Famiglia siriana accolta allo Spirito Santo grazie ai Corridoi umanitari
È arrivata in Italia la sera di lunedì 27 febbraio, stravolta dal viaggio ed emotivamente molto provata. È la famiglia siriana che la parrocchia dello Spirito Santo in Padova ha accolto grazie ai "corridoi umanitari".
Questa che riportiamo è la testimonianza di una comunità che, guidata dal suo parroco, don Giancarlo Battistuzzi, ha saputo concretizzare le sollecitazioni di papa Francesco a proposito dell’accoglienza di persone costrette a emigrare dalle loro terre per guerre e conflitti di vario genere.
L’iniziativa è stata resa possibile dai "corridoi umanitari", realtà ideata e sostenuta dalla Comunità di sant’Egidio, dalla Federazione delle chiese evangeliche, dalla Chiesa valdese in collaborazione con il Ministero degli esteri e dell’interno, che ha consentito a quasi settecento profughi, di raggiungere il nostro paese in sicurezza, sottratti dalla violenza dei trafficanti di esseri umani e dalla pericolosità dei viaggi con i barconi.
La famiglia che la parrocchia ha potuto ospitare è composta da papà Ayman di 36 anni, mamma Rawia di 32, le tre figlie Nour di otto, Natali di sei e infine la piccola Nagham di venti mesi.
«L’apertura, la dedizione, l’attenzione non sono cose ovvie, l’amore non si può dare per scontato… Questa è gente con un cuore grande, con poche risorse ma di notevole generosità – sottolinea don Giancarlo Battistuzzi – e questo atteggiamento ha consentito l’avvio di questo progetto». La parola che ricorre più frequentemente nel raccontare le genesi e gli sviluppi di questa iniziativa, è "provvidenza". «Si è manifestata nel trovare l’appartamento che potesse accoglierli nel modo più adeguato, nelle tante persone che hanno dato la loro disponibilità di tempo e competenze per le diverse questioni organizzative, poi ancora nella generosità straordinaria manifestatasi nella raccolta di denaro per le loro esigenze».
Tutto è cominciato a settembre 2015 quando, su sollecitazione del papa, il consiglio pastorale si pose la domanda di chi potessero aiutare come comunità cristiana.
La risposta si trovò nel sapere di tante persone, soprattutto famiglie, che non riuscivano a fuggire dalla guerra perché presenti figli piccoli o anziani.
Ed è così che nel settembre del 2016 il progetto si è concretizzato: «Abbiamo quindi chiamato i rappresentanti di Sant’Egidio a un consiglio pastorale e ci hanno spiegato bene in che cosa consistono i "corridoi umanitari", quali modalità e tempistiche vengono seguite. Quella sera ho avvertito che c’era il desiderio reale di intraprendere questa iniziativa, l’accogliere in parrocchia una famiglia con dei bambini per dare un futuro soprattutto a loro, che sono spesso nati nei conflitti e hanno impressi nella mente gli orrori della guerra. Mancava quindi l’ultimo tassello: quello di passare attraverso il vaglio della comunità, e non solo di chi frequenta la parrocchia. Ciò è avvenuto in una della serate della sagra parrocchiale: i rappresentanti di Sant’Egidio hanno spiegato l’iter dei profughi arrivati attraverso i "corridoi umanitari", quindi si è dato la parola alle persone presenti. Non rilevando nessun ostacolo insormontabile ma solo questioni legittime, mi sono detto che si poteva fare. La cosa si doveva fare».
Attivati quindi i rappresentanti di Sant’Egidio per trovare la famiglia idonea, don Giancarlo, in collaborazione con la Caritas parrocchiale, ha così individuato i responsabili dei vari settori di intervento.
«Ci siamo accorti della necessità di coordinarci nei vari aspetti che l’accoglienza avrebbe richiesto – spiega Clara Menegazzo, referente Caritas della parrocchia – Quindi ne abbiamo individuati cinque: il menage quotidiano (gas, boiler, elettrodomestici e altro); l’ambito medico, creando una rete di assistenza ad ampio raggio, per ogni evenienza (abbiamo avuto diverse persone competenti in questo campo, che si sono offerte di aiutarci); la questione amministrativa per i documenti, per lo status di rifugiati; la parte economica con la creazione di un conto separato a loro dedicato per ragioni di trasparenza; infine l’educazione dei figli con la scolarizzazione e l’italiano per i genitori. Tutto ciò perché la famiglia si possa integrare e vivere una vita dignitosa».
Quest'esperienza nella parrocchia di Spirito Santo mostra uno spaccato di società che esiste, che dona speranza in un mondo spesso troppo disilluso e chiuso nei suoi particolarismi.
Esplicative a riguardo le parole di papà Ayman, interpellato sull’accoglienza ricevuta: «Dio, attraverso queste persone, ci ha voluto particolarmente bene…».