L’inizio della Quaresima. Possiamo chiedere la grazia di saperci fermare, di ritrovare, se vogliamo, quella dimensione contemplativa della vita

Ci è donato dal Signore, anche quest’anno, un kairos: un tempo opportuno e favorevole che si contrapponga al frenetico scorrere di kronos, il tempo che ci batte in testa e nel cuore, come un tirannico metronomo

L’inizio della Quaresima. Possiamo chiedere la grazia di saperci fermare, di ritrovare, se vogliamo, quella dimensione contemplativa della vita

Non vi sembri mera retorica, ma a me pare che solo l’altro ieri stessimo iniziando il tempo d’Avvento e, ancora più vicino, percepisco il mistero grande del Natale e delle altre feste che si legano alla nascita di Gesù. Eppure, stiamo già accingendoci ad iniziare i quaranta giorni di Quaresima che sono, ogni anno, come un grande corridoio verso la Pasqua, centro di tutto l’anno liturgico. Sì, un corridoio, ma – approfittando della radice etimologica di questa parola… – tutto è opportuno, fuorché vivere questo tempo “di corsa”, affannati a rincorrere chissà quale prestazione, anche fosse quella devozionalmente più eclatante e apparentemente lodevole. Panta Rei si dice, “tutto scorre”, secondo un concetto attribuito all’antico filosofo greco Eraclito… ma più recentemente, nel Medioevo tutt’altro che oscuro, si usava dire che tempus fugit: il succedersi del tempo è come se ci scappasse di mano e oggi, alle soglie del secondo millennio, non sembriamo affatto diversi dai nostri progenitori; anzi…: la scienza e la tecnologia hanno chiaramente impresso un’accelerazione che a tratti risulta addirittura “disumana”.

La velocità con cui oggi possiamo spostarci da un punto all’altro del globo (ma anche della nostra stessa lunga Penisola) è già di per sé – a rifletterci bene – decisamente superiore al ritmo dei nostri pensieri, alla cadenza delle emozioni e delle percezioni. Non ce ne accorgiamo quasi più, ma è come se vivessimo sempre in apnea e, complice una distanza superficiale rispetto alla sapienza di tutto l’Oriente – anche solo dei fratelli ortodossi – noi, cristiani occidentali, ci lasciamo letteralmente trascinare nel vortice delle “cose da fare”, trascurando molto spesso di dare priorità all’essere, che, però, con un minimo di onestà intellettuale, ammettiamo essere sostanzialmente più importante.

Eppure, anche solo quando ci presentiamo per la prima volta a qualcuno, tendiamo a dirgli che lavoro facciamo o cosa stiamo studiando, mentre ci pare secondario affermare la nostra identità rispetto a ciò in cui crediamo e al senso profondo del nostro vivere. Abbiamo tacitamente fatto nostra quella tentazione che assorbì per un certo tempo l’iconografia anche cristiana, ovvero l’horror vacui: la paura, letteralmente, dello spazio e del tempo vuoto… Ogni dimensione del nostro vivere deve essere riempita, quasi rimpinzata di impegni e, implicitamente, stimiamo gli altri e noi stessi in proporzione al numero di appuntamenti sull’agenda, a quanto è più serrato lo scheduling giornaliero delle attività in cui siamo coinvolti. Più esse sono, anche a rischio di sfiancarci nella mente e nel corpo, più ci sentiamo realizzati e anche quello che i latini chiamavano otium è per noi un’irrefrenabile corsa – spesso una competizione – per appagarci di performance: che siano maratone sportive nel vero senso della parola, o abbuffate di messaggi introiettati (pensiamo al cosiddetto fenomeno del binge-watching, ossia la frenesia di assorbire un programma, una fiction seriale, senza interruzioni, per magari anche più ore consecutive, facendo anche notte tarda, pur di soddisfare uno stimolo in realtà mai pago di apprendimento, conoscenza e, perché no, piacere intellettuale e fisico, raggiunto attraverso la mediazione tutt’altro che neutrale di uno schermo (i nostri figli sono definiti la screen generation).

Se tutto questo ha un minimo di fondamento, la Quaresima che ci accingiamo ad iniziare può essere davvero un’occasione propizia per ripensarci, ricollocarci, in una parola “convertirci”, prima ancora che nella ineludibile dimensione spirituale, anche solo in quella squisitamente umana. Ci è donato dal Signore, anche quest’anno, un kairos: un tempo opportuno e favorevole che si contrapponga al frenetico scorrere di kronos, il tempo che ci batte in testa e nel cuore, come un tirannico metronomo. Possiamo chiedere la grazia di saperci fermare, di ritrovare, se vogliamo, quella dimensione contemplativa della vita, di cui si compone ogni percorso di ascesi cristiana. Non si tratta di una proposta elitaria e tanto meno destinata solo a chi, per vocazione, non vive la dimensione della vita famigliare.

Vi sono un’infinità di strade che conducono ad un ritmo più umano di trascorrere i giorni e quindi più conforme al Vangelo. Gesù è come sempre il modello: e lo vedremo con chiarezza attraverso la liturgia della Parola della prima domenica. Molte volte – soprattutto a fronte di un suo atto d’amore per i tanti che gli si accostavano, chiedendogli di essere guariti nel corpo e nello spirito – il Figlio dell’uomo (che pure, per scelta, non aveva dove posare il capo) cerca ristoro nella relazione verticale, esclusiva e pacificante con suo Padre. Da questo già possiamo capire che ogni nostro gesto – soprattutto quelli che il tempo quaresimale tradizionalmente propizia, come l’elemosina e il digiuno fisico e spirituale per intercedere verso chi materialmente nel mondo, o anche solo nel nostro quartiere, ha fame di pane, di ascolto e di amore – non può essere disgiunto da un desiderio ardente di maggiore intimità con il Signore.

Chiunque abbia la gioia di spendere un poco di tempo per o con i poveri, sa che non potrebbe andare molto lontano se non tornasse ogni volta ad abbeverarsi alle fonti della Parola e dell’Eucarestia che nutrono il nostro andare verso il prossimo e ne purificano le intenzioni. Non siamo noi i protagonisti di ogni gesto di carità verso chi ha più bisogno, ma è l’amore di Dio che si manifesta attraverso la nostra semplice “restituzione” (una parola cara al santo di Assisi) di quello che riceviamo attraverso il sacramento che è la Chiesa. Facendo nostro il bellissimo messaggio che Papa Francesco ha rivolto a tutti noi per la Quaresima di quest’anno, sosteniamoci reciprocamente e facciamo delle nostre famiglie luoghi di fecondità, spazi di crescita umana e di accoglienza. Sarà bello, anche per i più piccoli e per coloro che inizialmente potrebbero sentire maggiormente la fatica di una salita apparentemente troppo ripida, ricevere la mano forte e incoraggiante di chi, come un papà cammina a fianco, senza fretta, ma con passo costante, fino ad arrivare lentamente alla vetta da dove, tutt’intorno, il panorama ci apparirà incantevole. E sarà di nuovo Pasqua di Resurrezione!

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Fonte: Sir