Tumori al seno: va rivista l'età della prevenzione gratuita
Il 25-30 per cento dei carcinomi al seno si verifica prima dei 50 anni e sono la prima causa di morte per tumore tra le quarantenni. Eppure la regione Veneto invita gratuitamente le donne a fare una mammografia a partire soltanto dai 50 anni.

Come si prevengono i tumori? Con uno stile di vita sano ed evitando un’alimentazione troppo ricca di grassi animali e povera di frutta e verdura, oltre a stare alla larga dal fumo e da una vita troppo sedentaria. Una parte importante però viene dai controlli periodici.
Il tumore al seno colpisce una donna su otto ed è il più frequente nel genere femminile (sebbene, molto più raramente, possa colpire anche gli uomini); ogni anno in Italia vengono diagnosticati 46.900 nuovi casi: un’incidenza purtroppo in aumento, anche se oggi di carcinoma alla mammella si muore meno che in passato.
Grazie soprattutto ai continui progressi delle cure mediche, ma anche ai programmi di screening sulla popolazione. La regione Veneto invita le donne gratuitamente a fare una mammografia a partire dai 50 anni, ripetendo l’esame ogni due anni fino ai 69. Un passo decisivo ma, secondo molti, ancora insufficiente.
«Gli screening sulla popolazione sono fondamentali, ma quanto alle procedure purtroppo siamo fermi da 50 anni – spiega Cosimo Di Maggio, radiologo ed ex direttore del servizio di senologia dell’Istituto oncologico Veneto – Oggi il 25-30 per cento dei carcinomi alla mammella si verifica prima dei 50 anni, e sono la prima causa di morte per tumore tra le quarantenni».
Anche per questo la regione Toscana, nel panorama a macchia di leopardo della sanità italiana, da settembre 2016 ha deciso di offrire la mammografia gratuita dai 45 ai 75 anni. Una prospettiva che per il momento non è nemmeno in discussione nella nostra regione; finora per le donne sotto i cinquant’anni che volevano fare un controllo non restava che il cosiddetto esame “clinico-strumentale” delle mammelle, o polifasico, prescritto dal medico di base con un’impegnativa.
In definitiva in una sola volta la donna poteva beneficiare di una visita senologica che normalmente comprendeva una mammografia (condotta con i classici raggi X) e un’ecografia mammaria, utile in certi casi per individuare tumori eventualmente sfuggiti al primo controllo. Tre esami in uno svolti al momento, i cui risultati erano letti immediatamente da un unico specialista, che in questo modo poteva subito avere uno sguardo d’insieme e condividerlo con la paziente.
Oggi però questa strada non è più percorribile: «Con il decreto 47 del 17 maggio 2016 del direttore generale, area sanità e sociale del Veneto – spiega Laura Liberati, radiologa senologa – di fatto è stata resa quasi impossibile la prescrizione dell’esame clinico-strumentale, o l’abbinamento sulla stessa impegnativa di mammografia ed ecografia mammaria. A meno che non si tratti, secondo la normativa citata, di pazienti sintomatiche».
Oggi insomma invece di un’impegnativa ce ne vogliono tre, per ciascuna delle quali si deve pagare il relativo ticket, con una spesa complessiva che può passare da 46,15 di prima dell’estate a oltre 122 euro, scaricando sull’utente l’intero costo del servizio. Non è tutto perché per ottenere gli stessi esami è necessario iscriversi in tre liste di attesa invece che in una, con tre giorni diversi per le visite e quindi tre permessi da chiedere al lavoro. Ma forse non è la cosa peggiore: «Adesso il centro unico di prenotazione può far fare gli esami in laboratori diversi, mentre prima la grande conquista era che ci fosse un solo specialista a fare la sintesi – continua Liberati – Con questa parcellizzazione la donna rischia molto di più e non ha la certezza di essere seguita in maniera corretta».
Insomma sotto i 50 anni non solo devi pagare l’esame, ma dopo la scorsa estate il carico economico e burocratico è stato addirittura aumentato. Con qualche minuscola scappatoia: «Abbiamo scoperto – afferma Di Maggio – che anche le donne asintomatiche venete possono, comunque, ottenere una mammografia gratuita già a 45, purché sull’impegnativa venga indicato il codice di esenzione 5B2. Un particolare probabilmente sfuggito a coloro che hanno steso la normativa, ma di cui molti medici di base non sono a conoscenza».
Eppure secondo l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro è proprio tra i 40 e i 50 anni che si registra un primo aumento dell’incidenza dei tumori femminili, anche se il picco si verifica dopo i 50. «Per le donne sotto i 50 anni e oltre i 70 – continua Laura Liberati – sono le più sfortunate anagraficamente in Veneto: oggi può eseguire con impegnativa l’esame clinico-strumentale solo se si sente già un nodulo, quando il tumore è ormai già in stadio avanzato».
Con prospettive di sopravvivenza e di qualità della vita inferiori, e allo stesso tempo un costo molto più elevato per la collettività, dato che non solo le terapie tardive sono enormemente più costose e meno efficaci, ma che spesso si tratta di donne con bambini ancora piccoli.
«Possiamo onestamente rinunciare a diagnosticare i tumori quando sono ancora piccoli? Oppure abbiamo sbagliato in tutti questi anni a consigliare i controlli periodici? – prosegue Di Maggio – Il rischio è di tornare a vedere negli ospedali i tumori di una volta, quelli che venivano chiamati “a corazza” o “a cavolfiore”». Proprio per questo un collettivo che per ora conta circa 60 radiologi ha lanciato un’iniziativa perché la regione riesamini al più presto la sua decisione. «Non cerchiamo scontri – conclude Di Maggio – vogliamo solo contribuire a una politica di prevenzione che sappia comunicare e ascoltare, che metta davvero al centro le donne. Volendo, siamo ancora in tempo».