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Gv 14,27). Gesù non se ne va senza aver lasciato agli uomini e alle donne la pace, la sua pace. Non quella di chi se ne sta in pace, ma di chi affronta la forza del male, lasciandosi ferire, e al tempo stesso combattendola con il bene: la pace di un corpo spezzato e di un sangue versato per la salvezza degli uomini. La pace non ha un basso prezzo, ma è via di salvezza. Gesù la offre ai discepoli e al mondo intero nel momento stesso in cui si consegna al supplizio della croce, rinunciando all’esercito celeste che avrebbe potuto difenderlo. Non sceglie la vittoria militare, ma la vittoria della croce, quella di una vita offerta in dono per gli altri. Ai discepoli dunque comanda: «Amatevi gli uni gli altri» (Gv 15,17). Non c’è pace senza amore fraterno. È la contestazione più profonda della forza divisiva del male. Diceva un antico padre della Chiesa, sant’Ignazio di Antiochia, vescovo della Chiesa indivisa, perseguitata dal potere imperiale: «Quando vi riunite, è allora che crollano le forze di Satana». Un insegnamento profondo, da apprendere specialmente in questo tempo di guerra: riunirsi, sedersi allo stesso tavolo, parlarsi, riconciliarsi. L’amore di chi si riconosce unito agli altri, non fosse altro che per la stessa appartenenza alla famiglia umana, ha il potere di far tacere le armi, di far crollare le forze di Satana. Questo comandamento ai discepoli diventa preghiera al Padre: «Che siano una cosa sola, come noi» (Gv 17,11). L’unità e la pace sono anzitutto un dono che viene dall’alto. È un tempo in cui è necessario pregare di più per la pace, con fede e insistenza, come ha fatto il Signore Gesù nelle ultime ore della sua vita. Pregava per quella piccola comunità, consapevole che se essa fosse rimasta unita sarebbe diventata fonte di unità per il mondo intero. Occorre invocare pace e unità per la Chiesa, pace e unità per il mondo. È un vero e proprio ministero che l’Eucaristia stessa ci affida. Mentre ci nutriamo del corpo e del sangue di Cristo, siamo già pienamente inseriti nella comunione con lui. Si compie l’unità più profonda e radicale, quella fra l’uomo e la donna peccatori e il Padre celeste, il Dio di ogni misericordia. Possa questa comunione salvifica penetrare nelle fibre più profonde della vita del mondo, unire gli uomini e le donne, i popoli e le nazioni, perché ciascuno possa trovare posto al grande tavolo della fratellanza.
Rete mondiale di preghiera per il papa: settembre
Intenzione di preghiera del papa
Preghiamo perché ciascuno di noi ascolti con il cuore il grido della terra e delle vittime dei disastri ambientali e della crisi climatica, impegnandosi in prima persona a custodire il mondo che abitiamo.
Intenzione dei vescovi
Preghiamo per coloro che ad ogni età soffrono a causa della malattia mentale, perché a essi siano offerte le cure necessarie dalle strutture sanitarie e l’amore dei fratelli.
Intenzione di preghiera per il clero
Cuore di Gesù, ristora e delizia l’anima dei tuoi ministri, perché siano strumenti di grazia a beneficio di tanti.
don Tommaso Opocher
Comunità di sant’Egidio