Cosa succede in Ecuador? Il racconto dell'emergenza Coronavirus in America Latina del fidei donum don Saverio Turato
Lo so che é di troppo informarti di ció che la propagazione del covid-19 sta causando in altre parti del mondo. Giá sei saturo di immagini e notizie che raccontano la situazione “italiana” e/o familiare. Se fino alla scorsa settimana tutto il mondo era affacciato su una parte del mondo (Cina, Italia, Europa...), ora invece il nemico invisibile ci fa girare la testa verso l’America, del Sud e del Nord. E cosí “tutti siamo sulla stessa barca”, citando papa Francesco.
Ti scrivo per rassicurarti sulla salute di chi molto probabilmente conosci: me, don Mattia, Alessandro e Francesca Brunone, le suore Elisabettine che formiamo l’equipe dei missionari padovani in Ecuador. Stiamo bene, chiusi nelle rispettive case e dedicandoci ad altre attività ma pur sempre isolati per evitare guai.
In breve desidero raccontarti come siamo arrivati al terribile focolaio divampato nella regione del Guayas in cui viviamo. Le notizie che rimbalzano da fuori sono un buon feedback di ció che succede in “casa” dal momento che la stampa locale non ne vuole parlare con trasparenza e onestà. Solo nelle ultime ore il presidente della Repubblica ha dichiarato che la realtà è molto diversa dai dati trasmessi dal COE (Commissione di Operazioni di Emergenza), ovvero, i decessi non sono 172 ma probabilmente dieci volte tanto se non di piú. Ieri sera la figlia di un signore deceduto per le conseguenze del virus mi confermava che nell’ora della sepoltura di suo papá ci saranno stati almeno 50 cadaveri in attesa. E stiamo parlando di un cimitero di Durán, alle porte dell’infuocata Guayaquil. Negli altri cimiteri si vede lo stesso scenario di guerra. Pure le strade si trasformano in inceneritori di cadaveri dal momento che i servizi funebri sono andati in tilt per le numerose richieste o per lo sciacallaggio ai danni dei piú poveri che non hanno le possibilitá economiche per pagare o corrompere i funzionari (in)competenti. Siamo sempre alle solite: corruzione, mediocrità, irresponsabilità di chi è andato al potere non per le capacitá politico-amministrative ma per il voto di chi si è accontentato di riempirsi la pancia con la formula populista “panino- coca cola - maglietta” ed eventualmente con la promessa di un buon posticino in municipio. Inoltre, il sistema sanitario è molto diverso da quello europeo-italiano. Qua è tutto privatizzato: se hai i soldi o una buona assicurazione hai accesso alle cliniche private o sei condannato ad aspettare gli interminabili turni del seguro social (assicurazione comune di tutti coloro che sono sotto contratto lavorativo) o peggio ancora degli ospedali pubblici. Purtroppo durante questa emergenza nessuno apre le porte a chi ha i sintomi del covid-19 per l’incapacità di assolvere al protocollo dei contagiati. Veramente la struttura sanitaria è al collasso.
Probabilmente siamo arrivati a tale incendio per aver sottovalutato le prime avvisaglie risalenti all’ultima settimana di febbraio. Qualche intermittente allarme si ascoltava dai telegiornali ma con maggiore preoccupazione si guardava all’Italia senza prendere le adeguate misure di sicurezza in casa propria. Dopo un fittizio silenzio di un paio di settimane le scintille hanno appiccato un tremendo focolaio proprio nella cittá di Guayaquil. Dalla sera del sabato 14 di marzo le chiese sono chiuse. Dal pomeriggio fino all’alba del giorno seguente vige il coprifuoco (assolutamente nessuno in strada). La mattina sono aperte solo le attivitá commerciali di prima necessitá.
Quando rimarranno le ceneri di questo inaspettato e indesiderato fuoco nemico dovremo preparare la terra per una nuova stagione. Tutti. Aiutiamoci ma soprattutto aiutiamo chi non ce la fará a risollevarsi da solo.
Intanto ci auguriamo una buona e Santa Settimana. Dio ci benedica e ci protegga.
don Saverio Turato