Dall’archivio la storia viva di Arzergrande e Vallonga
Tra i documenti, ora disponibili per una storia del comune, emergono particolari curiosi e commoventi come la storia di una famiglia, costituita da due genitori e sei figli, partita per il Brasile e falcidiata dalla febbre gialla: nel 1892 torneranno solo quattro orfani. E dalle mappe delle case che distinguono la parte in muratura da quella di canne e fango emergono particolari interessanti sulla tipologia dei casoni che costellavano il territorio.
S’intitola “Storia e storie” il quaderno con cui l’amministrazione comunale di Arzergrande ha voluto fornire alla cittadinanza alcuni “Appunti dall’archivio del comune” in occasione della sistemazione, riordino e inventariazione su supporto informatico dell’archivio storico, eseguito nella parte più antica e presentato in questi giorni.
Il progetto, durato un biennio e interamente sostenuto con risorse comunali, è stato seguito, come referente comunale, da Luisa Polo ed eseguito da Francesca Pivirotto, Irene e Marianna Volpin, Lorenzo Maggi di Archivisti veneti.
Si tratta di una delle prime operazione di questo tipo eseguite nella Bassa e che consente di rendere accessibile a studiosi, appassionati di storia e agli stessi cittadini di Arzergrande e di Vallonga il materiale documentario del comune, a partire dalla sua costituzione, nel 1818 (ma qualche carta risale anche al periodo precedente) fino al 1924.
Dei 1600 faldoni e registri riordinati sono stati rinvenuti, in discreto stato di conservazione, a parte la polvere e qualche “rosicchiamento”, tutti i documenti prodotti o acquisiti dal municipio nel corso della sua attività: mappe e rilievi disegnati a mano, pagine scritte con “penna e calamaio” che fissano su carta nomi e cognomi perlopiù ancora presenti, lettere di soldati in guerra, verbali di beghe tra vicini, relazioni di calamità come l’incendio disastroso di Vallonga del 1847 o l’alluvione del 1882, petizioni dei cittadini.
Tra queste, per limitarsi agli esempi presentati nel quaderno illustrativo, è curiosa la lettera con cui le famiglie si oppongono, nel 1834, all’istituzione della scuola femminile perché le famiglie «sogliono approfittare dell’opera delle fanciulle, anche della più tenera età, nei loro bisogni domestici e specialmente nella facitura di corde necessarie alla costruzione di stuoie».
Commuovente un altro dossier del 1892 in cui si dà conto del rimpatrio dal Brasile, a spese dello stato, di quattro minorenni indigenti, Emilia, Maria, Amelia e Romano Cavalletto, rimasti orfani di entrambi i genitori morti di febbre gialla (nel giro di quattro anni, tra il 1888 e il 1892 avevano perso anche due fratelli).
Il riordino ha portato a varie “scoperte”, piccole e grandi, come il lampione in ghisa che si trovava nel 1868 accanto al pozzo di fronte alla chiesa, di cui non restava alcuna memoria.
Storicamente interessante il documento più antico, il verbale della Campagna delle comunanze, del 20 luglio 1802.
E poi ci sono le mappe che segnano gli edifici e le pareti di mattoni in rosa e i casoni in grigio. Da questo particolare si evince che spesso attorno all’unico focolare della casa era costruita una sola parete in muratura e non l’intera “cavarzerana”. Di qui la facilità con cui scoppiavano gli incendi.