Vescovi a 3 chilometri dalla Corea del Nord, in preghiera per la pace lungo la recinzione in filo spinato

In occasione dell'80° anniversario della divisione della Corea, una delegazione di vescovi coreani si è recata in pellegrinaggio nell’isola di Kyodong (comune di Ganghwa), zona di confine tra Corea del Nord e Corea del Sud. Hanno camminato lungo una recinzione di filo spinato che si estende per cinque chilometri dal bacino idrico di Gogu verso Manghyangdae e hanno guardato in lontananza la Corea del Nord. “Spero possa arrivare il giorno in cui scomparirà questa recinzione e potremo andare e venire liberamente", ha detto il vescovo Simon Kim Ju-young.

Vescovi a 3 chilometri dalla Corea del Nord, in preghiera per la pace lungo la recinzione in filo spinato

In occasione dell’80° anniversario della divisione della Corea, una delegazione di vescovi coreani si è recata in pellegrinaggio nell’isola di Kyodong (comune di Ganghwa), zona di confine tra Corea del Nord e Corea del Sud, per pregare per la pace e la riconciliazione nella penisola coreana. I vescovi hanno anche potuto incontrare e parlare con la prima generazione di sfollati e rivivere il dolore lasciato dalla divisione. Era il 1945, con la fine della Seconda guerra mondiale, che cominciò il processo di divisione tra le due Coree. Da allora, la Corea fu divisa in due aree all’altezza del 38° parallelo. Una commissione bilaterale avrebbe dovuto costituire un governo provvisorio per la riunificazione della penisola; governo che non si fece mai. Le elezioni si tennero nella sola Corea del Sud, sotto la supervisione dell’Onu: il 12 dicembre 1948, nel Sud, Syngman Rhee divenne presidente della Repubblica di Corea. Contemporaneamente al Nord sorse la Repubblica Democratica Popolare di Corea, retta da un governo comunista presieduto da Kim Il-sung.

La delegazione dei vescovi includeva il vescovo Simon Kim Ju-young di Chuncheon, il vescovo Basil Cho Kyu-man di Wonju, il vescovo John Baptist Jung Shin-chul di Incheon, il vescovo Benedictus Son Hee-song di Uijeongbu e il vescovo ausiliare John Moon Hee-jong di Suwon. Ad accompagnarli anche quattro sacerdoti coinvolti negli sforzi di pace e riconciliazione della Chiesa coreana, tra cui Jung Soo-yong, segretario generale del Comitato per la riconciliazione nazionale della Conferenza episcopale.

I vescovi hanno iniziato il loro programma riunendosi al Centro per la Riconciliazione e la Pace, gestito dalle Suore di Nostra Signora dei Martiri. Suor Mary Kang Min-ah, direttrice del Centro, ha parlato  dell’importanza dell’intera provincia di Gyeonggi come luogo in cui gli sfollati vivono ancora e dove si può vedere il Nord più da vicino. Ha anche spiegato la “missione” del Centro per la Riconciliazione e la Pace, che è stato istituito nella speranza che questo luogo diventi una testa di ponte per la pace. Le Suore svolgono programmi educativi accogliendo gruppi e pellegrinaggi, anche di giovani, e attività di assistenza agli sfollati nordcoreani. I vescovi hanno avuto così la possibilità di incontrare e parlare con alcuni anziani nordcoreani.

I vescovi hanno camminato lungo una recinzione di filo spinato che si estende per cinque chilometri dal bacino idrico di Gogu verso Manghyangdae e hanno guardato in lontananza la Corea del Nord. “Spero possa arrivare il giorno in cui scomparirà questa recinzione e potremo andare e venire liberamente”, ha detto il vescovo Simon Kim Ju-young, sottolineando anche l’importanza della “preghiera” come ruolo dei credenti per la pace nella penisola coreana. La Chiesa coreana è da sempre impegnata a pregare ogni sera alle 21 per la riconciliazione e l’unità della nazione. “Spero si uniscano a noi nella preghiera non solo i parrocchiani della provincia settentrionale di Gyeonggi, ma anche tutto il popolo di Dio nelle diocesi di tutto il paese”. Da Manghyangdae, i vescovi hanno utilizzato i telescopi per guardare la Corea del Nord a soli 3 chilometri, e hanno scritto messaggi di speranza per l’unificazione appendendoli alla recinzione di filo spinato. I vescovi hanno anche visitato il mercato di Daeryong, fondato dagli sfollati. “Molti di loro sono morti senza mai poter rimettere piede nelle loro città natale”. I vescovi hanno incontrato John Baptist Choi Jong-dae, un uomo di 90 anni, che è arrivato in Corea del Sud a 16 anni e ora vive a Seul. Nonostante la sua età avanzata, John visita questo luogo ogni settimana perché ha nostalgia della sua città natale nel Nord. “Mio padre e mio fratello che sono venuti con me sono morti e non so nemmeno se il resto della mia famiglia sia vivo o morto”, ha detto.

“Spero che un giorno ci sarà la pace e che le persone potranno farsi visita a vicenda”. Ma “il prerequisito per questo è la pace”.
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Fonte: Sir