Cop 21 a Parigi, gli attivisti del clima tra paura e mobilitazione

“No, no no, no, no, la COP21 si terrà. Le misure di sicurezza saranno rafforzate, ma si tratta di un evento assolutamente necessario per contrastare i cambiamenti climatici, e lo faremo”. I 5 “no” del ministro degli Affari Esteri francese, Laurent Fabius, sono rimbalzati sui media all’indomani degli attacchi terroristici di Parigi. Il rischio che il grande summit mondiale sui cambiamenti climatici venisse cancellato era infatti più che concreto, con grande delusione di coloro che ormai da tantissimo tempo si preparavano all’evento. Si farà, ma in una città blindata e senza spazi di coinvolgimento della popolazione e del mondo ambientalista.

Cop 21 a Parigi, gli attivisti del clima tra paura e mobilitazione

Se a livello politico le rassicurazioni sono arrivate immediatamente – anche la maggior parte dei leader mondiali, tra cui Obama, la Merkel e Cameron, hanno dato conferma della propria partecipazione – un grosso sconcerto regna però tutt’oggi tra gli attivisti e la società civile: come sempre in queste occasioni, avevano organizzato una miriade di eventi collaterali e alternativi – tutti cancellati – per far sentire la voce delle moltitudini a quel manipolo di politici e diplomatici rinchiusi in una stanza a negoziare il futuro del mondo.
Dopotutto, la posta in gioco è altissima: dal 30 novembre al 12 dicembre, infatti, tutte le nazioni riunite a Parigi saranno chiamate a compiere le scelte necessarie per evitare che il riscaldamento globale vada totalmente fuori controllo. Gli esperti e gli scienziati non fanno che ripetere che il tempo stringe e che un’azione decisa a livello globale non è più rimandabile: l’obiettivo della conferenza è infatti quello di arrivare a un accordo universale – e legalmente vincolante – sulle emissioni di CO2, affinché il riscaldamento globale venga mantenuto entro i due gradi (ancora meglio se si arrivasse a 1,5 gradi). Che sarebbe il limite massimo perché gli effetti del clima non divengano irreversibili.
Nonostante riguardo a questi incontri regni sempre un certo scetticismo, l’entusiasmo era comunque alle stelle, se non altro per l’urgenza delle questioni messe nel piatto, e soprattutto per l’intenzione di rendere questi accordi vincolanti e non meramente indicativi come in passato. Non è un mistero che il protocollo di Kyoto non abbia dato i risultati sperati, tutt’altro.

Manifestazioni cancellate
“Il vertice si terrà, ma sarà ridotto a trattativa. Tutta una serie di manifestazioni esterne in programma non ci saranno, un gran numero di concerti e feste verranno annullati", ha ribadito il primo ministro francese, Manuel Valls, rompendo subito gli entusiasmi, già profondamente minati. Si prospetta, com’era prevedibile, un vertice ancora più blindato del solito, con i controlli alle frontiere ripristinati e un’enorme mobilitazione di polizia e soldati. Il pericolo di disordini ci sarebbe stato comunque, ma ora è la paura a regnare, e lo è da entrambe le parti.
E mentre il prefetto pensa addirittura a un coprifuoco, gli attivisti ambientali hanno interrotto tutte le azioni di “disturbo” previste in questi giorni.
Il dilemma è forte: nonostante la volontà di collaborare con le istituzioni, la maggior parte pensa che non si debba comunque rinunciare alla protesta. "Quel che è certo è che non abbandoneremo la mobilitazione, non ci lasceremo influenzare da coloro che cercano di spaventarci – ha insistito Juliette Rousseau, portavoce della Coalition climat 21, che riunisce circa 130 tra ong, sindacati, associazioni – Continueremo a discutere con le autorità francesi affinché la sicurezza di tutti i partecipanti sia garantita”.
Tra gli eventi annullati c’è anche la grande marcia organizzata dalla coalizione e prevista il 29 novembre, alla vigilia del vertice: la speranza iniziale era, infatti, quella di attirare in piazza almeno 200.000 persone, per quella che doveva essere “la più grande protesta mai vista per proteggere il pianeta”, in concomitanza con le altre piazze nelle principali città di tutto il mondo (Roma compresa).
Ma non solo. A Montreuil, appena fuori Parigi, un grande vertice alternativo era in programma il 5 e 6 dicembre, per mettere i campo nuove idee e proposte sul tema del cambiamento climatico.
Ancora, a partire dal 7 dicembre, il centro sociale parigino Centquatre sarebbe dovuto diventare il punto nevralgico delle azioni intorno alla città, "uno spazio di incontro traboccante di vita, idee creative e gioiosa resistenza". E poi c’è il D12, il giorno finale della conferenza in cui i cittadini e gli attivisti avevano in programma uno dei più grandi atti di “mobilitazione e disobbedienza civile” ambientale, accorrendo in massa intorno alla “linea rossa” di sicurezza che circonda Le Bourget, dove si terrà la Cop21. Questi non sono che gli eventi più importanti finora segnalati.

Clima e terrorismo a doppio filo
Con polizia ed esercito in fibrillazione, e i cittadini stessi comprensibilmente in preda alla paura, che ne sarà della partecipazione dal basso? La Cop21 sarà quindi una conferenza depotenziata in partenza, in cui l’asse del problema verrà spostato dalle questioni ambientali al terrorismo?
Certo i due argomenti non sono affatto scollegati come potrebbe sembrare, e alcuni analisti hanno anche visto la questione come un elemento che potrebbe portare le nazioni ad una maggiore unità durante il summit.
È vero, la minaccia terroristica è più visibile anche a livello mediatico, soprattutto quando va a colpire una società occidentale. Eppure il clima può essere ancora più mortale: tra siccità, frane e inondazioni, provoca ogni anno migliaia di vittime, esacerba le guerre e i conflitti in corso, spinge milioni di persone a fuggire (e, non dimentichiamolo, a bussare in massa alle porte dell’Europa).
Ancora, l’utilizzo dei combustibili fossili, argomento principe di questa Cop21, le strategie geopolitiche per l’accaparramento delle risorse a discapito di intere popolazioni, le guerre e le invasioni occidentali per il petrolio, l’ingiustizia e l’ineguaglianza sociale, uno stile di vita insostenibile, la violenza indiscriminata e lo sfruttamento, tutto questo ha sicuramente a che fare con il terrorismo.
La società civile e gli ambientalisti lo gridano da tempo e vorrebbero ribadirlo anche a Parigi, qualora i leader della terra se ne dimentichino. Proprio per questo qualcuno ha già deciso che in piazza ci scenderà comunque. Forme alternative di protesta sono al momento in preparazione, e i movimenti si appellano ai cittadini affinché non disertino gli eventi.
"Nonostante l'emozione e la tristezza, ci rifiutiamo di cedere al terrore respingiamo la società della paura, la stigmatizzazione e i capri espiatori – scrivono in un comunicato gli ambientalisti francesi di Alternatiba e Attac – Rifiutiamo in anticipo qualsiasi restrizione al diritto di protestare e lottare contro questo mondo decadente, a favore delle alternative che i popoli del Sud e del Nord presenteranno insieme. Dal 29 novembre al 12 dicembre a Parigi in occasione della COP 21 e con la mobilitazioni dei nostri cittadini, mostreremo che un altro mondo è possibile, necessario e urgente”.

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Fonte: Unimondo