«Ad Aleppo occorre coinvolgere tutte le forze oggi in campo»
In questi giorni è in corso l'avanzata finale ad Aleppo dell'esercito governativo e delle milizie alleate. Si tratta di un periodo estremamente drammatico per questa città dalla storia millenaria, la quale non soltanto era il secondo centro urbano del paese, ma anche un importante polo industriale vista la posizione geografica che la rendeva strategica per tutta la regione mediorientale.
Massimiliano Trentin, ricercatore di storia e istituzioni dell’Asia all’università di Bologna, è uno che ha gli strumenti per districarsi nelle complesse vicende siriane, oltre a riuscire (elemento fondamentale) ad avere aggiornamenti di prima mano. A lui abbiamo chiesto di aiutarci a capire cosa sta avvenendo ad Aleppo.
In questi giorni è in corso l'avanzata finale ad Aleppo dell'esercito governativo e delle milizie alleate.
Si tratta di un periodo estremamente drammatico per questa città dalla storia millenaria, la quale non soltanto era il secondo centro urbano del paese, ma anche un importante polo industriale vista la posizione geografica che la rendeva strategica per tutta la regione mediorientale.
Purtroppo è entrata di recente nell'immaginario collettivo per le macerie in cui sono stati ridotti decine di migliaia dei suoi palazzi e case, nonché per i tanti civili feriti, morti o dispersi. Del resto la situazione risulta tanto instabile quanto complessa: sono state necessarie ore e ore di trattative per far evacuare la popolazione intrappolata nella parte orientale (controllata dai ribelli), così come da villaggi sciiti di altre zone, viste le reciproche accuse di assalti ingiustificati e roghi tra i due fronti. E così solo a partire dalla scorsa domenica 18 dicembre è iniziato il transito in uscita di autobus e ambulanze, con a bordo folle di persone in angosciosa attesa della loro momentanea salvezza.
D'altra parte il protrarsi delle sparatorie ha evidenziato la necessità di coinvolgere tutte le forze in campo, come hanno ammesso i diplomatici della Russia, una delle maggiori potenze straniere in campo. E questo approccio potrebbe diventare la premessa fondamentale per cercare, finalmente, risoluzioni analoghe nel resto del paese.
«L'esercito siriano – sottolinea Massimiliano Trentin, ricercatore di storia e istituzioni dell’Asia all’università di Bologna – ha mostrato una capacità bellica di tutto rispetto, in aggiunta al sostegno avuto direttamente dalla Russia e dalle milizie sciite. Il fatto di essere a un passo della riconquista definitiva di una città importante come Aleppo lo sancisce. Così come sancisce la legittimità dello stesso stato siriano».
E sotto il profilo diplomatico cosa ci dicono questi ultimi avvenimenti?
«Che non si può fare a meno del coinvolgimento delle diverse posizioni in campo, per quanto ferocemente contrapposte. A parte, forse, quelle più estreme. Vedo che quando si è arrivati a un’intesa, come a Homs, in cui i ribelli avevano ottenuto degli sconti, le evacuazioni sono avvenute con molta più facilità e di conseguenza con minori spargimenti di sangue».
Intanto però dove sono avvenute stragi e distruzioni non si ritornerà facilmente alla normalità...
«Certo, purtroppo una parte rilevante della loro storia e cultura andrà inevitabilmente perduta con la fuga di porzioni non trascurabili di popolazione. I continui bombardamenti aerei hanno causato danni materiali e sociali difficilmente riparabili. Però è proprio la storia che ci infonde speranza per il futuro, perché Aleppo è stata in più occasioni occupata e distrutta ed è sempre riuscita a rialzarsi. Non dimentichiamoci che i suoi abitanti, a ragione, sono considerati grandi lavoratori e molto creativi».
E le comunità cristiane? Le cronache riportano di frequente di possibili attentati kamikaze, che finiscono con creare tensioni e ridurre gli spazi di libertà religiosa.
«In realtà queste comunità hanno i mezzi per sopravvivere e sostentarsi, in quanto appartenevano ai ceti più benestanti. Le discriminazioni di cui si sente parlare avvengono a livello di singoli o di famiglie piuttosto che di raggruppamenti etnici».
In ambito internazionale cosa è cambiato nel frattempo?
«La Russia ha dato un appoggio costante ad Assad e all’esercito regolare siriano, così come l’Iran ha fornito aiuti alle milizie sciite. Nel contempo si è progressivamente sfilacciato l’impegno americano: da luglio 2015, ben prima dell’elezione a presidente di Donald Trump e delle sue dichiarazioni filorusse, assistiamo al loro graduale disimpegno. Forse hanno capito che certi avversari non si possono sconfiggere neppure politicamente, come conferma la distensione con Teheran. E per quel che riguarda il fronte sunnita, di realtà come l’Arabia Saudita non ci si può fidare».