Migranti, ripresi gli arrivi dalla Libia. "Il bel tempo non c’entra. Sarà emergenza"
Il commento dell’esperto in diritti umani Fulvio Vassallo Paleologo, che evidenza il caos di queste ore in Libia, accusa l’Italia (“ancora una volta la politica estera italiana in Libia la fa l'Eni”) e segnala le difficoltà in atto: “I numeri degli sbarchi di questi ultimi giorni hanno fatto saltare la nuova pratica di identificazione in mare”.
Riprendono gli arrivi dei migranti dalla Libia verso la Sicilia.
Una situazione umanitaria non solo siciliana ma italiana ed europea che non si vuole affrontare in termini di vera accoglienza e protezione umanitaria facendo prevalere invece interessi economici e militari.
E’ l’analisi del giurista esperto in diritti umani Fulvio Vassallo Paleologo. Che afferma: “Riprendono le partenze di massa dalla Libia, e solo gli illusi possono pensare che si tratti di una conseguenza del miglioramento del tempo o della chiusura della rotta balcanica – dice – che non è affatto chiusa, dal momento che i trafficanti riescono comunque a fare arrivare i migranti in Europa. I numeri che si nascondono sono persone condannate alla clandestinità prima ancora di sbarcare a terra”.
“Anche se non ne parla nessuno - prosegue Paleologo - in Libia la gente sta in campi di detenzione in condizioni sempre di più inumane. C’è stata ancora una strage davanti le coste libiche, nei pressi della città di Sabratha, zona dove nelle ultime settimane si è registrata una infiltrazione delle milizie affiliate ad Isis. Intanto l'intervento militare in Libia è già cominciato, con l'intesa tra Stati Uniti ed Egitto e le forze speciali inglesi dispiegate sul territorio – continua lo studioso – In queste ore lo scontro più duro è per il controllo della capitale, che rimane ancora Tripoli, dove sono entrati dal mare - dopo essere partiti da Tunisi - i rappresentanti del governo costruito dalle Nazioni Unite. Siamo già agli scontri per le strade della capitale, in una notte che potrebbe cambiare il destino della Libia fino a sancirne la definitiva spartizione. Spartizione che adesso viene sostenuta dell'Eni con Scaroni ex dirigente, che spera in una Tripolitania autonoma. Ancora una volta la politica estera italiana in Libia la fa l'Eni”.
Gli interessi che sembrano prevalere sono lontani da quelli strettamente umanitari.
"Ovunque si riscontra l'abbandono degli strumenti negoziali per il ricorso all'uso della forza, con le grandi potenze che si schierano a convenienza secondo i propri interessi politici, economici e militari – sottolinea con forza il giurista - Si persevera sempre negli stessi errori, tanto poi sono le popolazioni più povere ed i ceti meno abbienti, ed anche gli stati di frontiera, a pagare il conto. L'Italia che ha concesso l'uso della base di Sigonella (Catania) agli americani che da settimane martellano con i droni il territorio libico, rimane tagliata dal gioco, e non è chiaro il destino degli impianti estrattivi dell'Eni, fino a questo punto protetti dalle stesse forze che oggi si oppongono al governo ‘di unità nazionale’ che è sostenuto dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite”.
“Manca una politica europea sulla crisi libica e sull'immigrazione. Presto in Italia si verificheranno sacche di autentica emergenza umanitaria, e gli sbarchi di queste settimane stanno mettendo a nudo la cronica insufficienza dei diversi sistemi di accoglienza italiani. Rimane l'impegno della Guardia Costiera italiana e delle navi umanitarie nel trarre in salvo il maggior numero di migranti nel Mediterraneo, mentre le navi di Frontex si trasformano periodicamente in grandi centri di pre-identificazione che ritardano l'attracco in porto, e dunque altri interventi di soccorso, per l'esigenza di portare avanti a bordo la pre-identificazione e la selezione dei migranti che gli altri mezzi di soccorso sono costretti a trasbordare sui mezzi dell'Agenzia dell'Unione Europea.
“I numeri degli sbarchi di questi ultimi giorni hanno fatto saltare questa nuova pratica di identificazione in mare - aggiunge Paleologo - come sono falliti gli Hotspot che erano stati programmati dall'Unione Europea in Sicilia, al punto che due su cinque, quelli di Porto Empedocle (Agrigento) e quello di Augusta (Siracusa) non sono stati mai attivati. La maggior parte dei migranti sbarcati a terra, se non è filtrata e identificata a bordo delle navi di Frontex non potrà che essere trasferita verso i centri di prima accoglienza, in quanto gli Hotspot attualmente in funzione in Sicilia non garantiscono più di mille posti, e non possono fare fronte ad una serie di sbarchi tanto frequente”.
“Di fronte a questa situazione disastrosa sia in Libia che in Italia – conclude ancora l’esperto - non rimane che chiedere una soluzione negoziale del conflitto libico, che lasci i libici liberi di decidere del loro destino senza la copertura delle potenze occidentali, e l'apertura immediata di canali umanitari dalla Libia, con la trasformazione delle missioni militari operanti ai confini di quel paese, sia in terra che in mare, in missioni umanitarie e con la sospensione immediata dei respingimenti collettivi dalla Libia verso altri paesi come la Nigeria, il Niger, il Mali. Le politiche di guerra ai migranti e la logica dei muri produrrà più insicurezza di quanta non se ne subisca oggi. L'abbandono della via negoziale e i tentativi di soluzione dei conflitti con l'intervento dei servizi di sicurezza e di truppe speciali segrete, come sta sperimentando la Gran Bretagna in Libia, così come i bombardamenti che producono ‘effetti collaterali’ sulla popolazione civile, finiranno per legittimare le milizie armate che combattono sotto le insegne del terrorismo internazionale”.