Il Salmo 3. Ogni giorno Dio “ci tiene per mano” e ci invita ad alzarci

Quanti di noi, magari dopo una notte particolarmente turbata da incubi, o dopo un sonno disturbato da pensieri e preoccupazioni, al momento del risveglio sono attanagliati dall’angoscia?

Il Salmo 3. Ogni giorno Dio “ci tiene per mano” e ci invita ad alzarci

Il salmo 3, poco dopo il proemio del salmo 1, mette molto in evidenza quanto la vita del salmista, ovvero di ogni uomo e certo anche del cristiano, sia dura, faticosa, anzi pericolosa perché tantissimi sono “gli avversari” (v 1). Come vedremo in molte occasioni, il linguaggio dei Salmi non è mai edulcorato, non fa sconti rispetto alla realtà, ma la descrive in tutta la sua crudezza. Qui siamo di fronte ad un grido di angoscia, che mette in discussione la fede stessa, perché il giusto dice che coloro che lo aggrediscono gli fanno credere che “per lui non c’è salvezza in Dio”. Eppure, subito, dopo, è come se chi parlasse si ridestasse da un incubo e trovasse una nuova energia, per dire con una congiunzione avversativa che ha tutto il peso di un sospiro di sollievo: “Ma Tu sei il mio scudo, la mia gloria” e mi incoraggi a “tenere alta la testa”! Quanto è umanamente vero che il nostro cuore è spesso attraversato da paura e speranza che lottano, che sgomitano dentro di noi per primeggiare! Il verso 6 ci aiuta a collocare questa preghiera nell’arco della giornata: “Io mi corico, mi addormento e mi risveglio: il Signore mi sostiene”. Si tratta, dunque, di versi recitati al mattino appena svegli. Quanti di noi, magari dopo una notte particolarmente turbata da incubi, o dopo un sonno disturbato da pensieri e preoccupazioni, al momento del risveglio sono attanagliati dall’angoscia? È davvero molto frequente e riscontrato anche nelle persone affette da depressione. Il primo mattino, quando ancora tutto ciò che ci agita deve ancora compiersi, è come se non avessimo il coraggio di alzarci e iniziare a camminare e magari, pur già svegli da tempo, ci rigiriamo fra le lenzuola cercando un’illuminazione. Eccola! Dalle parole citate poco sopra si capisce che si è andati a dormire con un confuso timore nei confronti del buio della notte, che è pur sempre metafora della morte, ciò di cui davvero abbiamo tutti paura; ci si è riusciti ad addormentare e ora, all’alba, si chiede al Signore, con grande e umile sincerità, anzi non chiede, ma proprio si dice che si percepisce la sua forza, che Lui ci sostiene, potremmo dire, senza discostarci dal significato originario dell’espressione ebraica, che Dio “ci tiene per mano” e ci invita ad alzarci, un movimento che è sempre segno della rinnovata fiducia nella vita e nella potenza di Chi ce l’ha donata e vuole la nostra felicità. Il Salmo 3 non è, certo, una preghiera corale, non è da immaginarsi che venga recitata da tutta la famiglia, nel suo insieme; essa descrive l’intimo dell’individuo, un momento privato, in solitudine. Eppure possiamo immaginare un padre di famiglia o un figlio adolescente, ciascuno per motivi e con stati d’animo del tutto diversi, recitare queste parole e ritrovare il coraggio di affrontare le prove che la vita sta loro presentando; i conti che non tornano, i dubbi, la paura di aver fallito o di non riuscire ad essere quello che gli altri si aspettano da noi. Con Dio come alleato, i malvagi, che possiamo identificare anche con le nostre stesse inclinazioni negative, saranno sconfitte, come in una vera e propria lotta fisica, con pugni e violenza. Quella che non userà Gesù, di fronte ai suoi persecutori; ed è qui lo scarto fra l’antica e la nuova alleanza: Cristo ci salva dalla morte e dai malvagi, non “spezzando loro i denti “, ma amandoci fino al punto estremo della croce. Leggere questo salmo alla luce della fede in Gesù lo rende un inno in cui la violenza contro il male si trasforma in quella redenzione che vede il Signore non abbandonarci nella prova, senza togliercela, ma passandoci in mezzo con noi.

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Fonte: Sir