Il tocco che salva. Gesù si lascia toccare e non ha paura di toccare

Dio ti prende per mano e ti rialza, “si lascia toccare dal tuo dolore e ti tocca per guarirti e ridonarti la vita. Non discrimina nessuno perché ama tutti”

Il tocco che salva. Gesù si lascia toccare e non ha paura di toccare

È nell’altra riva del mare di Galilea. La paura durante la traversata in barca, la tempesta sedata sono solo un ricordo quasi cancellato da quelle parole: perché avete paura? Hanno, dunque, raggiunto l’altra sponda e cosa trovano? Molta folla, dice Marco nel suo Vangelo, che si accalca attorno a Gesù. Folla anonima, anche gente malata, toccata dalla sofferenza e dal dolore. Folla come vediamo anche nelle nostre città, nei luoghi di vacanza, visto il tempo che stiamo vivendo. Nulla di diverso da ciò che incontriamo ogni giorno, volti che si mischiano a altri volti; non succede nulla tutto resta nell’anonimato fino a quando una mano sfiora il lembo del mantello di Gesù: “chi ha toccato le mie vesti?”. È una donna malata da dodici anni. Il nome non lo conosciamo ma sappiamo che ha una grande fede e una fiducia in Gesù tale da pensare che sia sufficiente il semplice contatto con il lembo del mantello per guarire. Gesù le dirà: “figlia la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita del tuo male.” Il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, mette questo fatto a tema della sua seconda lettera pastorale dal titolo “Il lembo del mantello”, e scrive: “a differenza di altre volte in cui la comunicazione è diretta (Gesù parla, comanda, tocca) qui è sufficiente un lembo del mantello, sfrangiato e impolverato, per stabilire la possibilità di un incontro”.

Dalla folla anonima esce un solo nome: Giairo, uno dei capi della Sinagoga. Si getta ai piedi di Gesù: ha una figlia in fin di vita, e chiede, prima di essere raggiunto dalla notizia della morte: “vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”. Gesù entra nella casa e gli dice: “non temere, soltanto abbi fede”. Due miracoli “uno di guarigione e un altro di risurrezione” nati dalla grande fede.

Due guarigioni, dice Francesco, che avvengono attraverso il contatto fisico: “la donna tocca il mantello di Gesù e Gesù prende per mano la fanciulla”. Questo “toccare” è importante, spiega il Papa, perché le due donne, nella realtà sociale e religiosa del tempo, “sono considerate impure e quindi con loro non può esserci un contatto fisico. E invece Gesù si lascia toccare e non ha paura di toccare”. In questo modo, “prima ancora della guarigione fisica, mette in crisi una concezione religiosa sbagliata”; Dio non separa i puri dagli impuri, “non fa questa separazione, perché tutti siamo suoi figli, e l’impurità non deriva da cibi, malattie, e nemmeno dalla morte, ma l’impurità viene da un cuore impuro”.

Restiamo ancora su queste due donne, una anziana e l’altra una bambina; la prima è malata da dodici anni, la bambina di anni ne ha dodici. Nella Bibbia il simbolismo numerico ha un profondo significato e segna anche il legame tra Antico e Nuovo Testamento. Dodici, ad esempio, sono le tribù di Israele, altrettanti i figli di Giacobbe; quando Gesù viene ritrovato nel tempio ha dodici anni; dodici gli apostoli e dodici le ceste riempite con gli avanzi del pasto dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci; dodici, infine, le porte della Gerusalemme celeste, come leggiamo nell’Apocalisse.

Ma torniamo alle parole del Papa all’Angelus. Francesco ricorda che “davanti alle sofferenze del corpo e dello spirito, alle ferite dell’anima, alle situazioni che ci schiacciano, e anche davanti al peccato, Dio non ci tiene a distanza, Dio non si vergogna di noi, Dio non ci giudica”; al contrario, “si avvicina per farsi toccare e per toccarci, e sempre ci rialza dalla morte”.

Dio ti prende per mano, afferma ancora il vescovo di Roma, e ti rialza, “si lascia toccare dal tuo dolore e ti tocca per guarirti e ridonarti la vita. Non discrimina nessuno perché ama tutti”. Commenta il Papa: noi “ci lasciamo toccare dal Signore, dalla sua parola; con i fratelli offriamo loro una mano per rialzarsi, oppure ci teniamo a distanza ed etichettiamo le persone in base ai nostri gusti e alle nostre preferenze?” La Chiesa e la società, chiede il Papa, non escludano nessuno, “non trattino nessuno da ‘impuro’, perché ciascuno, con la propria storia, sia accolto e amato senza etichette, senza pregiudizi, sia amato senza aggettivi.

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Fonte: Sir