Salmo 150. Il salmo finale è una sorta di canto in cui tutte le voci convergono in un inno sinfonico

Nella piccola orchestra come può definirsi la famiglia, ciascuno conosce bene il suo strumento, il suo spartito e le sue note

Salmo 150. Il salmo finale è una sorta di canto in cui tutte le voci convergono in un inno sinfonico

Con la breve preghiera di lode del Salmo 150 si conclude l’intero libro del Salterio e alcuni studiosi fanno notare come questa grande raccolta di preghiere si apra, con il Salmo 1, con una visione del mondo diviso in due, fra la via del bene e quella del male (“Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi […] ma nella legge del Signore trova la sua gioia” Sal 1, vv 1-2) e si concluda, invece, con una sorta di canto in cui tutte le voci convergono in un inno sinfonico. È come se quest’ultima lode fosse il compimento della scelta primigenia a cui ogni uomo, da sempre, non può sottrarsi, ovvero accordare o meno fiducia a quel Dio che gli parla e gli indica una via di felicità da percorrere. La pienezza di questa felicità, genera una lode senza fine. Una lode che – differentemente da altri salmi precedenti – non necessita più di elencare i motivi per cui viene rivolta a Dio, ma trova nella Sua misericordia e grandezza una ragione intrinseca. Incastonato fra i due “Alleluia” (la parola più alta di esaltazione del Signore), troviamo dieci volte l’invito a lodarLo. Ancora una volta torna il valore simbolico del numero dieci, come le dieci parole di Dio nella Creazione, come le parole della Legge. Si tratta di un altro indizio che chi prega sta cercando di rappresentare una “pienezza delle pienezze”, desideri superare la contingenza storica e prefiguri la fine dei tempi, quando potremo essere, anche secondo la promessa di Gesù, tutti uniti nell’unico amore di Dio. In questa ottica escatologica, è comprensibile che il salmo affermi che Dio è da lodarsi nel suo santuario (v. 1), in ogni luogo di culto, ma secondo un’antica traduzione latina anche “nei suoi santi”, ovvero in tutti coloro che sono testimoni della Sua santità perché cercano di viverla. Dal piano del santuario la lode sale al firmamento, alla bellezza infinita di un cielo stellato. È una motivazione che interpella la coscienza di ogni uomo, è lo sprone a riconoscere nella meraviglia per i doni del Creato il primo motivo di ogni gratitudine. Il secondo verso fa riferimento all’intervento di Dio nella storia: “lodatelo per le sue imprese, Lodatelo per la sua immensa grandezza” (v. 2) Si tratta del livello della memoria, quello che il salmista non abbandona mai, ma che qui, però, – come dicevamo – non viene ampliato. Quello che segue, invece, è un passaggio relativo al “come” la lode si esprime. Essa sale di intensità e ciò si manifesta nel sostituire il piano delle parole con quello della musica. La musica è forse la dimensione che più accomuna gli uomini, a qualunque popolo essi appartengano; è una dimensione di per sé inclusiva e totalizzante, che può essere condivisa e apprezzata da tutti, a prescindere dall’etnia, dalla lingua e dall’età. Leggiamo proprio come questa musica si va componendo: “Lodatelo con il suono del corno, lodatelo con l’arpa e la cetra. Lodatelo con tamburelli e danze, lodatelo sulle corde e con i flauti. Lodatelo con cimbali sonori, lodatelo con cimbali squillanti” (vv. 3-5). Sono i sette strumenti musicali che coprono la totalità dei suoni, non solo quelli usati nella liturgia. Sono strumenti a fiato, a corde e a percussione. Molto suggestivo è il parallelismo che fa Agostino nel suo commento, suggerendo un’allegoria fra questi tre tipi di strumenti e la mente, lo spirito e il corpo. Ad essi poi è associata la danza, che di per sé è un’arte che coinvolge tutta la persona. A questo punto ci concediamo anche noi una proposta metaforica e immaginiamo – al termine di questa lettura dei salmi in famiglia – che anche questa coreografia, così dettagliatamente raccontata, possa concretizzarsi come un’esperienza famigliare. Non solo chi ha il privilegio di aver suonato o suonare come professionista o anche solo sperimenta il piacere di far parte di una piccola band può intuire questo parallelismo. Nella piccola orchestra come può definirsi la famiglia, ciascuno conosce bene il suo strumento, il suo spartito e le sue note. È consapevole che il proprio suono, la propria stessa voce da sola sarebbe più debole e, invece, possa godere, con stupore, di come, nella compartecipazione, si crei una sinergia quasi miracolosa, che è sempre di più della mera somma delle parti. Genitori, figli, nonni, zii, cugini: figuriamoceli insieme a contemplare ciascuno un tratto del volto di Dio che hanno scoperto e ad esprimerlo con la propria partitura. Anche il bambino più piccolo può dire la sua con il tintinnio di un triangolo! E se questa famiglia musicale non stesse chiusa fra le mura di casa, ma come una compagnia di giro, offrisse per le strade la sua rappresentazione per il Signore, ecco che, attraverso l’arte, testimonierebbe speranza e gioia a tutti coloro che ascoltano e spronerebbe a più voci così: “ogni vivente dia lode al Signore!” (v.6). Un’espressione, quella finale, che volutamente non fa più distinzioni di sorta e canta un desiderio che ancora oggi è il desiderio che accomuna il popolo di Israele e la Chiesa tutta: che il respiro di ogni uomo possa sintonizzarsi ogni giorno sul ritmo dello Spirito di Dio.

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Fonte: Sir