Catechesi nella famiglia. Essere famiglia tra le famiglie
«Nel nostro servizio come catechisti mettiamo a disposizione il tempo che abbiamo, le competenze e i desideri che il Signore ci ha affidato. Sapendo che è Lui ad agire». Catechesi nella famiglia, ma anche con la famiglia e della famiglia. Questi tre “fronti”, sottolineati nel capitolo ottavo del Direttorio per la catechesi, interpellano le famiglie
I primi numeri del capitolo ottavo del Direttorio per la catechesi ci interpellano come famiglia, soprattutto con le tre declinazioni presenti dal n.226: la catechesi nella famiglia, con la famiglia, della famiglia. Nello scrivere questo nostro contributo, ci troviamo proprio in progress, all’inizio di un’esperienza come catechisti cominciata qualche settimana
fa, con i bambini della Prima evangelizzazione della nostra parrocchia, tra i quali c’è anche nostro figlio più grande. Un’esperienza di genitori-catechisti appena partita, dopo cinque anni come accompagnatori dei genitori di un altro gruppo, i cui ragazzi hanno ricevuto i sacramenti della confermazione e prima eucaristia lo scorso anno. Come declinare il binomio catechesi-famiglia? Proviamo a farlo, semplicemente partendo dalla nostra esperienza, con alcune parole che cerchiamo di tener chiare facendo questo servizio. Essere famiglia tra le famiglie: abbiamo scelto di fare questo servizio di catechisti, nel gruppo di bambini in cui c’è anche nostro figlio, anzitutto perché c’è lui. E quindi lì, negli incontri di iniziazione cristiana, nella messa domenicale, siamo essenzialmente famiglia. Due genitori che, con mille difetti, tentano di occuparsi e preoccuparsi del fatto che i loro figli facciano un percorso di fede che li aiuti a conoscere Gesù e li avvicini al Padre. Il nostro desiderio è quello che questo cammino possa veramente accompagnare e plasmare le loro vite, sapendo che ogni passo è affare di Dio e ciò che noi possiamo fare, non è altro che facilitare, per quello che possiamo, l’azione dello Spirito. Poi, stiamo come famiglia fra le famiglie, con gli stessi impegni, tempi
stretti e incombenze di ogni genitore. Questo, pensiamo, ci aiuta a stare in comunione con gli altri, perché a tutte le mamme e a tutti i papà è capitato di avere un figlio ammalato e non sapere dove “piazzarlo” (scusate l’espressione, quella corretta è “a chi affidarlo”) per poter andare a lavorare. Il tentativo poi è e sarà quello di fare delle cose insieme e di stare insieme: la nostra esperienza della comunità è quella di un posto dove stiamo bene, dove viviamo insieme ad altre famiglie, coltiviamo amicizie benedette, partendo da ciò che siamo tutti, ovvero persone/famiglie in cammino, nella vita, nella fede e nella relazione con Dio. Ci piacerebbe, con le famiglie del gruppo dei prossimi anni, avere dei momenti di conoscenza, fatti prima di tutto di convivialità, di possibilità per stare insieme, di condividere attività con i bambini, riflettendo su temi importanti. Questo, facendo delle proposte e accogliendo chi arriva. Non sarà facile “fare breccia” nelle famiglie, ma procediamo sereni (almeno per il momento!), sapendo che tutto questo, come già detto, è affare del Padre e noi possiamo solo esserci, mettendo a disposizione quel po’ di tempo che abbiamo, competenze e desideri che il Signore ci ha affidato.
Chiara Dal Sasso e Mauro Maglio
Duomo di Thiene