Il battesimo di Gesù e il nostro. Fare memoria del battesimo dà sostanza al nostro credere

Perché è importante contemplare che, dopo tanti anni di vita ordinariamente famigliare, Gesù abbia sentito il bisogno di mettersi in fila fra gli altri uomini e donne che andavano a farsi battezzare nel fiume Giordano da Giovanni?

Il battesimo di Gesù e il nostro. Fare memoria del battesimo dà sostanza al nostro credere

Quando i giorni sono di vacanza, soprattutto se c’è modo di svagarsi davvero, paiono scorrere più velocemente e così la stagione festiva è già alle spalle e forse può sembrarci trascorsa troppo in fretta, soprattutto in proporzione alla grandezza del mistero dell’incarnazione che abbiamo contemplato. Quest’anno, poi, complice la peculiarità del calendario settimanale, la festa del Battesimo di Gesù (che ha concluso il tempo forte di Natale) è già a distanza di una settimana, eppure ad essa possiamo ricondurci per riflettere sul significato del primo dei sacramenti, quello che ci rende pienamente figli di Dio. Perché è importante contemplare che, dopo tanti anni di vita ordinariamente famigliare, Gesù abbia sentito il bisogno di mettersi in fila fra gli altri uomini e donne che andavano a farsi battezzare nel fiume Giordano da Giovanni? C’è in questa scelta del Figlio un’esplicita volontà del Padre ed è per questo che il Vangelo utilizza la forma così eclatante di una voce dal cielo che dice: “Tu sei il figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (Mc 1, 11). Noi professiamo che Gesù è vero Dio e vero uomo eccetto che nel peccato e questo può indurci a pensare che la scelta di essere asperso con l’acqua dal Battista sia stato qualcosa di pleonastico, in qualche modo non necessario a connotare la persona di Gesù ed infatti la necessità è soprattutto per noi! È per la nostra fede che dobbiamo ripetere quelle parole provenienti dal cielo, per venire incontro alla nostra incredulità a causa della quale è come se non riuscissimo a comprendere fino a che punto in Gesù siamo anche noi figli prediletti ed amati, oltre e nonostante ogni nostra fragilità. È, infatti, grazie allo Spirito Santo disceso su Gesù che il Suo Battesimo si estende anche su tutti noi, figli di Dio, in modo indelebile. Cancellando il peccato originale, il fuoco dello Spirito sopravanza il potere dell’acqua che pure resta ancora il segno liturgico del nostro essere proprio immersi (ora quasi sempre solo aspersi) a far parte della vita stessa di Cristo, morto e risorto per noi. Sarebbe bello che ricordassimo bene il giorno del nostro battesimo, perché davvero è a tutti gli effetti una seconda nascita! Eppure ammettiamo che non è così frequente che in famiglia se ne faccia memoria e tanto meno si festeggi, almeno quanto si fa per un compleanno. Interpellato in merito, all’inizio di un anno pastorale, in Laterano, Benedetto XVI rispose, con la sua proverbiale chiarezza, che il battesimo dei neonati ha la sua ragion d’essere se lo interpretiamo correttamente come un grandissimo dono che i genitori offrono a loro figlio, senza chiedergli un consenso, così come non gli hanno chiesto quello di venire al mondo. Se questo ci consolida nella prassi cattolica oggi più diffusa, sono spesso preziose le occasioni in cui le comunità parrocchiali accolgono persone che intraprendono il percorso del catecumenato per ricevere il battesimo da adulti. In questo caso, la volontà espressa da chi chiede di ricevere il sacramento rende l’evento ancor più memorabile per la persona stessa e per chi lo accompagna, senza bisogno di ricorrere ai racconti dei famigliari o alla ricerca di qualche foto o oggetto ricordo di un periodo in cui non potevamo essere consapevoli. Di certo fare memoria del battesimo, come delle altre tappe nel percorso di iniziazione sacramentale dà sostanza al nostro credere così come ad ogni passo del cammino di fede. È di Gregorio di Nissa l’affascinante adagio che “Chi ascende non si ferma mai, va da inizio in inizio, secondo inizi che non finiscono mai”, ma, molto più recentemente, pur senza essere un padre della Chiesa, riferiamo a Chiara Corbella Petrillo, l’espressione che, con il Battesimo, “siamo nati e non moriremo mai più”. Anche per questo possiamo chiamare “dies natalis” il giorno della nostra morte corporale e misteriosamente, per Grazia, ricordare anche questa ricorrenza con speranza.

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Fonte: Sir